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Pensione, il riscatto della laurea? una bella fregatura di stato

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di FRANCESCO TEDESCHI

Chiunque si sia laureato, anche con laurea triennale, ha la facoltà di far conteggiare gli anni di studio come anni di lavoro, in modo che contribuiscano alla formazione dei contributi pensionistici. Ovviamente questa facoltà non è gratuita, anzi costa parecchio cara. Il Governo in carica ha deciso di stabilire una cifra fissa da pagare per ogni anno del corso di studio che si è affrontato, ossia 5251 € per ogni anno.

Se ad esempio si è frequentato (e ci si è laureati) un corso di studio di durata di 4 anni, è possibile avere 4 anni in più di contributi, pagando 5.251 € X 4, ossia la bellezza di 21.000 €. Non si tratta ovviamente di una cifra alla portata di un neolaureato nei primi anni di lavoro, a meno che li vada a chiedere ai propri genitori. E’ possibile la rateazione su 120 rate, ossia 10 anni, vale a dire 2.100 € all’anno, o se preferite 175 € al mese. Il tutto per il solo “privilegio” di avere degli anni di contribuzione in più, non certo per avere un incremento della pensione, il cui ammontare dipenderà solo dai contributi veri e propri che verseremo durante l’intera vita lavorativa.

Conviene davvero sborsare questa cifra così consistente in unica soluzione, o accollarsi un debito del genere se si decide di rateizzarlo?

Andiamo a vedere cosa si può fare, in alternativa per integrare la nostra pensione. 

Prendiamo il caso di un neolaureato di 26 anni. Ha davanti la bellezza di 41 anni di lavoro, nella migliore delle ipotesi. Mettiamo il caso che i genitori gli mettano a disposizione l’intera cifra, a patto che la usi per integrare la sua pensione.

Questo giovane potrebbe scegliere un investimento che su 41 anni gli dia un rendimento medio del 5% (è possibile, sapendo cosa cercare). In questo caso, semplicemente lasciando investiti in questo prodotto i 21.000 €, si troverebbe dopo 41 anni la bellezza di 155.000 € circa. Con questa cifra potrebbe pagarsi da se, 645 € al mese, in più rispetto a quello che prenderà con la pensione pubblica, per ben 20 anni, ossia da quando avrà 67 anni a quando ne avrà 87.

Mettiamo invece il caso che questo giovane non abbia i 21.000 € tutti insieme, e possa permettersi al limite di pagarli rateizzati, a 175 € al mese per 10 anni. Ebbene, mettiamo che decida di mettere questi 175 € al mese nello stesso tipo di investimento di cui sopra, per 10 anni, e poi lasciarli investiti per i 31 anni rimanenti. In questo caso, dopo 41 anni, si troverà un po’ meno, comunque 119.800 € circa (a fronte di 21.000 € pagati in totale). Con questa cifra, potrà integrare la propria pensione con 500 € al mese, sempre per 20 anni.

Si tratta di una sostanziosa integrazione della pensione, anche in questo caso. 

Facciamo una terza ipotesi: il nostro giovane, finito di versare i 175 € al mese per 10 anni nel nostro ipotetico prodotto di risparmio, decide di andare avanti a fare questo versamento fino ai 67 anni. In questo caso si troverà ad aver versato in tutto 86.000 €, ma grazie a questo rendimento medio del 5%, si troverà ad aver accumulato oltre 268.000 €. Con questa cifra potrà pagarsi, per 20 anni, oltre 1.100 € in più al mese, oltre a quelli che prenderà dalla pensione pubblica.

Come si può vedere ci possono essere modi molto più efficienti di gestire cifre paragonabili a quelle necessarie per “riscattare” gli anni della laurea. Chi volesse saperne di più, e in generale volesse sapere come si può pianificare nel modo migliore come impiegare al meglio i sudati risparmi, può farmi un fischio.

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