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Partito dei veneti, autonomia e indipendentismo sconfitto

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di ALESSANDRO MORANDINI

Avvicinandosi le elezioni regionali vale la pena ritornare su un argomento piuttosto dibattuto nel mondo dell’indipendentismo veneto, argomento che ha sollevato indignate accuse di disfattismo e polemiche a non finire. Ci si deve ritornare perché di fatto ciò che si accinge ad incamerare l’indipendentismo veneto è una importante sconfitta politica, al di là dal punto percentuale in più o in meno e dal consigliere regionale che verrà, forse, eletto nelle file del Partito dei Veneti; partito che avrebbe dovuto rappresentare, unico nel suo genere, le istanze indipendentiste e che invece ha chiaramente rinunciato a farlo.

L’argomento in questione riguarda, appunto, questa rinuncia. Purtroppo è stato fin da subito utilizzato il tema della rinuncia al messaggio indipendentista per alimentare le consuete diatribe che albergano nell’indipendentismo veneto, diatribe conseguenti al rapporto fiduciario che i militanti hanno con i diversi leader del movimento. Il problema sembrava, cioè, non essere dato tanto dall’annacquamento del messaggio, quanto dalla candidatura di Antonio Guadagnini, che nel mondo indipendentista non gode della simpatia dei cosiddetti duri e puri.

Il Partito dei Veneti è nato sotto questa infausta stella; la sua sconfitta politica è la diretta conseguenza dello scarto tra il provincialismo di molti suoi protagonisti e la nobiltà che l’idea indipendentista porta con sé. Ciò che qui si vuole ricordare è che in Veneto il desiderio di indipendenza è molto diffuso, ma ciò non basta perché esso si traduca immediatamente in milioni di voti dati al Partito dei Veneti.

Rinunciando a costruire un partito che si distingue dagli altri perché fieramente e definitivamente indipendentista, si è ceduto, appunto, tutto il terreno a quel modo provinciale di fare politica che, quale conseguenza non intenzionale derivante dall’assenza di un messaggio politico forte ed esclusivo, concentra l’attenzione degli elettori su vicende personali, simpatie ed antipatie, su una cognizione della politica fatta di cieca fiducia nei leader. Insomma, sembra che la versione partitica dell’indipendentismo veneto, quella che ambisce ad ottenere seggi in consiglio regionale, non riesca a scrollarsi di dosso un atteggiamento da piccolo paese di provincia; ed è questo stesso diffuso atteggiamento che contribuisce a limitarne lo sviluppo.

La nascita di un partito che vuole durare è sempre conseguente all’elaborazione di una grande idea, di un progetto lungimirante e di inequivocabile modernità. E’ un parto che, presto, sviluppa un ambiente dove i necessari ragionamenti intorno alle strategie ed alle tattiche vincenti da usare nella quotidiana lotta per il potere sono una faccenda per addetti ai lavori di cui l’elettore può tranquillamente disinteressarsi, perché egli sa che non può venire meno, in quell’ambiente, la severissima ed impersonale sorveglianza dell’idea guida, dalla quale sorveglianza dipendono tutte le carriere e le ambizioni dei singoli individui animati, com’è normale che sia in un partito politico, anche dal desiderio di avere potere sulla società.

Detto tutto ciò, bisogna anche ricordare che nonostante l’approssimarsi di questa grave sconfitta politica c’è, come si diceva, un enorme e potenziale bacino elettorale (più precisamente di consensi, che non si traducono necessariamente in voti) costituito dai milioni di desideranti l’indipendenza del Veneto. Appena incassata la sconfitta, in un contesto internazionale ormai chiaramente favorevole, l’indipendenza del Veneto ha la possibilità di diventare nuovamente il tema dei temi in Italia non meno che in Europa. Ciò può succedere se non ci si dimentica che ci troviamo pur sempre sempre in un campo dove la lotta politica assume, necessariamente, i connotati radicali che, nei momenti topici della storia, gli sono propri. E proprio il carattere radicale della lotta indipendentista comporta che l’indipendentismo veneto potrà, forse, anche avvalersi di un partito, di un consigliere regionale, delle dimestichezze tipiche di chi è abituato a lavorare nelle istituzioni italiane; ma il contributo di questo armamentario sarà del tutto inutile o addirittura dannoso se non verrà accompagnato ed orientato dalla lotta sociale che, con contenuti apparentemente differenti ma, per chi sa leggerli, paralleli, si sta affacciando nelle capitali europee; lotta sociale che esprime, appunto, la fine delle caste che hanno prosperato all’ombra di quella incessante rapina fiscale in cui consistono gli stati che attualmente continuano a comporre il decadente panorama europeo.

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7 COMMENTS

  1. Sembra che chi ha scritto questo articolo sia nato dopo il 2015 essendosi perso quello che è accaduto alle scorse regionali, quando correva un movimento con tutte le caratteristiche di cui l’autore nota la mancanza analizzando il Partito dei Veneti, dimenticando che con quella ricetta Indipendenza Veneta raccolse solo il 2,5% , anche se in realtà un altrettanto 2,5% è stato sottratto dal partito “tranello” di Zaia: lo sconosciuto fino al giorno prima ” Indipendenza noi Veneto…con Zaia”. E’ un articolo zeppo di critiche fini a se stesse, che sembra non considerare minimamente il fatto che gli indipendentisti hanno invece fatto tesoro di errori commessi e anche di critiche costruttive, prima tra tutte quella di essersi sempre presentati molto frammentati. Un immenso lavoro infatti è stato fatto per cercare di unire più movimenti possibili sotto lo stesso simbolo, ed è chiaro che tutti abbiano dovuto rinunciare a qualcosa, specie accogliendo anche partiti non esclusivamente indipendentisti, ma più autonomisti, in fondo la direzione è la stessa: l’autogoverno.
    All’interno del Partito dei Veneti, Indipendenza Veneta (vero motore del partito)consolida la propria posizione sia di maggiore e più radicata forza politica alternativa ai partiti italiani, che di unico vero partito indipendentista, talmente conscio e sicuro della propria identità che ha accettato che non comparisse la parola “indipendenza” nel nome del partito. Perchè è chiaro che il termine “indipendenza” spaventa e non poco i veneti, ancora convinti che l’Italia sia il male minore e con essa la Lega. Altro che indipendentismo sconfitto, l’errore è che si volve dare un aereo a gente che ha paura a togliere le rotelle laterali alla biciclettina.
    I Veneti non sono assolutamente pronti a votare un partito indipendentista, lo hanno capito anche gli indipendentisti, quelli veri, non quelli da bar che spopolano su facebook , ma che nessuno sa che faccia abbiano.

    • Le vicende dei partiti indipendentisti non sono tutto l indipendentismo Veneto, e comunque anche queste iniziano ad interessarmi già dal 2010. In merito alla partecipazione è indispensabile, ma, per chi studia e tenta di comprendere e criticità dell indipendnetismo Veneto, non deve ridursi a cieco sostegno ad un partito.

  2. l’indipendentismo veneto se affidato a un Guadagnin ha poche speranze di arrivare all’obiettivo… forse tempi ristretti e modalità di accesso hanno disincentivato ogni azione specifica… vediamo il seguito che verrà pubblicizzato se varrà la pena di andare a votare… forse ci rimane l’interesse banale e pratico del referendum abbinato per la riduzione dei parlamentari che almeno conduca allo sfoltimento della pletora da mantenere a roma…

    • Una eccellente cronaca dei problemi dei partiti nati in quell ambiente la troverà in GIOVANNI DELLA VALLE. Grazie per la risposta.

  3. Articolo condivisibile nella prima parte, mentre nella seconda risulta troppo teorico e tecnico.
    Un Partito Indipendentista Veneto non ha la possibilità di nascere e sopravvivere per ragione più pratiche che teoriche, pertanto, ogni critica ed osservazione è morta sul nascere perché non è più una questione ideologica, bensì pratica ed operativa.

      • La questione PRATICA a cui mi riferisco è quella ECONOMICO-FINANZIARIA e cioè la mancanza di risorse, appunto finanziarie, per poter realizzare ciò che serve; anzitutto : struttura, comunicazione ed eventi e successivamente : sicurezza, logistica ed investimenti.
        Non si può pensare di creare un partito territoriale solo con il volontariato e l’autofinanziamento e non ci sarà alcun imprenditore disposto a finanziare apertamente e/o sponsorizzare iniziative con il timore di essere poi bersaglio di ritorsione degli organi dello stato preposti ai controlli : ag. entrate, finanza, banche, polizia, digos, ecc. ecc.

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