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La via per l’indipendenza non è una passeggiata e nemmeno un gioco

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di GIANLUCA MARCHI

via_indipendenza“Il Veneto sta a Roma come la Catalunyna sta a Madrid”, sono parole pronunciate qualche mese fa dal governatore Veneto Luca Zaia nel corso di una conferenza alla Stampa estera, dove veniva interrogato dai giornalisti stranieri, molto più interessati dei colleghi italici alle spinte indipendentiste che attraversano la regione di cui è alla guida (la registrazione completa di quell’evento potete vederla nella nostra sezione video). Con quelle parole Zaia voleva dire che, rispetto al referendum per l’indipendenza, la prospettiva che si pone davanti al Veneto non può essere altra se non la “via catalana”, perché i catalani hanno gli stessi problemi giuridici dei veneti, a cominciare dal fatto che la costituzione spagnola, così come quella italiana, non prevede che una parte del paese possa decidere di andarsene. E tuttavia questa è una possibilità contemplata dal diritto internazionale attraverso il principio dell’autodeterminazione dei popoli. “Per noi veneti è importante capire cosa accadrà fra Barcellona e Madrid” concludeva il governatore in quella occasione, ed eravamo ancora prima dell’approvazione, da parte del Consiglio regionale, della legge 342 che stabilisce lo svolgimento del referendum consultivo sull’indipendenza, lo stesso che il presidente della Catalunya, Artur Mas, vuole convocare per il 9 novembre prossimo.

La “via catalana”, dunque, come faro del processo indipendentista: la cosa è realistica e mi trova personalmente del tutto d’accordo. E tuttavia in un recente articolo dell’amico Enzo Trentin, pubblicato proprio sul MiglioVerde, abbiamo appreso, attraverso l’analisi puntuale di una serie di passaggi, come neppure in Catalunya tutto sia pacifico e scontato. A dire il vero l’articolo di Trentin mi è sembrato caratterizzato da una nota eccessiva di pessimismo (ma potrei aver colto male…), o forse ha voluto più semplicemente elencare tutte le difficoltà che vi sono sul tappeto per sostenere come  neppure a Barcellona e dintorni il cammino verso l’indipendenza sarà facile e spianato. Diverso è invece il discorso della Scozia, dove il referendum fissato per il 18 settembre prossim, avverrà anche con il beneplacito di Cameron: a quel risultato, infatti, si è giunti dopo un lungo negoziato  fra Edimburgo e Londra, servito per mettere a punto a priori alcuni comportamenti di entrambe le parti se dovessero vincere i sì all’indipendenza scozzese.

Catalunya e Veneto, invece, affrontano un percorso diverso: la loro indipendenza è fortemente osteggiata dai rispettivi Stati di attuale appartenenza, le cui carte costituzionali (nel Regno Unito, invece, la costituzione non è scritta) non contemplano alcun diritto alla secessione. E inoltre sia Barcellona che Venezia rappresentano regioni economicamente fondamentali per mantenere il precario equilibrio di Spagna e Italia, mentre non la stessa cosa si può affermare della Scozia rispetto alla Gran Bretagna. Insomma, Madrid e Roma (intese come struttura attuale degli stati) si vedono fortemente minacciate dal distacco della Catalunya e del Veneto. Appare perciò normale, dunque, che mettano e metteranno in campo tutte le armi possibili per bloccare la strada verso l’indipendentismo. Sarebbe del tutto sorprendente se avvenisse il contrario e anche ingenuo pensare che la strada possa essere in discesa.

Catalunya e Veneto, animate come sono da un forte spirito indipendentista, devono arrivare alla celebrazione del referendum perché i rispettivi popoli si esprimano su cosa realmente vogliono. E se il risultato, come ci auguriamo, sarà in entrambi i casi a favore dell’indipendenza, non si pensi che i giochi saranno fatti in quattro e quattr’otto. No, cari, bisognerà aprire un negoziato lungo e difficile con Madrid e Roma prima di poter arrivare alla creazione di Stati indipendenti.

La via verso l’indipendenza non è e non può essere una passeggiata e nemmeno un gioco. Chi lo pensa si illude e rischia di patire profonde delusioni.

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1 COMMENT

  1. Esatto direttore
    E’ importante far sapere a tutti i più sprovveduti militanti fino agli ignavi elettori (che credono basti schiacciare un tasto sullo schermo per fermare il furto criminale) che l’indipendenza è un percorso molto periglioso, ripido ed infido.
    Dall’altra parte c’è un potentissimo apparato militare e finanziario che non tollera cambiamenti radicali. E questo si avvale da una parte delle torme di parassiti titolari di un beneficio di stato (stipendi, pensioni, indennità di disoccupazione, false invalidità, LSU ecc) per inscenare manifestazioni è massa, e dall’altra parte delle mafie per eliminare oppositori.
    I padroni anglo americani & J. tentano di destabilizzare e rompere i paesi non sottomessi (Libia, Siria, Iraq ed ora Ukraina) ma non tollerano che avvenga lo stesso entro i confini dell’impero. L’Italia, nonostante i confini dell’impero si siano spostati a est, è ancora strategica. Ci sono basi militari, aereoporti , caserme di “decompressione” per i reduci, radar a largo raggio, depositi di testate atomiche..
    Senza i soldi del Veneto sarebbe necessario attuare dei tali tagli alla spesa pubblica che in breve il paese cadrebbe preda di violente proteste e grave instabilità. I padroni non possono tollerare ciò. E per questo che il veneto ribolle di gruppi e movimenti politici indipendentisti. La maggior parte di questi gruppuscoli ha l’unico scopo di dividere e disperdere preziose risorse dalla lotta per l’indipendenza.
    Questo dovrebbero sapere gli ingenui attivisti che si mettono al servizio dei vari Capetti, prima di dedicare tempo e soldi inutilmente

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