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Senza le truppe, nessun movimento può sperare nel cambiamento

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GENTEdi ALESSANDRO MORANDINI

L’emergenza di un’azione collettiva rinnovatrice: il movimento

Qualsiasi azione collettiva già matura, per esempio quelle procurate dall’istituzione degli indipendentismi padani, è composta dalla combinazione di diverse motivazioni. Ma in un primo momento, nel momento movimentista, quando ancora non esiste una istituzione o quando l’azione collettiva è esterna ad essa, ad agire sono solo poche, spesso pochissime persone, e quasi sempre l’azione collettiva è sconveniente per i primi agenti. Costoro sono motivati da uno spirito altruistico, perché altrimenti non muoverebbero un dito visto lo svantaggio che l’azione procura. Non si tratta necessariamente di persone che assumono un comportamento eroico; più spesso si tratta di persone intelligenti, speciali o particolarmente svantaggiate. Persone che prima di altre capiscono che è arrivato il momento di iniziare a lottare per cambiare le istituzioni.

I movimenti sono sempre dei tentativi di cambiamento sociale e le motivazioni che spingono pochi individui a procurarsi attraverso le loro azioni immediati svantaggi sono determinate da credenze razionali sulla inefficacia delle istituzioni esistenti, inefficacia che gli individui che promuovono il movimento in genere patiscono più di altri. Chi fa parte integrante dell’istituzione non può raggiungere le credenze razionali degli iniziatori dei movimenti perché imprigionato dai meccanismi che abbiamo esaminato: razionalizzazione, cieca fiducia in un leader o in se stessi, falsificazione delle motivazioni, fiducia nell’istituzione etc.

Almeno in una prima fase questi movimenti non hanno un leader, perché non ce n’è bisogno, perché tutti hanno capito il problema e tutti sono orientati da credenze razionali, che in quanto tali necessitano di tentativi e verifiche. I promotori delle iniziative di un movimento non maturano una cieca fiducia nelle doti di un singolo leader di cui seguono ogni direttiva, non producono e non rispondono a regole condivise, ma sanno che le motivazioni di ciascuno sono autentiche ed altruistiche. Sanno che è nata una nuova solidarietà tra persone che lottano per una causa comune che esprime un miglioramento, un perfezionamento della società.

L’istituzione

Ma nessun movimento può portare i cambiamenti sperati se non coinvolge anche altre persone, i cui desideri non sempre sono altrettanto puri ed altruistici. Superata una soglia critica l’azione collettiva da movimento inizia ad assumere connotati diversi: c’è bisogno di organizzazione e di regole, di risolvere numerosi problemi di azione collettiva; e c’è bisogno di fare in modo che essa sia convincente anche per coloro i quali non sono disposti a patire nel breve periodo svantaggi personali, per estendere, nel lungo periodo, più benefici a tutti. I movimenti si istituzionalizzano, si irrigidiscono. Iniziano a procurare soddisfazioni ad un numero maggiore di individui, a generare procedure utili alla sopravvivenza dell’organizzazione, ma si allontanano dagli obiettivi originari.

Raggiunte certe dimensioni, che dipendono dagli obiettivi e dal contesto in cui opera il movimento, l’azione collettiva diventa attraente perché individualmente conveniente.

(8 – CONTINUA)

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