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Matteo renzi è il solito ballista e tassa i fondi pensione

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RENZIMAGOdi MATTEO CORSINI

“Si tratta di un aumento su alcune operazioni per diminuire le tasse sul lavoro… La tassazione sui fondi pensione sarà meno conveniente per 450 milioni”. Firmato, Matteo Renzi.

Un paio di giorni fa, commentando l’affermazione di Renzi in merito al calo delle tasse che lui spaccia per reale e che, al contrario, è solo un argomento di propaganda per persone incapaci di intendere e di volere, avevo notato che il presidente del Consiglio, nel parlare di riduzioni di imposte, ometteva di ricordare gli incrementi alla tassazione sui redditi di natura finanziaria, la cui aliquota è passata (fatti salvi i titoli di Stato) dal 20 al 26 per cento da inizio luglio. Un aumento la cui permanenza, al contrario del famoso bonus da 80 euro, non è mai stata messa in discussione e sul quale è calato un silenzio assoluto dopo l’entrata in vigore.

Nella legge di stabilità presentata dal Consiglio dei ministri, però, c’è anche di peggio: un aumento dell’aliquota sui fondi pensione che è intenzione del governo portare dall’11.5 al 20 per cento a partire dal 2015 (a luglio c’era già stato un ritocco dall’11 all’11.5 per cento).

Oltre a essere l’ennesimo provvedimento varato da uno Stato alla ricerca di ogni possibile fonte per rimpolpare casse sempre esangui perché manca la volontà politica di porre una seria inversione di tendenza alla spesa pubblica, con la bastonata ai fondi pensione pare che Renzi voglia incentivare le persone a chiedere l’anticipo del TFR in busta paga (anche quello, tra l’altro, pare sia destinato a non godere della tassazione agevolata prevista quando lo si percepisce alla fine del rapporto di lavoro).

Renzi presentò l’aumento dell’aliquota dal 20 al 26 per cento come un provvedimento volto a penalizzare le “rendite finanziarie” e la “speculazione”. Due motivazioni che io non condivido, ma che notoriamente fanno presa sull’italiano medio, a maggior ragione se elettore di Renzi e affini.

Per me è sempre stato chiaro che si trattava, invece, di prendere i soldi dove era più facile trovarli e che penalizzare il risparmio per cercare di spingere la gente a spendere in consumi fosse la reale filosofia di fondo di quel provvedimento.

Adesso Renzi pensa di rendere “meno conveniente” la tassazione sui fondi pensione, infierendo su coloro che già percepiranno pensioni da fame e che hanno l’assoluta necessità di accantonare in strumenti di previdenza integrativa per non finire a fare i barboni.

Il tutto per arraffare soldi per un bilancio sempre scassato e per spingere le persone a consumare oggi senza pensare al futuro. Verrebbe da dire che è keynesiano, ma sarebbe un’offesa anche per i keynesiani.

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