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Stimoli monetari, recessione e la lira turca di Erdogan

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di MATTEO CORSINI

Da quando, tanti anni fa, ho cominciato a scrivere Scorie, mi sono divertito a commentare affermazioni che non condividevo o palesemente false. Alcuni dei miei bersagli preferiti (gli emittenti seriali di Scorie, che possono essere più nocive di quelle oggetto di strali da parte del talebanesimo ambientalista) hanno idee che non condivido, ma per lo meno le argomentano in modo coerente.

A volte, al contrario, mi capita di imbattermi in articoli nei quali si sostengono cose in palese contraddizione tra esse. Per esempio, su Milano Finanza Guido Salerno Aletta sostiene che la BCE non dovrebbe seguire la Federal Reserve sulla strada della stretta monetaria.

A suo dire, “in Europa stiamo subendo lo stress di un aumento straordinario dei prezzi dei prodotti energetici e delle materie prime importate, ma lo stiamo aggravando pericolosamente per il trascinamento indiretto che viene esercitato, già da un anno, dall’annuncio di una politica monetaria americana restrittiva: l’euro si è deprezzato sul dollaro, dirigendosi pericolosamente verso la parità.”

L’Europa, inoltre, “è penalizzata dagli effetti depressivi della guerra in Ucraina; dalle tensioni per gli approvvigionamenti di carbone, petrolio e gas dalla Russia; dagli effetti di sei robusti pacchetti di sanzioni che comportano la perdita di quel mercato di sbocco per le esportazioni; dalle forti preoccupazioni per le sorti delle imprese ivi localizzate, per la operatività delle filiali bancarie e per il venir meno del turismo, che si rivolge alla Turchia.”

Preoccupazioni condivisibili. Sennonché, il deprezzamento dell’euro in un contesto in cui la FED continuasse ad aumentare i tassi senza un neppur timido rialzo da parte della BCE difficilmente potrebbe arrestarsi. Sembra che Salerno Aletta sia un neofisheriano, come il sultano Erdogan. I cui risultati non sono entusiasmanti per la lira turca.

E’ a mio parere molto probabile che basti un timido tentativo di ridurre gli abbondanti stimoli monetari degli ultimi anni per generare una recessione su entrambi i lati dell’Atlantico. Le basi di quella recessione, però, non andrebbero cercate nella rimozione degli stimoli monetari, bensì nella loro abbondante implementazione precedente.

Senza la quale né le interruzioni delle catene di fornitura, né la guerra in Ucraina avrebbero potuto generare aumenti di prezzi ampi e generalizzati come quelli che stiamo dolorosamente sperimentando. Mantenere una politica monetaria espansiva non migliorerebbe di certo le cose.

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