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Bolzano: semplici cittadini smuovono governo e corte costituzionale

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Bolzano_Bozen_road_sign_previewdi ENZO TRENTIN

A seguito d’un ricorso di cittadini riuniti in «Iniziativa per più democrazia» la dubbia istituzione – attraverso una legge regionale – di una commissione provinciale di giudici con la funzione di valutare l’ammissibilità delle richieste referendarie comunali, è stata impugnata dal governo italiano di fronte alla Corte costituzionale.

«Initiative für mehr Demokratie – Iniziativa per più democrazia» è un’associazione che opera a Bolzano da circa 20 anni. Collegata a tutta una galassia di associazioni consimili sparse nella provincia, è molto attiva nell’ottenimento di strumenti di democrazia diretta attraverso i quali contro bilanciare lo strapotere, la pervasività e l’arroganza dei partiti politici. In buona sostanza si tratta del superamento della politica dei partiti attraverso «organizzazioni single issue» come le aveva pronosticate Moshei Ostrogorski poco più di un secolo fa. Non a caso il politologo russo, guardando alla democrazia USA scriveva: «La funzione delle masse in democrazia non è quella di governare, ma di intimidire i governanti.» (1)

Per comprendere questo piccolo successo è necessario guardare al contenuto degli Statuti comunali (Provinciali e Regionali) alla voce “Istituti di partecipazione popolare”. In tale comparto sono previsti tutta una serie di strumenti che il cittadino singolo o associato può utilizzare, ma che i “rappresentanti” della partitocrazia hanno avuto tutto l’interesse a depotenziare ed edulcorare.

Uno di tali strumenti è il referendum comunale per questioni che rientrano in quell’ambito. Ebbene in moltissimi Statuti i cittadini non solo è prevista una raccolta  spropositata di firme, spesso in tempo limitato, ma una volta superati questi scogli c’è anche l’ostacolo rappresentato dal quorum del 50%+1, e una Commissione di esperti, a vario titolo, che giudica preventivamente l’ammissibilità o meno del quesito referendario. Piccolo ma importante particolare: la Commissione in questione è nominata dal Consiglio comunale o suo omologo. Un chiaro conflitto d’interessi. Comprensibile, dunque, la soddisfazione di «Iniziativa per più democrazia» nell’apprendere la decisione del governo italiano che ha impugnato la questione Sud Tirolese davanti alla Corte Costituzionale su sua richiesta.

Una tale commissione è stata istituita da apposito articolo presentato dall’assessore regionale Josef Noggler e l’assessore provinciale Arnold Schuler nell’ambito della riforma dell’ordinamento dei Comuni nello scorso dicembre. L’«Iniziativa per più democrazia» prima del varo della legge aveva fatto osservare la problematicità costituzionale, e di contenuto dell’articolo ed aveva preannunciato di volersi opporre alla sua introduzione. L’«Iniziativa» si è poi sentita costretta dal varo di tale disposizione di legge ad intervenire presso il Governo italiano chiedendo con apposito ricorso l’impugnazione. E, come detto, il governo ha provveduto.

referendumL’articolo di legge in questione, secondo quanto espresso dall’assessore Noggler, sarebbe una reazione alla votazione referendaria del Comune di Malles contro i pesticidi. Ne avevamo dato notizia qui. Un quesito di voto referendario secondo Noggler andrebbe valutato anticipatamente da una Commissione investita appositamente del potere di giudicare sulla sua legittimità giuridica e costituzionale in modo che in futuro sia scartato come se fosse giudicato dalla Corte costituzionale o da un tribunale. Con l’articolo 16 della legge regionale 11/2014 a tal fine doveva così essere sottratta ai Comuni la competenza di valutare l’ammissibilità per passarla a una Commissione di giudici provinciale. Diverse sentenze della Corte costituzionale danno abbastanza per scontato che l’articolo sarà dichiarato incostituzionale.

L’esultanza di «Iniziativa» appare duplice, perché se così fosse, risulterebbe a posteriori illegittima la dichiarazione di inammissibilità della richiesta di referendum propositivo da parte dell’«Iniziativa per più democrazia» nell’anno 2010 dall’apposita Commissione di giudici investita, con una modifica di legge, espressamente con il potere di valutazione costituzionale del quesito. Dopo aver mancato per pochissimo la validità dell’esito del voto referendario dell’ottobre 2009, l’«Iniziativa» allora aveva presentato la richiesta di referendum sul miglioramento minimo indispensabile degli strumenti di democrazia diretta. È ovvio che una tale Commissione di giudici non potrà essere prevista nuovamente nella nuova legge sulla democrazia diretta.

La storia ventennale della rivendicazione sempre più insistente sui diritti di partecipazione diretta dei cittadini alle decisioni politiche potrà concludersi solo con l’approvazione di una nuova regolamentazione degli strumenti di democrazia diretta anche da parte di una maggioranza degli aventi diritto al voto. Questo può essere garantito in modo più produttivo e sensato con un referendum che metta a confronto il disegno di legge popolare dell’«Iniziativa» e la proposta della Commissione legislativa. In questo modo i cittadini votanti potranno esprimere la preferenza per una delle due proposte di legge, e il Consiglio provinciale potrà, prima della deliberazione finale, apportare ulteriori miglioramenti alla nuova legge.

Il gruppo consiliare della Südtiroler Volkspartei (SVP) ha preannunciato di non voler respingere la proposta per valutazioni in merito, ma solamente per motivi tecnici in quanto i lavori della commissione legislativa per una nuova legge che si svolgono in forma di un processo partecipativo sono ancora in corso. Tuttavia sullo sfondo di tale controversia si trovano intendimenti totalmente differenti sulla natura del diritto. E la domanda è: se il diritto debba essere a servizio degli esseri umani o se questi debbano essere a servizio del diritto. Nel primo caso i cittadini hanno la possibilità di adeguare il diritto vigente all’intendimento corrente e alle esigenze, nel secondo il diritto vigente rimane il busto stretto a piacere dalla rappresentanza politica nel quale i cittadini sono costretti a muoversi.

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NOTE:

(1) Moisei Ostrogorski, “La democrazia ed i partiti politici”, Cap XII par V

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