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Lo stato dell’arte dell’indipendentismo veneto

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di ENZO TRENTIN

Per le elezioni regionali nel Veneto, del 2015, la Corte d’Appello decise di fare un ulteriore approfondimento (ça va sans dire: il terzo) per l’assegnazione dei seggi in base ai resti. Il presidente Luca Zaia si era frattanto lamentato per questo iter, durato oltre un mese, senza rendersi conto che probabilmente le difficoltà sorgevano dall’interpretazione della legge elettorale emanata dalla precedente amministrazione, sempre a guida Zaia. La conclusione fu che ad  “arrampicarsi” in Consiglio regionale fu una persona assai disinvolta, candidata nel collegio di Vicenza, portatrice di una genealogia politica inopportuna.

Poco tempo dopo la nomina, i suoi ex compagni di cordata gli si rivoltarono contro«Ha firmato un patto, paghi 200 mila euro» […] Via l’indipendenza dal logo, faremo causa al consigliere Antonio Guadagnini.» E lui di rimando: «Volevano impormi cosa fare, quel testo non vale». 

«Il problema sostanziale non è l’aspetto economico – precisava Roberto Agirmo, suo compagno di coalizione elettorale – ma il tradimento degli ideali indipendentisti, dei tanti militanti, della fiducia. Della causa». Il patto di cui parlano è consultabile qui. E invero è molto ampio e vincolante. A queste accuse il consigliere Guadagnini replicò: «Se mi fanno causa, mi difenderò. Sono tranquillo, perché per fortuna la Costituzione dice che si è eletti senza vincolo di mandato. Quell’accordo neanche l’ho letto, era nelle carte da firmare per la candidatura e sono tutte cose che non vincolano. Un patto leonino senza valore. Duecentomila euro sono una bella cifra: per fare le cose per bene bisognava andare davanti ad un notaio».

Un consistente numero di elettori – non necessariamente di fede indipendentista – ha riflettuto sulle dichiarazioni di questo “rappresentante” sotto il profilo etico-morale:

  1. Egli si appella alla Costituzione la quale dice che si è eletti senza vincolo di mandato. Ne consegue che gli elettori non scelgono il loro “rappresentante” per portare in sede appropriata le loro istanze, ma più probabilmente votano il loro “padrone”. 
  2. In ogni caso, costui non accetta di cooperare con i suoi alleati malgrado gli impegni assunti anche verbalmente. Tanto meno, si suppone, accetterà le richieste dei suoi mandanti, ovvero chi l’ha votato.
  3. Antonio Guadagnini sostiene d’aver firmato l’accordo elettorale senza averlo letto, e di non considerarlo vincolante. Ovvero i veneti hanno un “rappresentante” regionale irresponsabile. Firma alla cieca, benché “sul suo onore”. Non ritiene di dover rispettare i patti sottoscritti senza che gli sia stato per questo torto un braccio, e li considera leonini. 
  4. È palesemente così poco responsabile che pretende d’avere l’avvallo e la garanzia notarile per riconoscere un preciso impegno politico liberamente assunto.
  5. Se la sua firma in calce ad un accordo spontaneamente sottoscritto non vale nulla, quanto varrà la sua parola?

Ora, a prescindere dalle beghe tra politicanti, le legittime domande di molti cittadini veneti che aspirano non tanto all’autodeterminazione quanto ad una vita pubblica costumata e ordinata, sono: 

  • Questo spigliato rappresentante politico a che tipo di Stato Veneto indipendente può condurre?
  • I militanti di “Siamo Veneto” (il gruppo politico creato ad hoc dal Consigliere regionale Antonio Guadagnini) hanno coscienza di questi aspetti etico-morali? 
  • I predetti attivisti hanno consapevolezza della singolarità e dell’irresponsabilità di tali dichiarazioni, e conseguenti comportamenti politici? 
  • Giovedì 12 luglio 2018, i movimenti “Indipendenza Veneta” e “Siamo Veneto” hanno convocato una conferenza stampa, presso il consiglio regionale del Veneto, per comunicare l’intenzione di avviare un percorso comune che porti l’indipendentismo a centrare i prossimi obiettivi con coralità e collaborazione. Erano avversari alle elezioni regionali del 2015, adesso vogliono costruire una casa comune per tutti gli indipendentisti veneti, sapendo che la prossima tappa sarà quella delle urne del 2020 quando si tornerà a votare per Palazzo Balbi. Juri De Luca, portavoce di “Indipendenza Veneta” ha dichiarato: «Il nostro percorso fin qui è stato condito da coerenza, chiarezza e credibilità. Ora stiamo aggiungendo la concretezza, che serve per portare a casa i risultati di cui il Veneto necessita». Gli attivisti di queste due formazioni sedicenti indipendentiste hanno la percezione del fatto che avvallando questo modo di fare politica sono conniventi, complici, e favoreggiatori di una mala politica nella quale prevalgono episodi di dissolutezza?
  • Considerata la disaffezione ad esercitare il voto da parte di oltre il 50% degli aventi diritto, possono essere questi disinibiti comportamenti politici a risolvere le questioni che affliggono i veneti e gli italiani in generale?  

Le persone sono diventate sempre meno capaci di analizzare razionalmente le idee e i comportamenti corretti, così ricorrono immediatamente all’uso della forza per mettere a tacere le voci che sfidano la loro visione del mondo. È un segno dell’ipersensibilità del mondo contemporaneo che le persone istintivamente mettano a tacere le opinioni contrarie piuttosto che conversare e dibattere con coloro con cui non sono d’accordo. Dibattere, poi, presuppone una certa capacità di discernimento, sagacia, buonsenso.  

La ragione e il senso del dovere devono guidare il nostro cammino sul viale dell’etica. E seppure etica e morale vengono spesso confuse o scambiate come fossero esatti sinonimi nella pratica (tutti noi usiamo indistintamente espressioni come “non rubare è eticamente corretto”, oppure “non rubare è moralmente corretto”), se vogliamo essere pignoli e riferirci al significato effettivo dei due termini, dovremo più precisamente concludere che: l’etica cerca di studiare delle regole oggettive in base alle quali poter definire i comportamenti corretti e buoni; la morale è la percezione che gli individui hanno sul fatto che determinati comportamenti siano corretti e buoni.

La filosofia morale è una riflessione, quasi una sorta di indagine speculativa, sul corretto agire. La morale non cambia in relazione al soggetto, ma tiene conto solo dell’oggetto, della realtà a cui viene applicata. Accade in vero assai spesso, che si confonda l’agire moralmente con l’essere un moralista (in senso dispregiativo): è morale solo colui che si comporta in maniera morale di fronte ai casi della vita, non chi si limita a giudicare, con eccessiva intransigenza e ipocrisia, la moralità altrui. Salvo, poi, magari adottare comportamenti tutt’altro che morali.

C’è, inoltre, il concetto di dovere che si pone in questi termini: rispettare i bisogni e i desideri altrui, e non creare infelicità al nostro prossimo. La ragione ci consente di perseguire una morale oggettiva ma, nello stesso tempo, autonoma; la ragione ci indica come sia doveroso agire (addivenendo, così, a una morale razionale), fermo restando che occorrerà purificare la ragione da condizionamenti ancestrali presenti in ciascuno di noi, derivati dall’esperienza individuale. Dunque, troppo soggettiva e per ciò stesso nemica di ciò che aspiriamo a conseguire.

E la libertà? La libertà assoluta esiste solo se vi sono delle regole assolutamente morali. Queste regole ci permettono di rispettare il nostro prossimo e, conseguentemente, di poter essere applicate in maniera oggettiva. Immanuel Kant non ci dice quale sia la morale universale, ma ci aiuta nella nostra ricerca, fornendoci alcuni precetti basilari:

  1. Agisci avendo cura di verificare se la tua azione può essere universalizzata: rubare, può essere categorico se muori di fame, ma non potremo certo definirlo universalizzabile; quindi, rubare non è senz’altro morale.
  2. Agisci in maniera da trattare l’umanità come un fine, non come un mezzo: Machiavelli, nel dare consigli di vita al “suo principe”, ricorda che questi dovrebbe porre maggiore attenzione al fine e non al mezzo; l’uomo deve ricordarsi sempre che il suo fine ultimo è il benessere degli altri, e non usare gli altri come mezzo per ottenere il proprio fine.

Con queste sommarie considerazioni passiamo ad analizzare lo “stato dell’arte” dell’indipendentismo veneto, convenzionalmente considerato come il più effervescente in Italia. Ebbene non possiamo che constatare il suo assopimento, dovuto principalmente alla repressione dell’indipendentismo catalano, considerato che da circa dieci mesi sono in carcere alcuni esponenti indipendentisti il cui unico reato risiede nelle loro idee, non in attentati terroristici o fatti di sangue. La Guardia Civil della “democratica” Spagna ha profuso manganellate con dovizia, a una folla inerme e pacifica, che sono state riprese dalle televisioni di mezzo mondo. Insomma, pensare alla “conquista elettorale” della Regione Veneto come premessa all’indipendenza non sembra premiante, né agile e tantomeno celere.

C’è poi l’oggettiva “noncuranza” della questione da parte degli Stati nazionali, dell’Ue, e della politica internazionale. Gli Stati nazionali, ovviamente, non hanno interesse a vender ridotto il loro potere su territori e popolazioni residenti. I “tax consumer”, genericamente identificabili nella casta politico-burocratica potrebbero veder limitati i loro agi, privilegi, rendite politiche e quant’altro affine, che sono sempre rimborsati a piè di lista dai contribuenti. L’Ue, malgrado le sue enunciazioni di principio, rappresenta gli Stati e non i popoli che li compongono, lo abbiamo visto con la Spagna. Infine, l’indipendentismo veneto non ha mai coltivato sostegni internazionali di una qualche rilevanza che lo appoggi, e ne supporti le rivendicazioni. 

Esiste una “domanda” di autodeterminazione da parte di una fetta consistente di popolazione veneta, ma all’attivismo indipendentista manca una Intelligencija generatrice di un progetto istituzionale innovativo. Non c’è qualcuno che sia veramente in grado di motivare, guidare e condurre alla vittoria. La militanza politica veneto-indipendentista è assorbita in revival folkloristici che si appagano di simboli: un’infinità di leoni marciani, bandiere, gadget, et similia. Si imbeve di reminiscenze storiche legittime, indispensabili e meritorie, ma che finiscono per idealizzare un passato non più replicabile. Ci sono poi coloro che in maniera molto naïf rivendicano leggi e diritti, dimenticando che la partitocrazia ha più volte eluso la sua stessa Costituzione.

A questo proposito un interessante punto di vista dello scrittore e giornalista Romani Bracalini lo si trova qui. Mentre un diritto che nessuno riconosce non vale molto. Tant’è che l’avvocato Alessio Morosin, fondatore e guida del movimento “Indipendenza Veneta”, s’è visto rigettare dalla Corte Costituzionale – nell’udienza del 28 Aprile 2015, con sentenza 118/2025 – il preteso diritto all’autodeterminazione.

I partiti politici tradizionali hanno poi artatamente sviato la questione dell’autodeterminazione proponendo un referendum (consultivo, quindi senza effetti deliberativi) sull’autonomia del Veneto, ben sapendo che autonomia e indipendenza non sono sinonimi, e quindi giocano sull’equivoco. La rappresentanza movimentista e partitocratica dell’indipendentismo veneto si è di converso distinta per animosità, malanimo e rancore, a cui vanno aggiunte la frammentazione, l’inutilità e l’insignificanza elettorali. Infine, come abbiamo visto più sopra, i politici veneti sedicenti indipendentisti, non brillano per indubbi comportamenti etico-morali. Tutti sembrano ignorare che la fama è fugace, mentre l’infamia dura molto più a lungo.

La ragione e il senso del dovere guidano il cammino sul viale dell’etica. Quando si è convinti di fare la cosa giusta, quando si avverte l’imperativo categorico di compiere ciò che è reputato doveroso anche contro il nostro stesso interesse personale, allora significa che la ragione ha vinto sulle passioni, e facendoci comprendere come l’imperativo morale sia da ritenersi universalmente incondizionato, ci conduce liberamente sulla strada di un agire eticamente e moralmente valido.

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3 COMMENTS

  1. Quando si e’ consapevoli di un diritto e non si sopporta piu’ di esserne privati, non si puo’ non battersi per farlo valere, costi quel che costi… il danno ce lo facciamo da soli se si rinuncia… e purtroppo troppi han fatto l’abitudine ad essere “schiavi”… e quel che e’ peggio e’ che i piu’ furbi ci marciano pure facendo finta di fare qualcosa per cambiare la situazione, alla fine solo per se stessi… che tristezza!.. chissa’ se intimamente si vergognano!

  2. Alle persone piu’ accorte l’opportunismo del candidato Guadagnin in un momento molto importante del cammino dei Veneti verso l’indipendenza che Plebiscito.eu portava avanti con perseveranza ma nel totale silenzio della stampa, se non per demolirlo, era parso scandaloso… con che faccia i gestori regionali delle elezioni mercanteggiavano sulle parole… Purtroppo e’ il malcostume della politica e dei soggetti che vivono di essa pensando ai propri vantaggi immediati… coerenza? principi? non sono roba per loro….

  3. Erano ben intuibili le aspirazioni del Guadagnin appena entrato nel movimento, ma esporle si rischiava la censura dei seguaci, quelli poi pentiti nell’aver aver sostenuto il traditore, altri son rimasti tali forse perchè crudi nel comprendere l’azione, forse perchè complici. Per i restanti originali, pure e crudi che già s’erano accorti dell’inganno, la campagna mossa nei loro confronti fu assai denigratoria. Basti pensare cosa accadde al VIEST; guardie-gorilla assunte a sorpresa dai vili traditori formarono scudo al golpe a quelle elezioni-votazioni farsa che ancora una volta andavano a disintegrare e sovvertire il movimento base.
    Sembra per i polentoni la storia inesorabile si ripeta, dalla Liga Veneta fagocitata dalla lega Nord, così PNV, poi Veneto Stato e Indipendenza Veneta… Quando il movimento si fa serio ecco entrarvirci infiltrati ricchi di risorse che strappano le redini e conducono anzichè alla meta, in un giro tondo. Così i Veneti han perso 30 anni con la Lega, oggi idem, stessa strategia, distrazione atta a sviare dalla vera meta.
    Ancora un “Ricavini” amante della carega, del compenso sistemico italico, ex UDC voltagabbana e traditore verso chi si fidava, mettiamolo nel girone dantesco.

    sz

    – fondatore PNV-VS-IV

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