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Aiuti alle banche, vi spieghiamo quali sono veri e quali sono falsi

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banchieri-e-politicadi MATTEO CORSINI

Capita molto spesso di sentire critiche furibonde nei confronti delle banche, anche quando non hanno alcunché da beneficiare dai provvedimenti governativi. Ciò finisce per rendere inattendibili le critiche stesse. Ce ne sarebbero di cose da contestare, per esempio la moltiplicazione dei depositi dovuta ai sistemi a riserva frazionaria o il fatto di beneficiare della creazione di base monetaria da parte delle banche centrali. Eppure chi, come l’Adusbef, puntualmente inveisce contro le banche e i presunti favori che esse ricevono, finisce quasi sempre con lo sbagliare il bersaglio.

Ecco un elenco di 12 provvedimenti che, secondo Adusbef, hanno aiutato le banche in questi anni.

1) Nel 2013 la fiscalità di vantaggio sulla deducibilità delle perdite, passate da 18 anni a 5, poi portato ad un anno.

Fino al 2013, le banche pagavano tasse anche sulle perdite, dato che queste erano deducibili in diciottesimi. Di fatto, quindi, le banche anticipavano tasse allo Stato. Ridurre la deducibilità prima a 5 anni, poi all’anno in cui le perdite sono realizzate, è coinciso semplicemente con una normalizzazione. La piena deducibilità nel primo esercizio delle perdite è usuale negli altri ordinamenti.

2) Garanzie sulle obbligazioni tossiche per un valore di 160 miliardi di euro.

Più che di obbligazioni tossiche, si trattò di emissioni di obbligazioni coperte da una garanzia dal Tesoro. Quelle obbligazioni furono poi utilizzate come collaterale per ottenere denaro dalla BCE. Denaro che fu in gran parte utilizzato per acquistare titoli di Stato. Questo fu in effetti un intervento a favore delle banche, praticato anche in altri Paesi europei (il che non è una attenuante, peraltro).

Il risultato fu di creare denaro dal nulla e di utilizzarlo per comprare titoli di Stato che in quel momento (era la fine del 2011), non andavano esattamente a ruba. Lo Stato evitò il default, incassò il premio per la garanzia (mediamente 1 punto percentuale annuo) e le banche riuscirono a tamponare le emorragie di liquidità e a lucrare un corposo margine di interesse tra quanto incassavano sui titoli di Stato e quanto pagavano alla BCE, oltre al costo della garanzia pubblica.

Questo fu in effetti un esempio perfetto della simbiosi viziosa tra banche e Stato.

3) La pubblica malleva sulla Cassa Depositi e Prestiti per consentire alle banche di pagare i dividendi alle Fondazioni bancarie.

Non capisco bene a cosa si riferisca Adusbef. Di fatto le fondazioni bancarie sono diventate azioniste di CDP al 20%, comprando le azioni dal Tesoro, il che ha consentito allo Stato di deconsolidare CDP dal bilancio, senza peraltro perdere il potere di indirizzo sulla stessa (vedi punto 12).

4) La rivalutazione delle quote di Banca d’Italia, da 156.000 euro a 7,5 miliardi di euro.

Che il valore della Banca d’Italia, che ha attività in bilancio per centinaia di miliardi, fosse pari a 156mila euro (importo mai rivalutato dai tempi della legge bancaria del 1936), è abbastanza ridicolo. Ciò detto, la rivalutazione fu un aiuto alle banche (che detengono le quote nella Banca d’Italia) perché ne aumentò il valore dell’attivo, consentendo di realizzare una plusvalenza una tantum e di incassare dividendi maggiori (sempre, peraltro, una minima parte di quanto incassa lo Stato dagli utili della Banca d’Italia). Lo Stato, ovviamente, tassò la plusvalenza connessa alla rivalutazione.

Quindi non fu un pasto gratis per le banche, che, a dispetto di quanto vanno blaterando signoraggisti e simili, non hanno alcun potere sull’operato della Banca d’Italia, pur essendone proprietarie. Il grosso degli utili della Banca d’Italia va al Tesoro, in parte come tasse e in parte come retrocessione di utili netti.

5) Il recepimento della direttiva BRRD (bail-in).

Questa è veramente una assurdità. Con la direttiva BRRD e il famigerato bail-in, le banche hanno molte meno probabilità di prima di essere salvate a spese della generalità dei contribuenti. Certamente a correre i rischi sono, oltre agli azionisti, i creditori delle banche. Comunque la si pensi in merito (a me pare evidente che abbia più senso che a subire le perdite in caso di dissesto di una banca sia un creditore invece che un contribuente che non ha, magari, nulla a che fare con la banca in questione), alle banche non è stato fatto nessun favore. Anzi, la risoluzione delle quattro banche avvenuta lo scorso novembre è costata alle altre banche un totale di 3.6 miliardi.

D’altra parte, esiste sempre un modo semplice per verificare se una cosa favorisce una determinata lobby: vedere come reagiscono i suoi esponenti a un provvedimento legislativo. Non mi pare che siano visti banchieri fare salti di gioia per via dell’introduzione della BRRD.

6) A novembre 2015 il decreto salva-banche che ha azzerato le obbligazioni di 130.000 famiglie.

Renzi ha denominato salva-banche quel decreto, sostenendo che era stato il governo a salvare le 4 banche sottoposte a procedura di risoluzione. In effetti il costo è stato in gran parte a carico delle altre banche, e in parte minore (ancorché indubbiamente dolorosa) a carico di azionisti e detentori di obbligazioni subordinate delle banche soggette a risoluzione. Per il resto, vedi il punto 5.

7) Il tentativo di inserire l’esproprio delle case in mancanza di 7 rate, poi portate a 18 rate.

Anche questa è una cosa allucinante. Uno dei motivi per cui le banche vanno male e sono imbottite di crediti deteriorati il cui valore è considerato basso da parte dei potenziali acquirenti è che in Italia il recupero di un credito ha una durata più che doppia rispetto al resto d’Europa. E questo non è certo colpa delle banche.

Ciò detto, non si vede per quale motivo se un mutuatario smette di pagare il mutuo si debbano aspettare 18 rate (mediamente un anno e mezzo) prima di poter escutere la garanzia, cosa che, peraltro, richiede poi dai 4 ai 7 anni.

Sul mercato obbligazionario, se un emittente non paga regolarmente una cedola o un rimborso di capitale scatta il default dopo un periodi di grazia di 30 giorni. Non un anno e mezzo.

Non dubito che ci siano persone che diventano insolventi contro la loro volontà, ma mentre è facile solidarizzare con costoro (e non dico che umanamente sia sbagliato), ci si dovrebbe ricordare anche di coloro che, magari, hanno acquistato case meno costose e fatto minore ricorso al debito, a parità di altre condizioni. A questi nessuno ha fatto favori.

Per di più, sarebbe bene tenere presente che le banche fanno prestiti prevalentemente con denaro altrui, per cui è incoerente (per non dire che è da deficienti) lamentarsi per il bail-in e al tempo stesso essere contrari a provvedimenti che consentono di velocizzare la pulizia di bilancio nelle banche, a fronte di crediti sui quali il debitore ha smesso di pagare regolarmente.

8) Lo sconto per i trasferimenti immobiliari nell’ambito di vendite giudiziarie con l’imposta di registro, ipotecaria e catastale, non più assoggettata da un’aliquota del 9%, ma nella misura fissa di 200 euro.

Questo è indirettamente un aiuto alle banche, ma lo è a maggior ragione per gli acquirenti, che pagano meno tasse. Non vanno bene neanche le riduzioni di tasse se ciò potenzialmente rivitalizza un settore moribondo e, indirettamente, favorisce anche la dismissione di immobili da parte delle banche?

9) Il prestito vitalizio ipotecario a tassi esagerati e ricapitalizzati per sottrarre agli eredi i risparmi immobiliari.

Questa mi sembra nulla più che una corbelleria. Il prestito vitalizio ipotecario, al pari di ogni altro tipo di finanziamento, nessuno è costretto a chiederlo. E le condizioni sono liberamente contrattate e sottoscritte, peraltro soggette a limiti come da legge sull’usura.

10) La Bad Bank con la garanzia statale sulle cartolarizzazioni dei crediti morosi (la Gacs), concessa alle banche ed anche agli altri intermediari finanziari, con la dotazione iniziale del Tesoro che passa da 100 a 120 milioni.

Questo in effetti potrebbe essere un aiuto, che peraltro non pare stia riscuotendo molto successo tra le banche, per via dei costi e di altri dettagli tecnici sui quali non sto qui a dilungarmi.

11) La ricapitalizzazione degli interessi, che genera 2,5 miliardi di euro l’anno a favore delle banche.

Qui si fa riferimento all’anatocismo. Secondo Adusbef (e non solo), le banche non dovrebbero mai calcolare interessi su interessi pregressi e non pagati dal cliente affidato. In sostanza, se una banca presta 100 euro al signor Rossi al tasso del 5%, dopo un anno il signor Rossi deve alla banca 105 euro. Se il signor Rossi non versa i 5 euro, secondo Adusbef la banca al secondo anno non dovrebbe calcolare gli interessi su 105, bensì sempre su 100.

Ma il fatto è che se gli interessi non sono pagati alla scadenza pattuita, è evidente che la banca sta estendendo anche a quella somma il prestito al cliente. E, si badi bene, generalmente le banche prestano soldi di altri clienti.

La norma ora prevede che le banche possano addebitare gli interessi solo previa autorizzazione del cliente, oppure trascorsi 2 mesi. Questo per Adusbef è un aiuto. Si noti che, nel caso in cui il cliente sia a credito, gli interessi sono accreditati alla loro maturazione, non con un differimento di due mesi.

12) Il Fondo Atlante.

E veniamo al Fondo Atlante, che sarebbe l’ultimo regalo alle banche, secondo Adusbef. Si tratta di un fondo al quale parteciperanno CDP, fondazioni bancarie, principali banche e altri investitori, con il duplice obiettivo di partecipare agli aumenti di capitale che verranno lanciati da alcune banche nelle prossime settimane (e per i quali non vi è la fila di sottoscrittori), oltre che per alleggerire le banche dei loro crediti deteriorati.

E’ considerata operazione di mercato tra privati, ma in realtà la regia è del governo e della Banca d’Italia. Quindi la forma è privata, la sostanza non proprio, considerando il ruolo di CDP e delle fondazioni bancarie, soggetti a loro volta formalmente privati ma sostanzialmente pubblici.

Quanto a definirla operazione di mercato, come pure in tanti si affannano a ripetere, ciò è palesemente fuorviante, dato che il fondo agirà a condizioni per le quale una domanda di mercato oggi non c’è.

In conclusione, su 12 punti a me pare che solo 2 abbiano senso. Gli altri, in misura più o meno significativa, no.

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