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Una scorpacciata di “cultura pop”, ma molto libertaria

Da leggere

di ALESSANDRO GNOCCHI

Chi ha detto che la cultura liberale, libertaria, libertina e liberista sia per forza noiosa? Le canzoni a tavoletta dei Ramones, pionieri del punk, fanno forse dormire? No. Johnny Ramone, chitarrista e leader della band, era un repubblicano, acceso sostenitore di Ronald Reagan. I film di Clint Eastwood, da Gran Torino a Sully, invitano forse ad andarsene alla fine del primo tempo? Provateci… E l’ispettore Callaghan vi darà una meritata lezione.

Scherzi a parte. Ignacio García Medina e Leonardo Facco hanno scritto Liberalismo e cultura popolare, un saggio molto divertente sulle icone pop del mondo liberale, nel senso più esteso del termine. Lo pubblica l’editore Tramedoro, cioè «La libreria del ponte» cioè Guglielmo Piombini. Sempre meglio fare i nomi e i cognomi di chi sta alla larga dal conformismo culturale.

 

Dunque, già l’ingresso del libro è invitante. «Non posso essere comunista perché credo in una sola cosa: la libertà. Per prima cosa, mi occuperei di me stesso e farei il mio lavoro. Poi mi prenderei cura della mia famiglia. Ma dello Stato non mi importa nulla. Tutto ciò che lo Stato ha mai significato per me è un’ingiusta tassazione. Credo nel minimo di governo in assoluto». Chi l’ha detto? Milton Friedman? No, l’ha detto Ernest Hemingway.

Passiamo ai musicisti. I Rush, storico gruppo progressive, hanno pubblicato molti dischi ispirati ad Ayn Rand, in particolare il successo mondiale 2112 (1976). Dylan, dica qualcosa di destra, lei che senza dubbio è di sinistra! E lui l’ha detta: «Il governo non crea posti di lavoro. Non deve farlo. Le persone creano posti di lavoro e sono i multimilionari che possono farlo». Bono Vox, non sia da meno! E non lo fu: «Gli aiuti ai Paesi sottosviluppati sono solamente una soluzione provvisoria. Il commercio e il capitalismo imprenditoriale portano più persone fuori dalla povertà degli aiuti». I Beatles hanno inciso la più famosa canzone contro le tasse, Taxman: «Sì, sono l’esattore/ se guidate una macchina tasserò la strada/ se provate a sedervi, tasserò il vostro sedile/ se fate una passeggiata / tasserò i vostri piedi». Tra gli italiani, c’è il grande Bruno Lauzi, liberale doc.

E il cinema? Per le famiglie, ci sono Gli incredibili, omaggio all’individualismo, o La ricerca della felicità del nostro Gabriele Muccino, richiamo esplicito alla Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti. Iron Man potrebbe essere un personaggio di Ayn Rand, tranne nel film Civil War dove si trasforma in statalista e si scontra con una icona libertaria: Capitan America. Batman, nel fumetto Batman a Berlino, è alla ricerca di un libro bandito dai nazisti. Un libro che potrebbe far rinascere nel Terzo Reich l’amore per la libertà. E così Batman a Berlino è forse l’unico fumetto in cui appaia Ludwig von Mises. Il libro infatti è il suo L’azione umana, tra le opere libertarie più importanti di tutti i tempi. Chiuso l’inciso fumettistico, torniamo al cinema. Otto pellicole sono giudicate fondamentali: Il gladiatore, Enemy of the State, Equilibrium, Le ali della libertà, L’ultimo dei mohicani, Jurassic Park, Braveheart e Il patriota. Tra questi, il più sorprendente è Jurassic Park ma la spiegazione convince: in tutta la saga, gli uomini compiono lo stesso errore, pianificare. Quando la pianificazione fallisce, intervengono e di solito peggiorano la situazione. Pianificazione, fallimento, interventismo, altro fallimento: ricorda il modo in cui funziona l’economia di Stato. Potete divertirvi a togliere o aggiungere a vostro piacimento. Clint Eastwood l’avrei messo. Ma del resto non ci sono neanche i Ramones… Fa parte del gioco delle liste.

Categoria libri. Qui il gioco (delle liste) si fa duro. L’elenco per fortuna è piuttosto lungo. Fa piacere incontrare Robert Heinlein, accusato di fascismo militarista per averne fatto in realtà la splendida parodia in Starship Troopers – Fanteria dello spazio. Per dire quanto ne capiscono i sapientoni di sinistra. Di Heinlein c’è anche un altro capolavoro, La luna è una severa maestra, in cui spicca Bernardo de la Paz, anarchico razionale, che vuol far saltare il banco dell’economia lunare controllata dallo Stato terrestre. Non poteva mancare Stato di paura di Michael Crichton, tecno-thriller tra i più belli, in cui viene messo alla berlina l’ecologismo radicale in quanto grimaldello per imporre politiche collettiviste. Fatelo leggere a Greta Thunberg, magari cambia idea. Ci sono poi gli autori che tutti si aspettano di trovare: Ayn Rand, George Orwell, Ray Bradbury, Tolkien (sì, Tolkien), Kafka (sì, Kafka), George R.R. Martin, Daniel Defoe. Altri si potrebbero aggiungere, ad esempio, l’intero catalogo di Liberilibri da cui scelgo il solo Giustizia facciale di Leslie Poles Hartley. Una distopia che descrive un infernale società collettivista. A proposito. Il bellissimo Noi di Eugene Zamiatin è forse il capostipite delle distopie ispirate al socialismo reale. Da inserire nella prossima edizione…

Questo è un piccolo assaggio di cosa troverete nel libro. Senz’altro è una lettura rinfrancante. La cultura pop di ispirazione libertaria esiste e lotta con noi attraverso le più disparate forme di comunicazione all’insegna del divertimento. Anche in Rete: tema ancora inesplorato o quasi. Per diffondere le idee liberali, in netto regresso nella società e mai attecchite tra gli intellettuali, forse aiuterebbe anche valorizzare una dimensione più pop. Questo libro ci prova senza appesantire con troppa teoria un argomento leggero ma importante.

Tratto da Il Giornale

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