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L’ocse, il tempio keynesiano che non vede le bolle

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ocsedi MATTEO CORSINI

“In un contesto caratterizzato da un’inflazione sempre molto debole, da anticipazioni su un’inflazione in ulteriore calo e da capacità inutilizzate ancora importanti, la politica monetaria deve rimanere decisamente espansionista. Tanto più che gli squilibri macroeconomici frutto di questo orientamento sembrano per ora alquanto limitati. Al momento non esiste alcun segnale di formazione di bolle speculative nell’eurozona, specificamente per quanto attiene il settore immobiliare”. L’OCSE, a cui vanno attribuite le parole di cui sopra, è uno dei templi del keynesismo sovranazionale, consiglia alla BCE di mantenere una politica monetaria espansiva, data la bassa crescita dei prezzi al consumo e l’elevata capacità produttiva inutilizzata. Il tutto contando sul fatto che “non esiste alcun segnale di formazione di bolle speculative nell’eurozona”.

Posto che la dinamica dei prezzi del settore immobiliare è già piuttosto vivace nei Paesi dove l’impatto della crisi è stato minore (per esempio in Germania), all’OCSE sembrano non essersi accorti che ci sono, solo nell’eurozona, circa 2800 miliardi di titoli a rendimento negativo, di cui 300 sono titoli di Stato italiani.

Oppure se ne sono accorti, ma sposano la tesi dell’eccesso di risparmio, tanto cara agli inflazionisti e lanciata a metà del decennio scorso da Ben Bernanke. Ciò che eccede è il denaro creato dal nulla, non il risparmio. Le due cose si equivalgono nel mondo keynesiano, ma non in quello reale.

Ciò detto, secondo l’OCSE la BCE dovrebbe rendere noto di accettare una crescita dei prezzi al consumo anche superiore al target del 2%, giusto per ricreare le giuste aspettative: “Il fatto di accettare esplicitamente, da parte della Bce, che l’inflazione possa anche superare il target di riferimento del 2% nel corso dei prossimi due anni senza che ci sia una risposta sotto forma di decisioni restrittive, consentirebbe di rafforzare l’impatto della politica monetaria sulle aspettative d’inflazione”.

Ora, la domanda è: chi trarrebbe beneficio da una situazione del genere? Coloro che oggi sono direttamente o indirettamente (tramite fondi pensione e polizze vita) possessori di titoli che rendono poco o addirittura meno di zero? Oppure gli emittenti di quegli stessi titoli, che poi sono principalmente Stati? Credo che le risposte siano ovvie. Ma tranquilli, non c’è nessuna bolla.

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