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Terziario a picco: 130 miliardi di perdite e zero assunzioni

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di REDAZIONE

Si continua a parlare di “crisi sanitaria”, ma poco di “crisi economica”, la quale impatterà pesantemente nei tempi a venire. Confcommercio ha lanciato l’allarme per il terziario di mercato: dopo 25 anni di ininterrotta spinta sul PIL e sull’occupazione, è arrivata la grave battuta di arresto.

Le misure adottate per questa “pandemia” hanno impattato pesantemente sull’intero comparto, frenando in modo drastico i consumi. Nello specifico, i dati si riferiscono a un campo piuttosto ampio di attività, che vanno dal commercio al turismo, ai servizi di alloggio e ristorazione, ai trasporti fino alle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento. Ecco i numeri di Confcommercio, che titola il suo report “La più grande crisi del terziario di mercato”.

“Per la prima volta, dopo venticinque anni di crescita ininterrotta, si riduce la quota di valore aggiunto di questo comparto (-9,6% rispetto al 2019) al cui interno i settori del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti arrivano a perdere complessivamente il 13,2%”. Nello specifico, questi gli impatti più gravi:

  • -40,1% per i servizi di alloggio e ristorazione;
    -27% per attività artistiche, di intrattenimento e divertimento;
    -17,1% per i trasporti.

Il tonfo della domanda ha generato la perdita di 130 miliardi di euro, di cui l’83%, che equivale a 107 miliardi di euro, è ricaduta in quattro macro-settori: abbigliamento e calzature, trasporti, ricreazione, spettacoli e cultura e alberghi e pubblici esercizi.

Per la prima volta in 25 anni, il terziario di mercato non ha dato impulso all’occupazione, perdendo circa 1,5 milioni di lavoratori. Nel periodo 2014-2019 ne aveva creati quasi 3 milioni. Il grido di allarme di Confcommercio, quindi, è stato accorato. Scrive Bella, il direttore dell’Ufficio Studi: “Quando i flussi turistici mondiali riprenderanno vigore, se l’offerta italiana non sarà pienamente in grado di soddisfarli, le perdite saranno permanenti”. Ancora: “Le nuove chiusure di marzo e aprile hanno, però, tolto vigore a quella pure minima spinta potenzialmente presente nei risparmi in eccesso accumulati dalle famiglie”.

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