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Referendum svizzero: la moneta intera non è affatto la soluzione

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di GIOVANNI BIRINDELLI

Domani in Svizzera si vota per un referendum importante: se vincesse il “Si” (pare improbabile, purtroppo), in tutta la Svizzera verrebbe impedito alle banche commerciali di creare denaro dal nulla attraverso la riserva frazionaria. In altre parole, verrebbe loro impedito di prestare denaro depositato (sul quale cioè le persone mantengono la piena disponibilità). Questo sarebbe un primo passo nella direzione dei “tradizionali principi legali che governano il deposito di denaro” (*).

Tuttavia, rimarrebbero la banca centrale e la sua capacità di creare dal nulla, in regime di monopolio legale, denaro fiat di stato: “I sostenitori del referendum vogliono che le banche tengano il cento per cento dei depositi come riserva e che dunque cessino di creare denaro, compito quest’ultimo — dicono — esclusivo della Banca Nazionale Svizzera” (corriere.it).

L’improbabile approvazione di questa riforma sarebbe quindi come una riedizione, all’inverso, dell’errore commesso dalla “legge di Peel” in Inghilterra 1844. Col “Peel Act”, infatti, da un lato fu vietato al sistema bancario inglese di emettere banconote che non fossero coperte da oro (e quindi di creare denaro dal nulla per questa via); dall’altro, tuttavia, non fu vietato alle banche commerciali di creare denaro dal nulla attraverso la riserva frazionaria, col risultato che il processo inflazionistico non fu arrestato e quindi non furono impedite le crisi cicliche, che infatti continuarono.

Se al referendum svizzero dopodomani vincesse il “Si”, sarebbe naturalmente una buona notizia. Come intuisce chi ha un po’ di buon senso e come sa chi conosce la Scuola Austriaca di economia, la riserva frazionaria è parte (ma solo parte) del processo inflazionistico che nel lungo periodo produce necessariamente crisi economiche cicliche (quella del 2008 è solo l’ultima in ordine di tempo). Tuttavia, questa riforma sarebbe largamente insufficiente a (ri)portare il libero mercato nel settore del denaro e del credito, che è la condizione minima e necessaria per la sostenibilità nel tempo del processo economico e, in particolare, per non avere crisi economiche cicliche (mettersi al riparo da queste è l’obiettivo esplicito dei promotori del referendum).

Il prestito del denaro depositato dai correntisti pone le banche commerciali automaticamente in uno stato di bancarotta intrinseca: in caso di corsa agli sportelli (tanto più probabile quanto maggiore è l’interventismo monetario e più in generale economico), ogni banca che avesse praticato la riserva frazionaria collasserebbe. Per questa ragione il sistema della riserva frazionaria di fatto non potrebbe esistere senza la banca centrale come rete di protezione, cioè come “prestatrice di ultima istanza” (e stampatrice) di denaro fiat di stato che essa può creare letteralmente dal nulla (inflazione monetaria). Ne segue che una via più efficace e migliore (sia sul piano della legittimità che economico) del divieto burocratico a ricorrere alla riserva frazionaria sarebbe quella dell’abolizione di quell’invenzione recente e catastrofica che sono le banche centrali, che invece il referendum svizzero non tocca.

Tuttavia, a sua volta, la banca centrale di fatto non può esistere senza il privilegio del monopolio legale del denaro fiat di stato. Se infatti le persone avessero la possibilità di scegliere liberamente il denaro che preferiscono usare così come oggi possono ancora fare (più o meno) nel caso dell’automobile che vogliono guidare, una moneta che perdesse il suo potere d’acquisto nel tempo come fa il denaro fiat di stato andrebbe immediatamente fuori mercato (allo stesso modo in cui, in condizioni di concorrenza, andrebbe immediatamente fuori mercato una marca di automobili a cui ogni anno la casa produttrice togliesse circa il 2,5% dei componenti).

Dati gli obiettivi espliciti dei promotori del referendum svizzero, la loro proposta di riforma è quindi non solo largamente insufficiente ma sbagliata alla base. Infatti, come nel caso della “legge di Peel” (ma all’inverso) non coglie il fatto che:

  1. riserva frazionaria,
  2. banca centrale e
  3. denaro fiat di stato a corso legale

sono tre versanti della stessa montagna. In altre parole, come il Peel Act del 1844, non coglie il fatto che il problema è l’inflazione monetaria (e quindi la creazione di denaro dal nulla) nel suo insiemein quanto tale.

Chiudere un rubinetto mentre l’altro non solo è tenuto aperto ma può essere infinitamente potenziato per compensare il mancato apporto del primo, migliora la situazione (soprattutto in relazione alla sicurezza dei depositi e quindi alle crisi bancarie) ma non impedisce all’acqua di allagare la stanza (fuori di metafora, il ciclo economico).

In chiusura, un paio di osservazioni sulla neolingua usata nell’articolo del corriere.it citato in apertura.

  • Il presidente della banca centrale svizzera definisce il divieto della riserva frazionaria un “esperimento pericoloso“. Come se, mutatis mutandis, uno chiamasse “esperimento pericoloso” il divieto del proprietario di un parcheggio di affittare a terzi l’auto che Tizio vi ha parcheggiato e sulla quale egli mantiene la piena disponibilità. Si tratta, naturalmente, di un’affermazione propagandistica e di parte che inverte la realtà. Questo fatto, che può essere facilmente dedotto per via logica, può essere anche osservato storicamente. La Banca di Amsterdam fu creata nel 1609 con l’obiettivo di mantenere il 100% di riserva (obiettivo che riuscì a rispettare per quasi due secoli). Essa fu creata “dopo un periodo di grande caos monetario e attività bancaria fraudolenta (cioè basata sulla riserva frazionaria)” (**) sulla base delle stesse ragioni che muovono oggi i promotori del referendum svizzero: quelle di creare un rifugio sicuro per il denaro dei correntisti. Il fatto di avere il 100% di riserva “permise alla Banca di Amsterdam, durante tutte le crisi economiche, di soddisfare ogni singola richiesta di ritiro di denaro contante depositato. Questo fu il caso anche nel 1672, quando il panico causato dalla minaccia francese di dare il via a un massiccio ritiro di denaro dalle banche olandesi, la maggior parte delle quali [a causa di questo fatto, n.d.r.] fu costretta a sospendere il ritiro dei depositi […]. La Banca di Amsterdam fu l’eccezione e ovviamente non ebbe alcun problema a restituire i depositi” (***); e continuò a fare profitti onestamente, come qualunque altra azienda che opera sul mercato. L’affermazione del presidente della banca centrale svizzera secondo la quale il divieto per le banche commerciali di fare riserva frazionaria sarebbe un “esperimento pericoloso” è quindi, in termini tecnici, una grande cazzata.
  • Nell’articolo viene affermato che il referendum è promosso, fra gli altri, anche dalla “destra libertaria”. Questa naturalmente è una contraddizione in termini. Se è di “destra” (ma anche di “centro”, di “sinistra”, “populista” o altro) non è libertario. Nell’appropriato termine di Ortega y Gasset è semplicemente “imbecille” (nel campo delle scienze sociali).

NOTE

(*) Huerta de Soto J., 2009, Money, Bank Credit and Economic Cycles (Mises Institute, Auburn), p. 102, traduzione mia.

(**) Huerta de Soto J., Op. cit., p. 98, traduzione mia.

(***) Huerta de Soto J., Op. cit., p. 99, traduzione mia.

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3 COMMENTS

  1. ma come si eviterebbe che i depositi dei correntisti vengano usati per finanziare le imprese degli amici degli amministratore delle banche?… è quello che è successo nelle banche venete, mi sembra! forse anche gli svizzeri ne hanno sentito parlare…

  2. Condivido totalmente le motivazioni di Giovanni Birindelli nella valutazione del referendum svizzero.
    Non risolvera’ il problema perche’ non elimina tutte le cause dell’inflazionismo.

    Tuttavia considero la riserva frazionaria “APPROPRIAZIONE INDEBITA” ovvero un furto vero e proprio , e che sia legale non fa nessuna differenza. Il fatto che sia legale lo dice proprio il dispositivo dell’art. 1834 del codice civile, e qui entriamo come spiega continuamente Birindelli nel pieno del positivismo giuridico.

    Vorrei commentare l’articolo di Gerardo Coco pubblicato ieri, a un certo punto dice ” se la riserva fosse del 100%, si ritiene, le banche non rischierebbero l’insolvenza e non innescherebbero crisi. Vero, ma con tale copertura totale che trasformerebbe la banca da organo di credito a istituto di custodia di depositi, si tornerebbe al sistema bancario dei secoli bui.”
    Coco dimentica che il problema non sono solo le banche centrali , ma anche la riserva frazionaria delle banche commerciali .
    Nel libro di De Soto citato da Birindelli “Moneta credito bancario e cicli economici” si descrive come anche in presenza di copertura aurea si verificavano cicli con crisi economiche. Le banche centrali sono recenti hanno cento o piu’ anni, ma molto prima casi come la banca di Amsterdam oppure i banchieri Fiorentini provocavano crisi sempre a causa della riserva frazionaria. Giustamente Birindelli cita il Pell act e de Soto specifica che pur essendo in copertura aurea la banca d’Inghilterra non aveva considerato la riserva frazionaria delle banche commerciali ( ripeto pur essendo in copertura aurea) che avevano provocato crisi economiche.
    Storia recente sono le banche centrali, ma in presenza di copertura aurea le banche commerciali hanno provocato storicamente crisi economiche grazie alla riserva frazionaria come ben spiega De Soto e quindi non condivido per nulla l’articolo di Gerardo Coco , che considera la riserva frazionaria cosi’ benevolmente.

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