di GILBERTO ONETO*
Riprende la grancassa attorno al 4 novembre. Era un po’ che non succedeva: comunisti e democristiani l’avevano tacitamente declassato. Oggi però torna forte l’esigenza di una festa patriottica, o - come la chiamano - dell’unità nazionale. I motivi ci sono: l’invasione extracomunitaria (peraltro invocata da molti patrioti proprio come viagra per una identità un po’ rilassata) e soprattutto i sempre più frequenti segni di autonomia e separatismo. È in momenti come questi che – diceva Miglio – si tirano fuori le sacre icone e sbrodolate di retorica.
Il patriottismo italiano non riesce a togliersi di dosso l’aurea funesta di morti e catafalchi: nato con il “si scopron le tombe, si levano i morti” dell’inno di Garibaldi, si è nutrito di martiri, orfani, vedove, mutilati, sacelli e sacrari, fino alla sua suprema sublimazione nell’iconografia fascista, fatta di teschi, fiamme, feretri e spade insanguinate. Alla fine ci si stupisce dell
Trento sì, l’avrebbe lasciata, ma Trieste difficilmente avrebbe rinunciato ad uno sbocco sul mare. Il fatto è che potevamo lasciargliela noi che ne abbiamo tanti.