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La piccola reunion scuote le elezioni francesi

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di SALVATORE ANTONACI

Una piccola isola dell’Oceano Indiano nota, più che altro, per la produzione di canna da zucchero e per le proprie bellezze naturali che ne fanno uno di quei paradisi tropicali visitati da frotte di turisti rischia di infiammare la già di per sé movimentata campagna elettorale francese. Ed il verbo non è scelto a caso perché la situazione vissuta in questi giorni dalla Réunion è davvero esplosiva: da cinque giorni si susseguono senza sosta proteste, saccheggi e scontri con la polizia che hanno costretto Parigi ad inviare un contingente di supporto alle locali forze dell’ordine in evidente difficoltà nel fronteggiare l’emergenza.

Réunion, infatti, come la consorella Mayotte e le caraibiche Martinica, Guadalupa e Guyana fa parte integrante della République in qualità di dipartimento/regione d’oltre-mare (i cosiddetti DOM-TOM) e per questo motivo dipende amministrativamente ed anche finanziariamente dalla madrepatria. I motivi scatenanti della sommossa vanno ricercati nei numeri spaventosi dell’economia locale: tasso di disoccupazione attorno al 30% che raddoppia nella fascia d’età dai 18 ai 25 anni e prezzi dei beni di prima necessità, carburanti ed alimentari in primis, davvero insostenibili. Proprio dal blocco della centrale distributiva del combustibile è partito l’incendio che ha contagiato diversi centri abitati della piccola comunità. In poche ore centinaia di giovani casseurs hanno seminato il panico distruggendo decine di esercizi commerciali e scontrandosi duramente con i gendarmi.

Nervi a fior di pelle e preoccupazione regnano, come facile immaginare, tra le autorità locali che, all’unanimità, hanno fatto appello a Parigi perché non lesini i mezzi per superare la crisi. Ma fino ad ora, a parte il succitato rinforzo, ancora non sono giunti segnali di disponibilità ad allentare il rigore del budget centrale. Servirebbero diverse decine di milioni di euro per contenere il disagio, ma anche una cifra tutto sommato (relativamente) modesta come questa diventa problematica in tempi di quasi recessione e spread ballerino e di rinnovo delle massime cariche dello stato a partire dalla Presidenza della Repubblica…

Per altro il campanello d’allarme era suonato per tempo visto che i fatti di queste ore sembrano la quasi perfetta copia carbone di quanto avvenuto non più tardi di due anni orsono nella lontana, ma non troppo dissimile, Guadalupa.

A differenza di allora, stavolta un impegno generico in favore di una qualche riforma sociale, come costume delle classi dirigenti transalpine, non sarebbe sufficiente a scongiurare il peggio. Anche perché, non esistendo a Réunion movimenti indipendentisti in ragione della composizione plurietnica della società isolana, il pericolo del caos che sempre accompagna una rivolta è una quasi certezza. Non c’è che dire: una bella patata bollente per i duellanti che da qui a due mesi dovranno affrontarsi per la conquista (o la difesa) dell’Eliseo. Ironia della sorte potrebbe essere un piccolo fazzoletto di terra lontanissimo a dirimere l’aspra contesa a diversamente da quanto è sempre avvenuto nella storia degli imperi coloniali. Per la serie: la periferia non esiste più.

 

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