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Primato all’incontrario: universita’ itagliane, le peggiori del mondo civilizzato

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di ROMANO BRAALINI

universitàDiceva Pietro Verri, illuminista e conte milanese: ”A forza di voler essere furbi siamo, al pari dei greci, il rifiuto d’Europa”.

L’ultima classifica sulle migliori università del mondo elenca ai primi posti le università americane e inglesi. L’università di Bologna, fra le italiane, si piazza  tra il 151° e il 156° posto.Milano, Torino, Genova, Pisa, un tempo le migliori,non vengono prese nemmeno in considerazione. L’OCSE ha denunciato la scarsità di investimenti nelle università italiane che restano le più scalcagnate d’Europa. ”Parecchie andrebbero chiuse”, ha scritto perentorio Giovanni Sartori. Nessuno gli ha dato retta. Anzi nel Meridione continuano a proliferare. Al Sud la scuola è sempre stata latitante. I ricchi assumevano i precettori per educare i figli. I Borboni erano dell’avviso che era meglio tenere il popolo nell’ignoranza e infatti l’analfabetismo, al momento dell’Unità, viaggiava oltre il 90 per cento. Nel Mezzogiorno continentale per secoli c’è stata una sola università: quella di Napoli. Oggi sono troppe ma servono egregiamente a dispensare posti e onori alla famelica clientela meridionale. Servono a questo. Ma guai a dirlo! Più università in Calabria che in Lombardia.

Il livello è scaduto ovunque e va di pari passo con il declino inarrestabile del Paese. Una statistica del “Financial Times” ha rivelato che la scuola di specializzazione di economia dell’università di Madrid era diventata l’ottava del mondo, mentre quella della Bocconi era scesa al 48° posto. Ma il dato si riferisce a sette anni fa; nel frattempo la mitica Bocconi di un tempo è scaduta a livelli ancora più bassi da non trovare posto tra le prime 150 del mondo. Il declino italiano è evidente in queste poche cifre. Gli studenti che possono vanno a studiare a Londra, Parigi, negli Stati Uniti. Alla facoltà di giurisprudenza si accede col diploma tecnico, senza aver studiato il latino e il greco e ignorando Basilio Puoti, celebre purista. Prima occorreva il liceo classico. Di conseguenza la lingua si è impoverita, quando non è infarcita di errori elementari. Alti burocrati di stato che arrivano a scrivere nei documenti ufficiali: ”I parenti della salma”. Nel 1985 la Regione Campania bandiva un concorso per duemila posti di autista e barellieri, ponendo ai candidati quiz di questo genere: ”La carie è una malattia dei piedi, dei polmoni o dei denti?”. Giovani laureati che ignorano la data di fondazione dell’Italia unita e la confondono generalmente con il 2 giugno 1946. Del resto la Mondadori ha pubblicato tutto il Risorgimento in 150 pagine. Un brodino ristretto. Per limitare la fatica si sono inventate la lauree brevi.

La decadenza culturale, la superficialità, l’ignoranza si accompagnano alla perdita di identità e alla mancanza di orgoglio nazionale. Si sono fatti progressi enormi nel campo dell’economia e nella tecnologia, ma assai scarsi nel campo dell’istruzione e dell’educazione civica. Il Tg3 delle ore 12 del primo luglio 2013 ha mandato in onda un servizio sul declino della cultura in Italia, con una intervista all’editore Laterza. Ma nel titolo in sovrimpressione era scritto: ”La Terza”.

La lotta politica risente dei tempi e della cultura dei protagonisti. Il sarcasmo da spretato di un Mario Melloni alias Fortebraccio, che nei suoi corsivi sull’Unità attingeva a tutta una tradizione di raffinata perfidia, con la penna intinta nel fiele d’oratorio, ha lasciato il posto alla vanga e a una generazione di illetterati e di avventizi della politica che non saprebbero distinguere la metrica da un chilometro. Il disprezzo che torna connotare la vita politica italiana è il segnale più evidente di questo scadimento generale in tutti i campi della vita associata. La scuola e l’università ne sono i principali responsabili.Nelle elementari e nelle superiori insegnano docenti che non sanno l’italiano. E’ evidente che l’esperienza e gli errori compiuti non sono bastati a elevare a un gradino più alto il livello culturale del Paese, né a migliorare la qualità della lingua che incespica, specie da Roma in giù, nella sintassi e nel mistero fitto del congiuntivo. Non si vuole a tutti costi fare l’elogio del tempo in cui la lingua era trattata meglio e in Parlamento sedevano politici di buona scuola, provenienti dal mondo del lavoro e dalle libere professioni; né si pretende, insieme a un decoroso curriculum, privo di macchie, l’obbligo di un severo corso di studi per essere ammessi alla rappresentanza del popolo. Ma anche la democrazia esige un abito di decoro e il titolo d’obbligo dovrebbe essere almeno quello della buona educazione e della civiltà di comportamento. Un tempo gli analfabeti non erano né eletti né elettori: oggi si trovano in folto numero in Parlamento.

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3 COMMENTS

  1. Fare a pezzi le Università aprendone in gran numero al Sud, dare valore legale al titolo di studio e assumere nella macchina statale caterve di meridionali, laureati e ignoranti. Mi sembra un disegno coerente.

    Mentre negli anni 50 e 60 i laureati al Nord studiavano Chimica, Ingegneria, Fisica (Natta prendeva il Nobel per la chimica e inventava il Moplen) e le grandi aziende, Marelli, Carlo Erba, Pirelli, Tecnomasio, RodiaToce, etc assorbivano menti brillantissime, al Sud uscivano caterve di laureati in legge, vale a dire gli effettivi della macchina statale.

    Ora quei pidocchi sono al potere e le menti brillantissime, quelle poche che escono da questa scuola indecente, vanno all’estero. Mi pare che il disegno si sia compiuto esattamente come doveva essere per questa nazione di pulcinella.

  2. Vi posso dire le principali cause del declino delle università itagliane:
    1) I docenti. Ormai si riceve una cattedra solo per “eredità” o per parentela o amicizia. Il corpo docente non è il migliore ma come nelle migliori tradizioni Duosiciliane, solo il più raccomandato. Il livello si vede, Monti e la Fornero messi alla prova hanno combinato solo danni e Monti, notoriamente, è stranamente arrivato alla sua posizione, visto che ha pubblicato pochissimo.
    2) Gli studenti. Ormai la preparazione nelle superiori è disastrosa, i professori sono solo capaci di dare sadicamente un mucchio di compiti a casa, che vengono regolarmente copiati, così come si copiano le prove scritte. I professori, usciti dal disastro universitario, sono anch’essi impreparati (specie quelli dal mezzogiorno) e fanno il lavoro solo per lo stipendio e non per vocazione. Per evitare noie regalano voti alti, specie nel mezzogiorno dove è proprio una strategia volta a formare dipendenti pubblici (dove i voti valgono nello stesso modo).
    Infine la crisi ed il continuo aumento delle tasse universitarie ha riportato la società indietro di decenni, ormai l’università viene frequentata solo dai ricchi, anche perché chi si laurea non ha più la certezza del lavoro e di un lavoro remunerato adeguatamente.
    3) Le università. E’ dimostrato che le università piccole, quelle con classi di 20/30 alunni preparano meglio gli studenti. Al nord esistono orrori con classi al primo anno di 300 studenti per corso. Infine molti professori hanno altri lavori (chirurghi, consigli d’amministrazione, ecc) quindi sono poco presenti e lasciano tutto il lavoro agli assistenti. Per evitare di avere troppi studenti ad ogni sessione d’esame si sono inventati calendari assurdi, gonfiamento inutile del programma, in poche parole nulla a che fare con la preparazione.
    Occorrono più università e di piccole dimensioni, che limitano le spese di trasferta e permettono a chi lavora di frequentare senza problemi. Dall’altro lato è assurdo che un università che regali il 110 con lode abbia per lo Stato il medesimo valore di una che invece pretenda per dare il medesimo punteggio.

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