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Non mi piacciono le critiche al neonato partito dei veneti

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di EUGENIO FRACASSETTI

Mi piange il cuore nel leggere articoli al negativo come quello in prima pagina ieri sul Miglioverde, giornale che fu pur sempre fondato dall’amico Gilberto Oneto. Non è giustificabile un nichilismo malevolo, se solo pensiamo a quanto lieve e spiritosa – oltre che spietata – fosse stata la penna di Gilberto. Sarebbe invece necessario che tanti “leoni della tastiera” specie se anche loro veneti, capissero gli sforzi, forse ingenui ma pur sempre genuini e onesti, di tanti giovani che tentano – democraticamente – di tirarsi fuori, e tirare fuori il Veneto, da un kafkiano e ormai secolare vicolo cieco. Sarebbe quindi giusto non mettere sempre e solo in primo piano il pessimismo, spesso interessato, quando si parla delle speranze di un popolo frustrato dalla storia e della politica, e sarebbe invece opportuno appoggiare con una sana dose di ottimismo e di proposte gli sforzi di chi in questi giorni ha fondato il PARTITO DEI VENETI nella considerazione che… Non se pol far de manco!

D’accordo, il Veneto non sarà la Catalogna con le sue mega manifestazioni politiche ma poi, tutto questo populismo di strada, è sicuro che a qualcosa possa servire? C’è stata una anche a Roma sabato scorso una manifestazione oceanica, ma poi… chi se ne frega… è forse caduto il governo? Ci hanno concesso l’autonomia? Ma cossa?

Sappiamo bene per esperienza, noi vecchi, cosa succede dopo una processione di milioni di persone, a Barcellona come a Roma. Ormai anche nel Veneto le persone sono così smaliziate che non credono più a nulla se non ad una riscossa sul piano individuale, sul piano del lavoro; forse su quello della politica e su quello dell’onestà, dopo tutti i tracolli politici ed economici subiti in questi ultimi secoli. Quindi, anche in questo giornale, l’entusiasmo delle giovani generazioni va assecondato e condiviso perché rappresenta pur sempre una speranza, e questo PARTITO DEI VENETI può ancora dar corpo a questa speranza se la meritocrazia al suo interno vincerà. Il mio tempo, come quello di tanti altri della mia generazione, è passato. Diamo quindi spazio alle nuove energie che spontaneamente emergono perché, se la politica cammina con le gambe degli uomini, anche noi padri e noi nonni dobbiamo sostenere e non censurare questa nuova espressione di spontaneo entusiasmo popolare… magari che stavolta non sia la volta bona!

Per partire con il piede giusto, però, ritengo necessario fare, e far fare anche ai giovani, un serio esame di coscienza che conduca tutti ad avere la misura delle vergognose e laceranti sconfitte che il popolo veneto ha dovuto subire da quando la “questione” veneta – fin da quel 1866 – è stata posta sul tappeto politico italico, senza che ancor oggi sia stato possibile intravvedere una sua vera soluzione.

La prima sconfitta avvenne proprio in occasione di quel plebiscito/truffa del 21/22 ottobre 1866 che portò alla forzata annessione del Veneto all’Italia savoiarda e che portò questo nostro popolo al degrado della fuga all’estero e al cannibalismo interno per fame.

La seconda atroce sconfitta subita dal Veneto è derivata dalla precisa volontà politica di sole tre persone che nel 1915, facendo violenza ad un parlamento neutralista, decisero di far entrare in guerra l’Italia a fianco della coalizione dell’Intesa, portando l’intero campo di battaglia nel territorio triveneto del nord/est. Questi personaggi furono: il Primo ministro di allora, il calabrese di Troia Antonio Salandra; il suo braccio destro Ministro degli Esteri Sidney Sonnino, egiziano d’origine e naturalizzato toscano; ed il napoletano re d’Italia Vittorio Emanuele III.

In una mia pubblicazione (L’Oscura Trama, Il Cerchio Ed., Rimini 2014) ho ricordato – fuori dal coro della storiografia di regime – che negli anni e nei mesi immediatamente precedenti l’ingiustificata entrata in guerra dell’Italia, il plenipotenziario per l’Austria conte Bernhard von Bulow concedeva al Ministro degli Esteri italiano Sonnino, Trento e Trieste e tutti i territori successivamente avuti dall’Italia dagli accordi di Versailles… questo in cambio della neutralità! Niente! Solo sangue!

Ho ricordato che il popolo Veneto negli anni che precedettero il conflitto era scosso – molto più di oggi – dall’ansia di autonomia e d’indipendenza da Roma. Con l’appoggio di tutti i suoi rappresentanti al parlamento romano, il Veneto chiedeva con impazienza ed insistenza una grande riforma federalista dello Stato. Noi però questa riforma, che sembrava dovesse essere posta all’O.d.G. in parlamento e concessa da una settimana all’altra… da un giorno all’altro… la stiamo ancora aspettando!

Io scrissi allora, ed ancora lo ripeto, che motivo dell’intervento dell’Italia in quella guerra non fu semplicemente il recupero di Trento e Trieste, ma in verità quello di delegare all’Austria il genocidio di un’intera generazione di giovani uomini italiani, in particolare veneti e lombardi (650 mila caduti) per chiudere definitivamente – secondo una logica tipicamente mafiosa di sparare sul mucchio – la bocca a chi aveva avuto il coraggio di sfidare la centralità del potere assoluto del moderno Impero Romano! Orribile!

Per il resto, cosa che successivamente venne allo scoperto con grande scandalo popolare da queste parti, i giovani del sud nel 1915 furono per tanta parte renitenti alla leva militare perché, su invito delle mafie locali… o emigrarono in massa negli U.S.A., o si diedero alla macchia… o si arruolarono tra le fila dei “carabinieri” che, nel corso della Prima Guerra, avevano il compito di spronare e di sparare alle spalle a chi si attardava dall’uscire dalla trincea per non farsi ammazzare dalle mitraglie austriache. O di eseguire le numerosissime condanne a morte contro i lombardo-veneti incolpati di ogni ipotetico tradimento della patria (750 esecuzioni solo dopo Caporetto!

La terza sconfitta – lasciando da parte per carità di patria l’esame della Seconda Guerra Mondiale che ha avuto quale nucleo originario il fascismo romano del 1922 – fu la fratricida lotta partigiana svoltasi tutta intera nell’Italia centro settentrionale fra il 1943 e il 1948, ed in cui il Veneto, conteggiato tra le poche regioni d’Italia in lotta contro il fascismo, ha avuto in assoluto il maggior numero di caduti (6.392 tra uccisi in combattimento e giustiziati, su di un totale di 30.896 partigiani caduti)[Giovanni Pirelli, Lettere dei condannati a morte della Resistenza eu., p. 482]. Le cifre riguardanti i caduti della parte avversa non furono inferiori.

La quarta ed ultima significativa sconfitta del popolo veneto, che qui voglio ricordare, è il recente boicottaggio da parte del governo a partecipazione leghista, della volontà espressa dai veneti (92%) a favore di una più estesa autonomia regionale. Noi veneti, con quel referendum del 22 ottobre 2017, non abbiamo chiesto il federalismo…! No! Non sia mai… perché ancora una volta i romani ci avrebbero scatenato contro una guerra (politica)… ma chiediamo semplicemente un’estensione dell’autonomia regionale per dare efficienza ed economicità ai servizi dello Stato. Però a Napoli hanno detto NO! Si tratta, sia ben chiaro, di uno schiaffo in faccia sferrato dai “plenipotenziari” partenopei e dal loro portavoce politico Giggino di Maio al popolo e alla Regione Veneto, personaggi che non si sognano minimamente di inchinarsi di fronte alla Carta Costituzionale che, all’art. 5, dichiara: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”… intendendo invece manovrarla a loro piacimento. Una elementare considerazione ci fa dire, considerando il tutt’uno di questa frase che tutta si tiene, che, se la Repubblica italiana non riconosce, non riconoscerà né promuoverà le autonomie locali quale conquista antifascista pagata col sangue e con la vita da quelle 30.896 persone del centro-nord nel corso della Resistenza antifascista, bene, allora anche il concetto di Italia una e indivisibile dovrà necessariamente essere rivisto, posto in discussione e cadere! Questo dice la logica e la politica! Però… niente di niente! E andiamo avanti così!

Mercoledì 16/10 u.s. il palermitano Presidente Mattarella – non eletto da nessun popolo – si è presentato al Presidente degli Stati Uniti – legittimamente eletto dal suo popolo – in visita di rappresentanza dell’Italia, ed ha parlato in mondovisione quale rappresentante del popolo italiano…

Lo stesso Presidente del Consiglio, il pugliese Giuseppe Conte – mai eletto da nessun popolo in nessuna elezione – è anche lui di casa alla Casa Bianca e in tutti gli alti consessi politici mondiali a rappresentare solo se stesso e non certo gli italiani… non certo i lombardo – veneti…, e tutto ciò da secoli viene tollerato! Ma in questo paese, a che gioco stiamo giocando, se ormai si sono capovolti tutti i valori umani e rappresentativi di un popolo. In quale vicolo cieco politico, anche noi veneti siamo andati a cacciarci? Non ci rendiamo ancora conto che questo non è altro che il gioco delle tre carte in cui noi, per la stragrande maggioranza persone laboriose, oneste e ingenue, saremo sempre perdenti?

Ora, a mio parere, la domanda da porci è questa: A cosa mai sarà servito tutto il sangue versato dai popoli padani – e solo da loro – in tutte queste battaglie: a partire dalle tre guerre chiamate per l’Indipendenza nazionale di risorgimentale memoria, e poi nelle due guerre mondiali (che hanno coinvolto solo molto parzialmente il centro-sud italiano) e poi nell’epopea partigiana antifascista volta contrastare il fascismo centralista romano, se le regioni del nord Italia sono oggi divenute perfettamente succubi di questo moderno Impero Romano e della logica dei poteri avulsi che lo pervade… se ormai queste grandi nazionalità storiche del nord Italia sono state relegate ai margini del potere politico che conta in Italia e in Europa, mantenendo l’unica funzione di bancomat sempre pronto ad assoldare e coprire gli enormi sprechi dello Stato e delle altre regioni più a Sud? Sarebbe ora e tempo, finalmente, di porcelo tutti insieme questo problema, con grande attenzione e serietà!

Infatti, quando oggi parliamo dell’immane debito pubblico italiano dobbiamo sempre ricordare come, fin dall’origine dell’unità nazionale italiana, e cioè fin dall’anno 1861, le Regioni Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Triveneto abbiano sempre avuto il loro residuo fiscale generosamente conteggiato in positivo nei confronti delle altre regioni italiane del centro-sud, e come queste popolazioni del centro-nord si siano sempre dimostrate pronte a concedere cristiana e concreta solidarietà alle altre etnie “svantaggiate”. A rigor di logica, quindi, queste regioni virtuose, a tutt’oggi dovrebbero essere considerate – a conti fatti – le vere e legittime detentrici del potere politico ed economico di quest’Italia con le pezze nel culo, avendo storicamente sempre “dato” al paese molto di più di quanto ricevuto… Oltre al sangue della loro miglior gioventù! E la conseguenza minima di questo ragionamento sarebbe quella, almeno, di trasportare la Capitale d’Italia nella terra che più merita: la Lombardia.

Non si può in Italia accettare supinamente un ribaltamento radicale – complici i recenti colpi di stato iniziatisi con Monti l’11/11/2011 – di tutti i valori etici, etnici, storici, umani, civili e militari che, solo loro, hanno permesso l’avviamento dell’unità nazionale italiana!

Se le cose stanno così, ma stanno davvero così…! Se questi sono i risultati di oltre un secolo e mezzo di una così sanguinosa e tragica storia patria, allora, appare anche legittimo incominciare tutti insieme a pensare come ormai, in tutta evidenza, l’esperimento risorgimentale abbia miseramente fallito la sua missione, e come sia anche giusto e lecito il pensare di ritornare all’origine… e cioè alla precedente grande civiltà italica dei diversi Stati Sovrani…!

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5 COMMENTS

  1. OK, Mister Nextein, ma per fare le cose senza suicidarsi serve uno strumento fondamentale che il Veneto non ha mai posseduto: un partito politico di riferimento e di massa, come ha dimostrato da sempre il Sud Tirolo… e servono quattro figure umane carismatiche quali erano quelle che diressero il Risorgimento: 1) Un grande finanziatore; 2) Un grande ideologo; 3) Un grande politico; 4) Un grande generale!
    Non si fanno le nozze coi fichi secchi! Eugenio Fracassetti

  2. Un articolo senza capo né coda.
    A cosa serve ripetere un elenco di cose ben note se poi alla fine non segue un’indicazione di cosa fare?
    Dire che le manifestazioni della Catalogna non servono a niente (se è questo il senso, perché non si capisce) è una bestialità.
    Il problema dell’indipendentismo veneto è proprio la sua scarsa partecipazione di piazza e la mancanza di una chiara proposta politica. La ragione è la modestia della leadership politica e la scarsa intelligenza delle proposte che vengono avanzate.

  3. Condivido in pieno l’articolo di Eugenio Fracassetti circa le critiche al neonato Partito dei Veneti.
    Non mi riferisco di per se alle critiche a questo partito ma al fatto che in questa rivista viene criticata praticamente qualsiasi iniziativa che non sia di “propria parte” e con tono sempre sprezzante, implicando anche e sempre un’accusa di malafede e disonestà.
    Lo ritengo un atteggiamento concettualmente dannoso e negativo.

  4. Tanta roba.
    Ma quando si decidono i veneti indipendentisti , coordinati dal loro partito/i ,ad attuare una protesta fiscale incisiva e duratura?
    Tutto va bene, la storia, le ambizioni, le intenzioni.
    Ma prima o poi si deve arrivare al dunque.
    Il voto non serve, è evidente.
    I referendum non servono, è evidente.
    Le armi non le vedo proprio.
    Rimane la protesta fiscale.
    A quando la comunicazione della data di inizio della protesta?
    Se un milione di indipendentisti si attivassero, lo statoladro vede mancare qualche miliardo.
    Allora forse vi ascoltano.

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