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Salvini, le polemiche col ministro asselborn e la questione veneta

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RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Egregio Direttore,

Le provocazioni e gli insulti del ministro lussemburghese Jean Asselborn nei confronti del ministro italiano Matteo Salvini  hanno riportato l’attenzione dell’opinione pubblica sul Lussemburgo, piccolo granducato di poco più di  mezzo milione di abitanti che ha come motto “Vogliamo rimanere quello che siamo” …

Pochi sanno che per un certo periodo le sorti del Lussemburgo e del Veneto furono messe  sullo stesso piano  da parte delle cancellerie europee.

Siamo nel 1859 e la II^ guerra d’indipendenza si conclude in modo deludente per i Savoia: dopo le vittorie di Montebello (Pv),Palestro e di Magenta, dopo l’entrata trionfale di Napoleone III e di Vittorio Emanuele II a Milano (8 giugno), dopo le sanguinose battaglie di Solferino e San Martino ci si attendeva la  trionfale  prosecuzione della guerra con l’occupazione del Veneto e delle altre terre da….liberare.

Invece il 12 luglio 1859 con l’armistizio di Villafranca (Vr)  Napoleone III  “impone”  la pace con l’Austria: la Lombardia (tranne Mantova) passa alla Francia che poi la girerà ai Savoia;  il Veneto continua a far parte dell’impero asburgico.

Ed è Cavour a farsi interprete del malcontento del regno di Sardegna : parla di tradimento del  potente alleato francese e si dimette, in contrasto con il re, da presidente del consiglio.

La “questione veneta” continua, intanto, ad essere centrale nei rapporti fra le diplomazie  della vecchia Europa.

Ed è proprio il Veneto l’argomento principale di una lettera di Napoleone III all’imperatore Francesco Giuseppe datata 24 luglio 1859, pochi giorni quindi dopo l’armistizio; ecco il passo testuale della lettera:

“La posizione della Venezia sarà anche, ne ho timore, molto difficile da determinarsi. Poichè Vostra Maestà mi ha detto a Villafranca che la questione della Venezia sarà precisamente quella del Lussemburgo nei confronti della Confederazione germanica, tutto dipenderà dalla maniera, nel quale il vostro rappresentante esaminerà la questione e intenderà risolverla”.

Il 27 settembre 1859 Metternich scrive al ministro degli esteri austriaco Rechberg:

“A Villafranca, a proposito della posizione, che dovrebbe prendere la Venezia nella Confederazione italiana, i due Imperatori hanno nominato il Lussemburgo per precisare in qualche modo l’analogia che esisterebbe fra queste due Provincie”.

Ed è un passaggio di straordinaria importanza, che smentisce quello che la propaganda risorgimentale massonica e giacobina continua a imporci: l’unica prospettiva per il Veneto sarebbe stata, secondo la loro lettura,  l’annessione al regno d’Italia.

Invece, ai massimi livelli della politica europea, si ipotizzava per il nostro Veneto uno status come quello del Lussemburgo che avrebbe cambiato completamente il corso della  nostra storia.

Purtroppo le cose andarono diversamente e, nel giro di pochi anni, la politica annessionistica ed espansionistica dei Savoia ebbe la meglio, attraverso un plebiscito-truffa (21-22 ottobre 1866), che portò  il popolo veneto al voto due giorni dopo l’effettiva consegna del Veneto ai commissari sabaudi, in un clima di intimidazioni e di brogli inenarrabili.

Ma ripeto, l’annessione italica non era l’unica soluzione  per il nostro Veneto: sicuramente non è stata la più felice.

ETTORE BEGGIATO

beggiato@hotmail.com

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3 COMMENTS

  1. Il veneto eccitato per l’annessione all’ Italia:
    Don Antonio Ferraro – Padova 1866-

    – La causa dell’unità, della libertà dell’indipendenza della nostra patria, il sommo cioè fra i beni della vita, di cui possa essere agli umani largitore Iddio, dopo tant’anni di angoscie, di cimenti, di lotte con indomabile costanza durate, questa causa è vinta:
    liberata oramai la Venezia dalla funesta presenza dello straniero, oggi solo, possiam dir daddovero I’ltalia è.
    O Italia, o terra, a preferenza di altre sorrisa dallo sguardo benedetto di Dio; o la più bella, la più seducente dell’opere uscite dalla mano creatrice di lui; o classica terra dalle preziose memorie, dagl’inimitabili monumenti; o culla e stanza, del genio,
    della poesia, dell’arte; corsa e ricorsa sempre da prepotenti stranieri, e fatta da loro indegna palestra di crudeltà, di rapine, di massacri, di sangue, sei dunque nostra?
    Possono adunque i figli tuoi senza vergogna baciar le tue zolle, chiamarsi finalmente e con orgoglio, italiani? https://play.google.com/books/reader?id=1bXj-lviu7AC&printsec=frontcover&output=reader&hl=it&pg=GBS.PP2

    – […] La gelosa e pavida Europa, io non so intenderne il perché, vuole un voto da noi, pretende cioè che ci pronunciamo sulle nostre sorti future, se debbano o meno, essere all’Italia, nostra madre diletta, congiunte; da noi, che diciotto anni or sono
    corremmo volonterosi come un sol’ uomo ad annetterci al glorioso regno dell’ immortal Carl’Alberto;
    da noi che in mezzo ai ceppi divincolandoci a tutto potere, fummo sempre di cuore e di anima italiani; da noi che abbiamo sacrificato sostanze, averi, e quello che è più i nostri figli, per la causa d’ Italia; da noi infine che al primo spuntare del patrio
    vessillo, ci precipitammo furenti di giubilo, a baciarne i santi e benedetti colori.
    Or bene, s’appaghi anche in questo il desiderio d’Europa, e ci sembri anzi, troppo tardo l’istante di potere un altra volta proclamare al cospetto del cielo e della terra la nostra irrevocabile volontà.
    Vi sarà alcuno che manchi fra noi? Potrà un solo, subornato forse da qualche tristo, che portasi tutto intero nell’ anima un collegio di farisei, restare incerto fra il sì, ed il no?
    Ah! il dubbio solo v’offende, o Parrocchiani, bene io m’accorgo, e funesta la gioja, onde sono i vostr’animi in questo dì esilarati.
    Venite adunque, e rispondete tutti, quando che sia, al mio appello.
    Portiamo il nostro SI solennemente splendido sulla fronte, per depositarlo quindi giulivi nell’ urna, e ci conforti a quest’ atto innanzi tutto, il sapere, che l’ltalica Unità,è opera della mano di Dio, e farebbe contro al volere di Dio, chi tentasse di porre
    inciampi al compi mento dell’opera sua; ci conforti in secondo luogo il rimembrare, che col nostro SI, renderemo omaggio al migliore dei Re,
    al Re Galantuomo, al più prode de’ soldati, a Lui che tante volte ha giuocato la corona e posta cimento la vita e quella degli stessi suoi figli per l’ indipendenza d’ Italia, a Lui ch’é buono, umano, caritatevole, padre più che regnante de’ sudditi suoi,
    a Lui infine, al quale dopo Dio, tutti, quanti son gl’Italiani dall’Alpi al Lilibeo, vanno debitori della loro politica e civil redenzione.
    Sia adunque il nostro grido oggi e sempre: Viva l’ltalia Una – Vogliamo Vittorio Emanuele II per nostro Re.
    https://play.google.com/books/reader?id=1bXj-lviu7AC&printsec=frontcover&output=reader&hl=it&pg=GBS.PA14

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    Il Veneto eccitato per l’annessione ai Savoia:
    Daniele Manin

    — Dovendo l’Italia avere un re, non poterlo avere altrimenti che in Vittorio Emanuele: gl’italiani tutti, amanti d’indipendenza , concorressero operosi intorno a questo miracolo di re, e farebbero l’Italia indipendente e libera :
    andassero ormai sbandite e dimenticate le sette, le divisioni e le gelosie passate, e financo le proprie inclinazioni e simpatie, e fosse il grido comune dall’un capo all’altro della penisola: Vittorio Emanuele Re d’Italia. —
    https://archive.org/stream/bub_gb_ZDRTpDLQwpkC#page/n15/mode/2up

    — Ho veduto la settimana scorsa il contino Casati. Parlando di Napoli, gli dissi che se la rivoluzione rovesciasse il Borbone , dovrebbe proclamare Vittorio Emanuele re d’Italia.
    Ed egli rispose: Magari ! https://archive.org/stream/bub_gb_ZDRTpDLQwpkC#page/n85/mode/2up/search/emanuele

    — Ai repubblicani della Giunta Nazionale d’Azione :
    Dopo le vicende del 48 e del 49 la politica dinastica, in Piemonte, deve consistere necessariamente nel vincere lo straniero, e nel riunire tutta la Penisola sotto lo scettro di Casa Savoia. Se così non fosse, qual significato avrebbe la bandiera tricolore
    nelle file dell’esercito sardo?
    Questa bandiera, o signori, che attira sul governo del re tante minacce e tanti pericoli…, questa bandiera, salutata con amore dal nobile figlio di Carlo Alberto, è un testo luminoso che non ha bisogno di commento.
    Dunque Casa Savoia vuole, come noi, l’indipendenza e l’ unità d’Italia.
    Questo santo scopo Vittorio Emanuele, secondato dall’opinione liberale, avrebbe i mezzi di raggiungerlo quando che sia.
    Perchè dunque, invece di rendere forte il Piemonte coll’opera del vostro senno e del vostro braccio , voi attendete ad infievolirlo, opponendo in Italia allo stendardo regio un altro stendardo, lo stendardo repubblicano?
    Per la memoria di Dottesio e di Sciesa (dirò con Giuseppe Mazzini), per le migliaia che gemono nelle prigioni, pei milioni che gemono oppressi dalla doppia tirannide, pei centomila Austriaci stanziati nelle nostre contrade, per la battaglia suprema
    che ci pende sopra, la patria v’ intima silenzio….
    Dare vanti al nemico voi non dovete discutere che del come atterrarlo, del come inspirare fiducia nel popolo, dargli armi e cartuccie dove ei ne manca , del come accentrare tutti gli elementi a un disegno, ad una mossa… nel gran giorno della
    vendetta nazionale.
    Repubblicani d’Italia, siate italiani!
    L’impresa della nostra politica redenzione voi non potete assumerla coscienziosamente se non quando il Piemonte vi avrà rinunciato , abolendo lo Statuto e rinnegando la bandiera nazionale.
    Ma oggigiorno il Piemonte, malgrado i mille ostacoli che sorgono ad impedirgli il passo, procede sulla buona via: dovete dunque seguirlo.
    S’arresta egli? Dovete stimolarlo. Vacilla?
    Dovete sostenerlo acciò non cada. Guai a voi , se il Piemonte cadesse!
    Caduto il Piemonte, voi non avreste la repubblica, siatene certi; ma, dopo inutili conati per riuscire Italiani, vi ritrovereste un bel giorno o Tedeschi o Francesi. Avvertite alle condizioni politiche della patria nostra.
    Noi abbiamo nemici palesi, nemici occulti, e freddi o falsi amici. Avversando il Piemonte, voi dunque, con intenzioni pie, attendete a colorire disegni parricidi ; predicando la repubblica nazionale , voi vi adoperate in prò dello straniero.
    Il caso è serio!…. pensateci seriamente. https://archive.org/stream/bub_gb_ZDRTpDLQwpkC#page/n145/mode/2up/search/emanuele

    –“Il Piemonte è una grande forza nazionale. Molti se ne rallegrano come d’un bene, alcuni lo deplorano come un male, nessuno può negare che sia un fatto.
    Ora i fatti non possono dall’uomo politico essere negletti : egli deve constatarli, e cercare di trarne partito. Rendersi ostile , o ridurre inoperosa questa forza nazionale nella lotta per l’emancipazione italiana, sarebbe follia. Ma è un fatto che il Piemonte è monarchico. È dunque necessario che all’idea monarchica sia fatta una concessione, la quale potrebbe avere per corrispettivo una convalidazione dell’idea unificatrice.
    A mio avviso, il partito nazionale italiano dovrebbe dire : « Accetto la monarchia, purché sia unitaria : accetto la casa di Savoia, purché concorra lealmente ed efficacemente a fare « l’Italia, cioè a renderla indipendente ed una. — Se no, no — cioè , se la monarchia piemontese manca alla sua missione , « cercherò di fare l’Italia con altri mezzi, ed anche ricorrendo, ove bisogni, ad idee divergenti dal principio monarchico. »
    Ora mi domanderete forse come io creda che la monarchia piemontese debba condursi per adempiere alla sua missione.
    Ecco la mia risposta : La monarchia piemontese, per essere fedele alla sua missione, Dee sempre tenere dinanzi agli occhi , come regola di condotta, lo scopo finale, consistente nell’italiana Indipendenza ed Unificazione ; Dee profittare d’ogni occasione, d’ogni opportunità, che le permetta di fare un passo in avanti nella via conducente verso quello scopo; Non dee a verun patto, e sotto verun pretesto, far mai alcun passo retrogrado, o divergente ; Dee con cura vigilante e vigorosa cercar d’allontanare e rimuovere tutto ciò che in quella via le potesse riuscire d’impedimento o d’inciampo ; ” https://archive.org/stream/bub_gb_ZDRTpDLQwpkC#page/n131/mode/2up?

    — «Dissi che il partito nazionale italiano doveva prestare il suo concorso alla monarchia piemontese, finché ed in quanto questa camminasse nella via conducente allo scopo comune : L’indipendenza e l’unificazione d’Italia.
    II partito nazionale non abdica; concorre. Concorso è azione, e non inerzia.
    Già in marzo 1854, quando protestai contro i consigli di lord John Russell, ho affermato che noi ci agiteremo sempre, finché le indomabili nostre aspirazioni di nazionalità non saranno soddisfatte.
    Ed oggi, in nome del grande partito nazionale, dico ai patriotti italiani : « Agitatevi ed agitate, ardentemente, incessantemente, finché non sia raggiunto lo scopo nostro , finché l’Italia non sia diventata indipendente ed una. »
    Ho fede che la monarchia piemontese sarà con noi : questa mia fede fu da recenti avvenimenti aumentata. Se fosse delusa, sarebbe una grande sventura: ma non per questo il partito nazionale italiano dovrebbe desistere dall’opera sua.
    In ogni caso, in ogni ipotesi, e finché l’Italia non sia diventata indipendente ed una, Italiani tutti che amate la terra vostra natale, ascoltate questa parola che vi vien dall’esiglio: Agitatevi ed agitate. Manin. »
    Parigi, 23 maggio 1856. https://archive.org/stream/bub_gb_ZDRTpDLQwpkC#page/n135/mode/2up

    — Per vincere cannoni e soldati, occorrono cannoni e soldati, occorrono buone armi ; buone armi e non ciance.
    Il Piemonte ha soldati e cannoni : dunque io sono piemontese.
    Il Piemonte, per antica consuetudine, per educazione, per genio e per dovere, oggidì è monarchico : io dunque non sono repubblicano.
    E me ne sto pago allo Statuto di Carlo Alberto, aspettandone lo sviluppo ed il perfezionamento, non dalle volontà degli uomini, ma dalla forza delle cose.
    L’indipendenza, lo ripeto, è la vita delle nazioni.
    Prima dunque l’indipendenza, poi la libertà: prima io voglio vivere — a viver bene, ci penserò più tardi.
    Una guerra nazionale vuol essere combattuta con armi nazionali.
    Ora l’Italia possiede due forze vive: l’opinione italiana e l’esercito sardo.
    Ciascuna di queste due forze è impotente a far da sè; ma le due forze — esercito sardo e insurrezione popolare — s’avvalorino a vicenda, appoggiandosi l’ una su l’altra, e noi avremo di leggieri quell’ Italia armata che deve precedere necessariamente
    l’Italia libera. Abbiamo bisogno del re sardo?
    Accarezziamolo, e sopratutto non offendiamolo con velleità repubblicane.
    Parlare ora d’assemblee non è opportuno.
    Ammaestrato dagli errori, antichi e novelli, io non voglio assemblee popolari nel primo periodo della nostra rivoluzione.
    A che gioverebbero queste assemblee durante la guerra?
    A nutrire le nostre discordie, con grave discapito delle operazioni militari.
    Durante la guerra d’indipendenza io non voglio libertà , ma dittatura : la dittatura d’un soldato.
    In Italia la nazione non esiste ancora in fatto ; ma esiste un governo liberale che la rappresenta in diritto.
    Non ci è dato di scegliere fra due partiti : noi dobbiamo accettare questo governo di grado o di forza.
    Perchè dunque le città italiane, cólto il momento opportuno, non si solleverebbero gridando : Viva la dinastia di Savoia?
    Forse che la dinastia di Savoia non diede principio ad un’èra di libertà pubblicando lo Statuto?
    Forse che non inaugurò una politica nazionale colla guerra del quarantotto?
    Forse che non persiste in questa politica, dopo i disastri del quarantanove?
    Forse che lo Statuto piemontese, malgrado le sue imperfezioni, non sarebbe ancora un immenso benefìcio per l’altre provincie d’Italia, bistrattate dalla tirannide domestica, o ricadute sotto il giogo straniero?
    Ma chi vi dice che noi dovremmo starcene paghi a questo Statuto in avvenire?
    La libertà è progresso.
    Voi mi obbiettate: « Vittorio Emanuele è principe: noi dobbiamo diffidare de’ principi, dacché l’interesse dinastico è in opposizione coll’interesse popolare.
    I fatti lo provano : noi deploriamo i tradimenti di Pio IX, del re di Napoli e del granduca di Toscana. »
    Ebbene, io rispondo , se per un fortunato accidente l’interesse del re sardo non fosse quel medesimo interesse da cui vediam governarsi il granduca di Toscana, il re di Napoli e Pio IX;
    se il re sardo avesse anzi un interesse contrario, quello di non tradirci…. perchè ci tradirebbe egli ?
    Ora potete voi credere che l’interesse dinastico in Piemonte non consista nel vincere lo straniero, e nel riunire tutta la Penisola sotto lo scettro di Casa Savoia?
    Ecco la politica d’un re sardo, colla quale mal saprebbero, certo, accordarsi gl’interessi degli altri principi italiani.
    Perchè dunque Vittorio Emanuele non sarebbe l’eletto della Provvidenza per compiere la grande opera della nostra politica redenzione?….
    Dall’’UNIONE del 27 novembre 1854. https://archive.org/stream/bub_gb_ZDRTpDLQwpkC#page/n143/mode/2up

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    Il Veneto ed amici, preoccupati e minacciosi, perchè i piemontesi non vogliono l’Unità d’Italia
    Manin e Pallavicino

    — Persona molto intelligente che viene da Torino m’assicurava che ivi è ancora prevalente e quasi esclusiva l’idea del Regno dell’ Alta Italia.
    Quello che non so comprendere, e che non vogliano discutere, nè lasciar discutere l’ipotesi della rivoluzione.
    Comunque sia, diletto amico mio , stimerei opportuno seguire il sapiente proverbio veneziano : « Se tutti dicono che sei ubbriaco, vattene a letto. » Buona notte.
    https://archive.org/stream/bub_gb_ZDRTpDLQwpkC#page/n59/mode/2up

    -Cavour è una grande capacità, ed ha una fama europea. Sarebbe grave perdita non averlo alleato , sarebbe gravissimo pericolo averlo nemico.
    Credo bisogni spingerlo , e non rovesciarlo. Conviene lavorare incessantemente a formare l’opinione[a Torino, a favore dell’unità ndr].
    Quando l’ opinione sarà formata ed imperiosa , sono persuaso che ne farà la norma della sua condotta.
    Evitiamo sopratutto qualunque atto che possa dare il menomo sospetto che si faccia una guerra di portafogli. Guai a noi se dessimo appiglio ad una simile accusa! La nostra influenza sarebbe perduta per sempre.
    Se in seguito la pubblica opinione domanderà imperiosamente l’impresa italiana, e Cavour vi si rifiuterà, allora vedremo.
    Ma io credo Cavour troppo intelligente e troppo ambizioso per rifiutarsi all’ impresa italiana quando la pubblica opinione
    la domandasse imperiosamente. Sono convinto che la sottoscrizione al proposto simbolo di fede politica non riuscirebbe , almeno per ora. Le ragioni di questa mia convinzione sono molte , e sarebbe lungo e faticoso esporle partitamente.
    Lo farò quando la mia testa sarà un po’ meno ammalata. Oggi mi limiterò a dirti che, a mio avviso, prima di occuparsi del novero dei neofiti , bisognerebbe continuare attivamente la predicazione [a Torino, a favore dell’unità ndr], e moltiplicare gli
    apostoli, e procurarsi pergami opportuni. Finora i soli apostoli eravamo noi due : se ne aggiunse un terzo eccellente , La Farina [siciliano].
    Non basta: conviene trovarne altri. Pergami, non ne abbiamo.
    Nessun giornale italiano finora ci aperse incondizionatamente le sue colonne : io sono costretto servirmi della stampa inglese, tu dei fogli volanti.
    Quindi la nostra dottrina politica non è ancora con sufficiente larghezza esposta, svolta, discussa, diffusa.
    Quindi i neofiti non possono essere abbastanza numerosi , né sufficientemente istrutti nella fede che fossero disposti ad abbracciare.
    Un uomo che non posso nominare, ma che è in posizione d’ essere molto bene informato , mi disse alcuni giorni
    sono : « Vous ètes dans le vrai , mais je crains que vous ayez commencé trop tard : il faut beaucoup de temps pour que les idées neuves et hardies puissent ètre répandues et acceptées.»
    Spero che fra breve tornerai a Torino. Là potrai più agevolmente occuparti della predicazione [ a favore dell’unità ndr ], degli apostoli e dei pergami.
    E potrai pure con mezzi indiretti esplorare i progressi della nostra fede senza allarmare gli orgogli e le vanità de’ nostri uomini politici , che non vogliono riconoscere capi , né assoggettarsi a discipline, e senza esporsi a rifiuti poco onorevoli ,
    e alla trista umiliazione di un fiasco” https://archive.org/stream/bub_gb_ZDRTpDLQwpkC#page/n81/mode/2up/search/apostoli

    -“Noi abbiamo nel piemontesismo un nemico sommamente pericoloso, un nemico implacabile. I Piemontesi, tutti i Piemontesi dal conte Solaro della Margherita all’avvocato Angelo Brofferio , sono macchiati della stessa pece.
    All’Italia con una metropoli: Roma, essi preferiscono un’ Alta Italia con due capitali: Torino e Milano. Camillo Cavour è piemontesissimo ! … Allora solo noi potremo avere speranza d’incatenarlo al nostro carro, quando gli avremo posto il coltello alla gola.
    Ma tu mi dici che la nostra dottrina politica non è ancora con sufficiente larghezza esposta , svolta, discussa, diffusa;… che quindi i neofiti non possono essere abbastanza numerosi , nè sufficientemente istrutti nella fede che fossero disposti
    ad abbracciare. Ciò è possibile. Facciamo dunque di diffondere sempre più il nostro vangelo , continuando la predicazione, moltiplicando gli apostoli e procurandoci pergami opportuni.”
    https://archive.org/stream/danielemaninegi00pallgoog#page/n299

    -“Nell’ ultima mia lettera io ti dicea che tutti i Piemontesi sono municipali. Tu puoi obbiettarmi : « Se tutti i Piemontesi sono municipali, sarà egli possibile l’abbattere Camillo Cavour, il Piemontese per eccellenza , come tu dici?»
    Rispondo: Lo Stato subalpino, per buona sorte, non si compone soltanto di Piemontesi: si compone anche dell’elemento italico; perciocchè non sieno piemontesi, quantunque aggregati al Piemonte , i Liguri , i Sardi , gli abitanti di Novara, di
    Casale e d’Alessandria; non sono piemontesi i cinquantamila fuorusciti , operai , artisti , ingegneri , medici , giureconsulti , uomini letterati ed uomini militari che oggi hanno stanza in Piemonte.
    Ecco l’ elemento su cui può far disegno il « Partito Nazionale Italiano». Quanto ai Piemontesi puro sangue credo giusta la mia sentenza. Per averli con noi , dovremo trascinarli , non essendo sperabile ch’essi ci seguano volontariamente.”
    https://archive.org/stream/danielemaninegi00pallgoog#page/n301

  2. E PROPRIO L’ALTRI DI’ MIELI E BARBERO SULLA STORIA non SCRITTA NEI TESTI SCOLASTICI.
    Mieli rimproverava il fatto che non si parla di oltre 1000 anni di storia di un certo corso nei libri scolastici. Dimenticando che anche la storia del popolo veneto (di circa 1200 anni di storia) e’ quasi dimenticata: in piu’ FALSIFICATA per quel poco che scrivono.
    Ma no9n analfabeti, ma dottori e professori li’ correi nel FALSO E TENDENZIOSO.
    Se si sta zitti e fermi non succedera’ nulla.
    Il parlarne sara’ un pour parle’…
    Auguri e WSM… chissa’, forse…

  3. mamma mia! potessimo disfare il gomitolo della storia e toglierci il cappio che ci hanno messo al collo… Libertà!
    I Veneti se la meritano…e magari non lo sanno… e i furbi che sanno fanno finta di non sapere…per non disturbare il manovratore…o per interesse personale…o perché pavidi e timorosi… Quando invece il futuro potrebbe essere un’esplosione di entusiasmo per la rinascita… e la voglia di fare che è nella natura dei Veneti!

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