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Povertà, industria della pietà, e l’avanzata della tirannia

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AFRICAdi ROMANO BRACALINI

Secondo le previsioni nel 2023, fra appena otto anni, la Terra sarà popolata da 9 miliardi di esseri umani, con un profondo squilibrio di crescita tra paesi industriali e aree sottosviluppate corrispondenti a circa tre quarti del globo. E anche all’interno del mondo sottosviluppato occorre fare una ulteriore distinzione.

Secondo uno studio della Banca mondiale l’Africa subsahariana che è oggi popolata da 800 milioni di abitanti crescerà fino a 1,2 miliardi nel 2025. Le cifre contrastano con l’ideologia della pietà che presenta un continente in estinzione per via di malattie, miseria, guerre. Il fatto è che in Africa (compreso il Maghreb arabo) il calo del tasso di natalità non c’è stato, nonostante le condizioni spaventose di vita. Spaventose per noi, ma evidentemente non così spaventose per le popolazioni africane tornate alle condizioni di vita tribale dell’epoca precoloniale. Invece in Asia (specie in India e perfino nel Bangladesh) e in Sudamerica sono state avviate politiche per il contenimento della crescita demografica. Se ne deduce che in Africa l’effetto paventato dall’Aids non c’è stato; viene il sospetto che si sia trattato di un espediente per giustificare le sigle di pietà, le organizzazioni di aiuti all’Africa, e ottenere fondi che per lo più finiscono nelle casse private dei ras locali o alle bande armate.

Tutto ciò deve farci riflettere perché saremo noi europei a subire le conseguenze di questo aumento terrificante della popolazione africana che ha cominciato a riversarsi in massa sulle nostre coste.

Fino al 1600 la crescita della popolazione mondiale era così lenta da aumentare del 2-3% ogni secolo. Furono necessari 16 secoli perché dai 250 milioni di abitanti si arrivasse ai 500 milioni. L’Africa fino all’Ottocento era praticamente spopolata e fu questa la principale ragione in base alla quale l’Europa approdò nel continente nero per valorizzarne le risorse e ripopolarlo di coloni bianchi che avrebbero dovuto fondare una nuova civiltà e prosperare insieme ai nativi, sull’esempio di ciò che era avvenuto nell’America del Nord.

E’ stato alla metà del secolo XX che nei paesi più sviluppati il ritmo di crescita della popolazione ha cominciato a diminuire fino a raggiungere il cosiddetto “limite biologico” del 2-4% di incremento annuo. In alcuni paesi si è arrivati quasi al punto di crescita zero, mentre i paesi sottosviluppati (qui si evita di proposito l’espressione ipocrita di “paesi in via di sviluppo”) contribuiscono  per il 90% all’incremento demografico mondiale. Ma la soluzione, cara ai paladini del multiculturalismo ideologico, non è quella di consentire alla parte eccedente della popolazione del Terzo Mondo di venire in Europa per prendere il posto dei “non nati”. Bisogna invece favorire laggiù programmi di sviluppo e di modernità che recano in sé meccanismi automatici di limitazione delle nascite.

milizie centroafricaneNei paesi sviluppati alla diminuzione della mortalità corrisponde una forte diminuzione della natalità. Nei paesi sottosviluppati, invece, la mortalità diminuisce mentre la natalità è ancora troppo alta e la durata delle vita si allunga. Ma a questa vitalità non corrisponde la capacità di accedere alle risorse adeguate al numero di bocche da sfamare. A chi toccherà farlo?

Fin tanto che uno standard di vita civile non sarà garantito vi sarà sempre una vistosa sperequazione tra popolazione e risorse, ovvero tra i pochi che hanno troppo e i molti che non hanno nulla. Questo vale per le tirannie tribali dell’Africa, come per le satrapie musulmane del Medio Oriente. Il pericolo non è tanto lo sviluppo demografico in sé ma l’arretratezza, l’ignoranza e la povertà che lo alimentano invece di limitarlo. Va da sè che nei paesi poveri sottosviluppo e sovrappopolazione sono strettamente collegati. Il problema non è quello di ripopolare l’Europa, ma al contrario di limitare l’eccesso di natalità del Terzo Mondo promuovendone le tecniche di lavoro moderno,lo sviluppo della democrazia e della scolarizzazione.

La povertà va sempre di pari passo con la tirannia. Negli anni Trenta l’Italia fascista, autarchica e povera, aveva varato il programma della “famiglia prolifica”. Il fascismo ha fatto scuola nel Terzo Mondo. Dobbiamo stare in guardia altrimenti l’Africa cancellerà l’Europa con le prossime inevitabili invasioni destinate ad aumentare col tempo. La salvezza dell’Africa non è nella fuga in massa ma nel formare a casa loro, con l’aiuto del mondo progredito, operai, tecnici e pianificatori in grado di redigere progetti che valorizzino al massimo le ricchezze a beneficio dei nativi. Se lasciamo da parte la propaganda mendace, si vedrà che sono esattamente le stesse cose che diceva oltre un secolo fa Rudyard Kipling, il cantore dell’impero vittoriano. 

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4 COMMENTS

  1. E’ – mi si perdoni – la solita storia: si parte da presupposti errati e si arriva, inevitabilmente, a conclusioni di fantasia. C’è ancora qualcuno che si chiede come mai i “gialli” abbiano saputo acquisire – in meno di un secolo – una cultura (quella nostra, occidentale) al punto da poterla insegnare a noi, mentre i “neri” in piú di due secoli non abbiano imparato niente? Siamo noi i “cattivi” che insegnano all’uno ciò che negano all’altro?
    Dimentichiamoci per un momento del “politicamente corretto” e guardiamo la realtà: che dimostra come ci siano immense differenze in termini di quoziente intellettivo, di capacità di apprendimento e cosí via fra le varie razze (si scusi l’uso di un termine cosí scioccante, ma l’eufemismo “etnia” non mi sembra applicabile). Il motivo per il quale l’Africa è allo sbando è insito – per brutto che sia il dirlo – nel DNA delle popolazioni. Inutile pensare di “insegnare” loro qualcosa (a cominciare dalla regolazione delle nascite): sarebbero solo tempo (e soldi) sprecati. Sono almeno cinquant’anni che si riversano valanghe di risorse (umane ed economiche) nel continente “nero”. Risultato? Zero, meno di zero: guerre, epurazioni, epidemie e tanti, tanti figli. L’unica cosa giusta sarebbe – a mio avviso – lasciarli a se stessi, nel bene e nel male: che imparino a gestirsi – a casa loro. Senza aiuti dall’esterno, il boom demografico si ridimensionerebbe in automatico.
    Il nostro guaio è che tutti i nostri “aiuti” aiutano anche (e molto) a riempire le tasche di tanti politici, imprenditori, sociologi, assistenti sociali, “collaboratori di sviluppo” e cosí via: appunto l'”industria della pietà” (ottima definizione). Insomma: la solita speculazione ai danni di coloro che si dovrebbe difendere.

  2. Neocolonialismo.
    E’ la vera soluzione a queste prospettive.
    Capisco che non sia un provvedimento in completa sintonia con le idee liberali, ma se ben congegnato funziona e spinge lo sviluppo mondiale.
    Una volta lessi qualcosa in merito scritto da Pelanda.

    • A parte che non si tratta di una “non completa sintonia”, ma di una totale opposizione.. ti faccio presente che i neocolonizzatori sarebbero gli stessi stati e governi che critichiamo su tutto e di cui vorremmo liberarci anche qui da noi..

      • Io intendo neocolonialismo con stato minimo e struttura liberale.
        Poche regole chiare, e liberali.
        L’economia in concessione ad aziende per un periodo predeterminato.
        Poca politica.
        Controlli a cura dello stato colonizzatore.
        Lo vedi uno stato africano regolato e strutturato con l’intervento politico ed economico polacco?
        Io lo vedo bene.
        Oppure irlandese?
        Australiano, canadese.
        Inglese sarebbe un revival.
        L’italia colonizzatrice è un pericolo.
        Ma non vedo male neppure la cina, o la russia.
        Io proverei.

        Diversamente

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