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Navigator, tutto previsto: un altro fallimento dello Stato

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di MATTEO CORSINI

Non serviva avere doti divinatorie per prevedere quale sarebbe stata l’evoluzione della figura dei “Navigator”, introdotti come facilitatori dell’incontro tra l’offerta di lavoro di dei percettori del reddito di cittadinanza e la domanda da parte delle aziende.

Quelle persone avrebbero navigato barcamenandosi durante il contratto a tempo determinato con ANPAL, salvo poi cercare di essere stabilizzati o nei centri per l’impiego (dove pure erano presenti fisicamente ancorché dipendenti da un’altra struttura), o in un’altra amministrazione pubblica.

In sostanza, avrebbero cercato in primis di trasformare se stessi in dipendenti pubblici a tempo indeterminato, contando anche sul fatto che, giunti in prossimità della scadenza del contratto a termine, una parte più o meno consistente della politica avrebbe preso a cuore le loro sorti.

Quanto al favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, si capiva fin dall’inizio che sarebbe stato un flop. Un po’ per come era strutturato il reddito di cittadinanza, i cui disincentivi all’inattività erano (e sono) del tutto inadeguati a fornire stimoli ad accettare diversi lavori, ma anche per via del fatto che la (ri)qualificazione di persone che non lavorano da tempo non è un’attività che può esser improvvisata.

Come in tante altre faccende italiane, anche in questo caso prevalse l’approccio statalista, tipico del M5S ma ben assecondato dai compagni di governo di allora, ossia i leghisti. I centri per l’impiego già funzionavano male, al contrario delle agenzie per il lavoro private. Queste ultime avrebbero ragionevolmente potuto ottenere risultati migliori, ma agli occhi di chi governava avevano il difetto di essere, per l’appunto, private.

Dei poco meno di 3000 navigator originariamente assunti, ne restano in servizio, in scadenza di contratto a fine anno, 2549.

Nella generale carenza di trasparenza e di dati, leggo dal Sole 24 Ore che al “31 ottobre 2020 i beneficiari del RdC occupabili erano 1.369.779, di questi in 352.068 hanno avuto almeno un rapporto di lavoro successivo alla domanda, ma alla stessa data i rapporti di lavoro ancora attivi erano 192.851. Del resto, anche guardando oltre il Rdc è tutto il sistema informativo unitario di Anpal a non essere mai decollato, l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro per cittadini, aziende e operatori con il portale MyAnpal fa registrare numeri assai bassi (22mila rapporti di lavoro avviati dal 1 gennaio 2020).

In definitiva, un fallimento dello Stato. Fin troppo facile da prevedere.

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2 COMMENTS

  1. Credo che in Italia non si sia mai visto un accanimento mediatico paragonabile a quello scatenato da un anno e mezzo contro i c.d. Navigator.
    Un conto è individuare i mali strutturali e gli errori politici commessi nelle politiche attive del lavoro in Italia, altro è indicare come responsabili le persone sbagliate: lavoratori precari, laureati di alto profilo che anno vinto una selezione pubblica e che finora hanno fatto tutto ciò che potevano.
    Ricordiamo che i Navigator operano su una platea di beneficiari del RdC difficilmente collocabile sul mercato del lavoro senza un adeguato lavoro preliminare di formazione, riqualificazione e attivazione, anche motivazionale.
    Se una nave sbaglia rotta la colpa è dell’armatore, del capitano o dell’equipaggio?
    Sembra che la risposta del vostro giornale sia la numero tre.
    Risposta errata.

    • Forse il boia è colpevole dell’ingiustizia della pena di morte? O il dipendente dell’Agenzia delle Entrate della rapina legalizzata di imposte e tasse? O il notaio per il pizzo che riscuote per conto dello Stato? O l’impiegato della Banca d’Italia per la stampa di carta straccia dipinta da banconota? Senz’altro no. Ma diventano colpevoli quando, per una malintesa solidarietà professionale, buttano sotto il tappeto la fastidiosa polvere dei crimini legalizzati connessi con l’esercizio del loro lavoro. E magari si indignano per gli schiavi che raccolgono i pomodori.

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