di GUGLIELMO PIOMBINI
Rivoluzione del 1789. La cerniera della modernità politica e sociale, il libro che Beniamino Di Martino ha pubblicato con l’editore Leonardo Facco di Treviglio (BG), è una brillante analisi sul significato e sulle conseguenze di quell’evento epocale che per gli storici segna l’inizio dell’era contemporanea. Di Martino prende in considerazione tutte le più importati opere critiche sulla Rivoluzione francese, sia d’impostazione progressista che “revisionista”, e sviluppa una posizione personale nella quale spiccano alcune tesi controcorrente che meritano di essere indagate da vicino.
1) L’insostenibilità dell’interpretazione agiografica.
Lo scopo della ricerca scientifica, scrive Di Martino, è quella di mettere in dubbio i luoghi comuni, far parlare i fatti e i documenti, far tacere i pregiudizi e i tabù. Lo storico serio non deve farsi influenzare dall’opinione dominante, che di solito coincide con il potere culturale prevalente.
Le nazioni influenzate dal calvinismo, Olanda, Svizzera e in misura minore l’Inghilterra, non avevano bisogno della rivoluzione francese perché erano già arrivate al concetto di autodeterminazione dell’individuo tramite la religione. Ognuno aveva il diritto/dovere di leggere la Bibbia e di rapportarsi a Dio senza bisogno di intermediari terreni, il che nell’immediato ebbe effetti rivoluzionari: la scomparsa dell’analfabetismo e il venir meno di un ceto ecclesiastico parassitario. Poi in seguito venne da sé, come logica conseguenza, la scomparsa di qualsiasi diritto divino nella monarchia nonché di qualsivoglia Unto del Signore nella gestione della cosa pubblica. Al contrario nei paesi cattolici, segnatamente Spagna e Italia, la rivoluzione francese fu una benedizione: ne uscì ideologicamente rafforzata la borghesia come unico ceto produttivo e colto, iniziò (con molta lentezza e molta fatica come si vede tuttora) la separazione tra chiesa e stato e la laicizzazione della società. Per dire, nello stato pontificio dopo la restaurazione volevano abolire la ghigliottina come mezzo rapido e indolore per le esecuzioni capitali solo perché era stata introdotta dall’odiato Napoleone.
Tra le cause della Rivoluzione francese non può essere tralasciato la diminuzione della potenza francese (una potenza ‘continentale’) a favore delle potenze marittime,
Popolo, nobiltà e clero addossavano alla monarchia i mali crescenti di cui soffriva il Paese. Ne è la controprova il fatto che le regioni ‘marittime’ della Francia sono state le più lealiste perché potevano toccare con mano che la ricchezza si era definitivamente spostata dal continente al mare.
bell’articolo, “illuminante”.
Grazie, un bellissimo articolo per un bellissimo libro.
Il lavoro di De Martino è preziosissimo perché aiuta a smontare i bigottismi progressisti che vogliono farci vedere nella rivoluzione francese una tappa fondamentale nel “progresso umano”.
Vorrei aggiungere che uno dei prodotti più importanti della rivoluzione, la carta dei diritti universali dell’uomo, ha fornito le fondamenta del delirio progressista che sta distruggendo la nostra civiltà. Infatti dobbiamo far notare che è impossibile definire una nuova struttura sociale con un elenco di “diritti” perché, necessariamente, ad ogni diritto deve esistere il corrispettivo dovere. Quella carta è una follia.
Inoltre desidero segnalare ai lettori il mio articolo pubblicato su questo giornale qualche mese fa, Lo Stato Totalitario, ove spiego come la rivoluzione francese sia stato il primo tentativo nella storia di costruire uno stato totalitario. Grazie
Grazie!
Molto bello l’articolo sul totalitarismo di Marcello Caroti.
Ecco qui il link per leggerlo:
https://www.miglioverde.eu/ogni-totalitarismo-ha-in-odio-le-liberta-dellindividuo/
Curioso che mettete Von Hayek, noto per essere un liberale o meglio un sostenitore del sistema attuale.
Dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo :
1. Gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti. ….
2. Lo scopo di ogni associazione politica é la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione.
….
Art. 4 – La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l’esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. ….”
Fin qui il principio di non aggressione = Libertarismo
“…. Questi limiti non possono essere determinati che dalla Legge.
5. La Legge non ha diritto di vietare che le azioni nocive alla Società. Tutto ciò che non è vietato dalla Legge, non può essere impedito e nessuno può essere costretto a fare ciò che essa non ordina.
6. La Legge è l’espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno il diritto di concorrere personalmente o per mezzo di loro rappresentanti alla sua formazione. Essa deve essere la stessa per tutti, sia che protegga, sia che punisca. Tutti i cittadini, essendo uguali ai suoi occhi, sono ugualmente ammissibili a tutte le dignità, posti ed impieghi pubblici, secondo la loro capacità e senz’altra distinzione che quella della loro virtù e del loro ingegno.”
Ossia la società , la legge , la volontà generale, il bene superiore sono sopra il diritto individuale = inizio del fascismo / socialismo
Il lascito della rivoluzione era già evidente nella stessa decantata dichiarazione dei diritti