di REDAZIONE
Dire che il sud d’Italia è la nostra Grecia può essere una fredda (agghiacciante?) comparazione macroeconomica o una efficace sintesi giornalistica. O entrambe le cose. Ma è anche uno scarto linguistico e psicologico degno di nota. Non sono passati molti anni da quando il sud d’Italia era semplicemente “il problema del Mezzogiorno”, e la faglia invalicabile che divideva l’Italia che va e quella che affonda non era il Mediterraneo ma una parola, dannata eppure ineludibile: secessione. Parola a lungo agitata, con più insensatezza che vanità, da Umberto Bossi e della quale oggi neppure Matteo Salvini sa più che farsene. In mezzo c’è stata la Grande crisi, il neocolbertismo imposto dall’emergenza del governo tecnico, la scomparsa politica della “questione settentrionale”. Fatti duri come sassi, ma che non hanno colmato quell’antica faglia, che sta lì, soltanto peggiorata. L’Italia sono (almeno) due. Nel 2008 l’alleanza Berlusconi-Bossi stravi
Come in altre occasioni, la sintesi delle anticipazioni del rapporto SVIMEZ, su cui molti poi commentano, e’ allarmistica sulle condizioni del Sud, per sollecitare l’immancabile intervento dello Stato, ma non del tutto appropriata per comprendere cosa stia realmente accaadendo nel Sud Italia.
Un’interpretazione piu’ appropriata di quanto accaduto nel Nord e nel Sud Italia negli ultimi 10 anni circa e’ la seguente:
1) il Sud e il Nord Italia arrancano agli ultimi posti di tutto il mondo come crescita economica, conseguenza di una crisi generale dello Stato italiano che e’ evidente statisticamente almeno dal 1995 in poi. Non ci sono grandi differenze tra Sud e Nord Italia (vedi: http://scenarieconomici.it/pil-pro-capite-regioni-italiane-2000-2012/), sono entrambi in crisi di lungo periodo.
2) La vera differenza tra Sud e Nord e’ l’andamento del numero degli abitanti, e la principale differenza sta in due fatti:
– gli immigrati, i cui numeri sono ai vertici mondiali in Italia dal 2002, vanno quasi tutti al Nord (a spanne l’85% al centro-nord, il 15% al Sud)
– c’e’ una significativa emigrazione da Sud a Nord, come sempre, mentre non c’e’ movimento significativo da Nord a Sud (come sempre).
Vedi http://scenarieconomici.it/i-dati-demografici-delle-regioni-italiane-2002-2013/.
Come conseguenza di (2) il Sud ha gli stessi abitanti di 10 anni fa circa, mentre il Nord ne ha il 10% in piu’, 10% che sono praticamente tutti solo immigrati, perche’ se e’ vero che la natalita’ del Sud, un tempo significativamente superiore a quella del Nord, e’ oggi inferiore (di molto poco), le differenze di natalita’ (dovute peraltro agli immigrati nel Nord) non contano per ora nulla, tutta la differenza viene dalla differente immigrazione.
Di conseguenza, quando SVIMEZ lamenta che il Sud ha perso il 13% del PIL rispetto al Nord, fa un’operazione di confusione lagnona, e non aiuta a capire le linee principali di cosa sia successo, che e’ invece questo: le condizioni materiali dei residenti del Sud e del Nord arrancano penosamente nello stesso modo, ma nel Nord ci sono il 10% circa di abitanti in piu’ rispetto a 10 anni fa, tutti immigrati, e questa e’ la differenza principale che fa si’ che in 10 anni il PIL del Nord e’ aumentato il 13% piu’ di quello del Sud, senza – ripeto – alcun miglioramento relativo delle condizioni dei residenti del Nord.
Il sottosviluppo del Sud e’ una caratteristica permanente dell’Italia dall’unificazione in poi ed e’ fuori luogo sottolinearla ora. Il problema evidente e’ lo Stato italiano, che funziona male.