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Cdp, e vissero tutti da statalisti e (s)contenti

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di MATTEO CORSINI

In un lungo articolo pubblicato sul Sole 24 Ore, Sabino Cassese e Giulio Tremonti ripercorrono la storia della Cassa Depositi e Prestiti e indicano quale utilizzo se ne dovrebbe fare in futuro.

Va ricordato che Tremonti è stato l’artefice della trasformazione in quella che contabilmente è ritenuta una “market unit” e pertanto esclusa dal consolidamento nel bilancio delle pubbliche amministrazioni, con conseguente beneficio in termini di riduzione del debito pubblico. Nel 2003, con la trasformazione di CDP in società per azioni e con la successiva cessione di circa il 15% del capitale a un gruppo di fondazioni di origine bancaria, si è ottenuto il deconsolidamento dal bilancio delle pubbliche amministrazioni pur mantenendo il controllo sulla stessa CDP. La quale, poi, ha assunto un ruolo crescente nelle ulteriori cessioni di quote di partecipazione in società da parte del Tesoro, che ha potuto così fare cassa e al tempo stesso continuare a controllare dette società (per esempio Eni e Poste).

Dopo aver descritto l’evoluzione di CDP, scrivono Cassese e Tremonti:

  • Trascorso più di un decennio, periodo nel quale sono tra l’altro compresi gli anni (2008-2009) in cui CDP S.p.A. ha svolto una essenziale funzione anticrisi, oggi si può concludere che la sua struttura istituzionale e statutaria ha con efficienza assicurato un pieno equilibro tra il suo status di market unit e la funzione pubblica cui era stata ed è assegnata”.

In sostanza, chi governava pro tempore ha mantenuto il controllo sulle società cedute a CDP, ufficialmente con il fine di “correggere” il mercato, sempre visto come generatore di fallimenti; più prosaicamente per esercitare potere e assegnare poltrone.

Continuano Cassese e Tremonti:

  • Oggi l’azione di CDP S.p.A. può essere sviluppata verso due obiettivi essenziali: a) apertura di una terza via, tra privato e pubblico, che combini insieme, ed al più alto grado possibile di efficienza, la logica privata e la logica di assicurare adeguati presidi pubblici; b) ulteriore riduzione dello stock di debito pubblico”.

Premesso che sul “più alto grado possibile di efficienza” è lecito avere dubbi, i due obiettivi sono in ultima analisi quelli condivisi da quasi tutti coloro che chiedono il voto degli italiani. Ognuno declina questi obiettivi con nomi diversi, ma la sostanza rimane la stessa. In pratica, continuare a controllare le società consentendo al Tesoro di fare cassa e, almeno a parole, ridurre il debito pubblico. Se poi finisse per aumentare la spesa corrente, certamente ci verrebbe detto che era inevitabile per una questione di “giustizia sociale” e altre cialtronerie del genere.

Ma CDP dove prenderebbe il denaro necessario a pagare il Tesoro? Secondo Cassese e Tremonti, “per quanto riguarda le modalità di finanziamento delle operazioni di trasferimento di partecipazioni in CDP S.p.A., le principali soluzioni in concreto individuabili sono le seguenti: (i) mezzi propri, a questo fine eventualmente utilizzando anche il risparmio postale, come consentito dalla normativa di riferimento relativa all’acquisto di partecipazioni strategiche o all’acquisto, già perfezionato nel 2012, di SACE, SIMEST e Fintecna; (ii) se necessario, previo rafforzamento patrimoniale (ad esempio, tramite conferimenti in aumento di capitale ovvero tramite apertura del capitale di CDP S.p.A. a soggetti terzi); (iii) altre forme tecniche, quali, ad esempio, operazioni miste cassa-aumento di capitale, ovvero finanziamento tramite emissione da parte di CDP S.p.A. di titoli subordinati o azioni prive di diritto di voto”.

Nono solo:una ipotesi che, in aggiunta, potrebbe essere considerata è quella di un’estensione della base azionaria di CDP S.p.A. ai soggetti del cosiddetto secondo pilastro previdenziale. Tra questi rientrano in specie i fondi pensione che, a differenza degli Enti e delle Casse previdenziali, sono al di fuori dal perimetro PA”.

Che il risparmio postale corrisponda amezzi propri” mi pare una non lieve forzatura, ancorché consentito dalla normativa di riferimento. In ogni caso si tratterebbe di una chiamata alle armi di soggetti che gestiscono il risparmio privato sotto varie forme per consentire a CDP di svolgere una “ancor più ampia missione al servizio della Repubblica”, secondo Cassese e Tremonti. Una formula che potrebbe riservare anche sorprese sgradite ai proprietari dei risparmi in questione.

Ovviamente andrebbero usate tutte le cautele e le giravolte giuridiche necessarie aconfermare che le operazioni di cessione di partecipazioni a CDP S.p.A. siano da considerare, specialmente a livello europeo, “vendite effettive”, utili alla riduzione del debito”, pur continuando ad “assicurare che, tramite la governance “pubblica” di CDP S.p.A., questa assicuri una gestione coordinata e sinergica, anche in ottica industriale, delle partecipazioni trasferite”. E continuammo a vivere tutti statalisti e (s)contenti.

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