di LEONARDO FACCO
Roberto Maroni riesce a varcare pervicacemente la soglia del ridicolo quando si lancia in affermazioni roboanti. Ricordate quando urlava secessione? E quando diceva di smantellare i campi nomadi? E quando prometteva che, se lui fosse stato eletto, in Lombardia sarebbe rimasto il 75% delle tasse che i contribuenti pagano? Oggi, sappiamo che stava solo scherzando, erano solo battute di spirito.
L’altro ieri, dopo la devastante sceneggiata messa in atto dalla teppaglia collettivista in quel di Milano, Maroni – che qualcosa di duro deve avercelo per forza – ha rilanciato: “Faremo causa ai centri sociali per i danni del corteo No Expo”. E ancora: “Fossi stato io ministro dell’Interno avrei sospeso l’area Schengen 15 giorni fa”. Un secondo dopo, Fabrizio Cicchitto, già suo alleato ai tempi del governo di Silvio Berlusconi, lo ha sbugiardato: “Maroni dimentica Roma 2011 quando era ministro”, rammentandogli nel dettaglio quel che accadde nella capitale d’Italia coi “no-global” in azione, quando lui era il “Capo di tutti i prefetti”.
Tra le tante, al “governatore” lumbard bisognerebbe anche rammentare che, scagliandosi contro i centri sociali, s’è dimenticato di una cosetta mica da poco: il capo del suo partito proviene proprio da lì, per la precisione dal Leoncavallo.
Ai tempi in cui a Milano era sindaco un tale Marco Formentini, candidatosi con la Lega Nord nel 1993 (in piena Tangentopoli), in Consiglio comunale venne eletto con 194 voti Matteo Salvini. A quei tempi, il Leoncavallo, centro sociale frutto di un’occupazione abusiva, era noto per le sue intemperanze ed i casini in giro per la città. Per Formentini era considerato “un problema di ordine pubblico” e per i Leoncavallini in città non ci sarebbe stato posto: “Non ho sedi da dare loro, cacceremo via questi randagi dalla città”, ringhiava impettito. La vicenda venne discussa a Palazzo Marino. E chi prese le difese degli anarchici-comunisti tanto invisi a Formentini? Matteo Salvini! Che, per l’occasione, dichiarò: “Gli incidenti sono avvenuti per colpa di pochi violenti, mentre i quindicimila giovani che hanno manifestato avevano ragioni giuste e condivisibili, ma sono stati strumentalizzati”. Parole che ricordano quelle di un Alfano qualsiasi.
Matteo Salvini, al secolo “nullafacente” (come dichiarato da lui stesso in tv), il Leoncavallo lo conosceva benissimo, per il fatto che lo ha frequentato per almeno un paio d’anni. Le cronache di quei giorni ci riportano quanto segue: “Facevo il liceo – racconta Salvini al settimanale Epoca – e tutti i miei amici erano lì. Era un posto ottimo per passare la serata a chiacchierare e bere una birra”. Ancora: “Il Leonka ha il diritto di essere legalizzato, basta che paghi acqua, luce, telefono e Siae. Io non ci vado più perché adesso sono consigliere comunale”. Ovviamente, nonostante la giunta leghista abbia governato per 4 anni, non solo le bollette il Leoncavallo non le ha pagate, ma neppure è stato sgomberato l’edificio e, tantomeno, sono finite le manifestazioni intemperanti ed i cortei degli amici di Salvini.
Vabbé, in quegli anni Salvini era solo un “supergiovane”, per dirla con Elio e le Storie tese. Ha capito presto che per far carriera bisognava assecondare l’Umberto e indossare la camicia verde, anziché quella rossa. Ma Maroni no… ha gli anni dei datteri, dovrebbe smetterla di dire fregnacce.
magari dovrebbe smetterla di fare il politico, poi le scemenze può continuare a dirle…
Magnifico 😀