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Sviluppo sostenibile: il governo dà i numeri anziché studiarli

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di MATTEO CORSINI

Per tutti coloro che continuano a sostenere che l’Unione europea sia ossessionata dall’austerità, ogni scusa è buona per invocare una politica fiscale (più) espansiva. Si tratta di persone che ripetono il concetto nonostante l’evidenza dei numeri di finanza pubblica non fornisca loro alcun supporto concreto. Ma in Italia, si sa, i numeri si danno, non si studiano.

Ecco, quindi, il viceministro M5S allo Sviluppo economico, Stefano Buffagni, approfittare del coronavirus per rilanciare il solito mantra, perché ci sono “aziende, interi settori a rischio crisi. E stiamo qui ad ascoltare Bruxelles sui decimali”. Infatti:

  • “Le conseguenze economiche di quanto sta succedendo in Cina saranno elevate ed impatteranno anche sulla Ue che deve dare una risposta concreta e forte. Da tempo stiamo dicendo che bisogna aprire lo sguardo, comprendere che l’austerità a ogni costo non solo non serve ma è nociva. A chi giova”?

Per inciso, il governo di cui Buffagni fa parte ha emanato una legge di bilancio poco più di un mese fa nella quale il deficit ancora una volta la fa da padrone, essendo la componente principale del “disinnesco” (meglio: rimando) delle clausole di salvaguardia sull’IVA. Secondo Buffagni:

  • “Se tuteli i cittadini e le imprese, riparte l’economia. Servono maggiori investimenti pubblici, anche europei, soprattutto per la riconversione industriale per competere contro i colossi come Cina ed Usa”.

A parlare di rilancio degli investimenti pubblici non si sbaglia mai. In fin dei conti esiste sempre il magico moltiplicatore, per cui per ogni euro di investimento pubblico il Pil cresce di un multiplo. E pazienza se in passato le cose non sono proprio andate così. Anche in questo caso, va ricordato che i maggiori “investimenti” dei due governi ai quali hanno preso parte Buffagni e concittadini pentastellati sono stati il reddito di cittadinanza e quota 100. Che saranno forse un investimento nel benessere di qualcuno, ma assomigliano molto a spesa corrente anche nelle definizioni standard di finanza pubblica.

Buffagni, però, ha pronto il rimedio per gli anni a venire:

  • “Anzitutto puntare sullo sviluppo sostenibile.”

E se c’è di mezzo la sostenibilità, che vadano a quel paese i decimali di deficit.

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