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Il credito sociale cinese e la Costituzione affetta da collettivismo metodologico

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di MATT MARTINI III

L’Italia sta già in regime di credito sociale cinese, indipendentemente dal fatto che questo sia associato a uno strumento digitale o meno.  Quando un governo si arroga la funzione di sospendere qualsiasi dipendente pubblico che esprima legittimamente un disaccordo con le scelte politiche del governo, come ha fatto con il vicequestore Schilirò, con il giudice Giorgianni, o quando sospende migliaia di medici, anche esercitanti la libera professione, perché non intendono cedere al governo la sovranità sul proprio corpo, è evidente che l’Italia ha un vero problema di autoritarismo.

E qui purtroppo, lo dobbiamo dire agli amanti della Costituzione: la Costituzione italiana fa abbastanza schifo, non è abbastanza libertaria, è una costituzione socialisteggiante o social democratica, frutto del compromesso fra il centrismo clericale democristiano e il collettivismo social comunista. E anche del residuale lascito fascista, collettivista anche quello. Un esempio su tutti la proprietà privata: sacra su riserva, non vale se c’è un utile collettivo contrapponibile, o l’ambiguo articolo 32 sulla salute, che lascia un pericoloso spazio alla prevalenza dei diritti collettivi contro quelli individuali.

Quindi no, la nostra Costituzione, per quanto bilanciata, e dotata di elementi positivi, è parte del problema: è affetta da collettivismo metodologico. In Italia è sempre mancata una cultura liberale e libertaria e questo si riflette nella Costituzione. Mentre, va detto, i principali filoni politici organizzatori dei movimenti di massa, che hanno fondato il novecento italiano, cioè il fascismo, il movimento “popolare” centrista e democristiano, e quello social comunista, sono tutti accomunati dalla matrice collettivista, da cui la cultura italiana non si è mai del tutto affrancata.

Ora, quanto stiamo patendo in questi giorni, in termini di soprusi, arbitri e prevaricazioni, anche del legittimo diritto alla libertà di manifestare il proprio pensiero politico, è sì in parte frutto di un abuso giuridico, ma in parte è anche relativamente “legittimo”, figlio di una costituzione materiale che non è mai stata autenticamente garantista, libertaria e liberale, che tratta l’individuo, il cittadino, il dipendente pubblico, come un figlio minore, un figlio minorato o scemo, non autosufficiente né portatore di valori propri, un bimbo da educare, sotto la tutela dello Stato etico, ideologico e paternalista. La Costituzione italiana, purtroppo, non ha abbastanza anticorpi per proteggerci da una dittatura sanitaria, o da altre derive, perché in fondo con quelle condivide dei presupposti.

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