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Un individuo deve potersi dissociare dalle leggi dello stato

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secessione individualedi ENZO TRENTIN

È risaputo: navigare in rete consente le più sorprendenti scoperte. secession.net è una di queste. Vale sicuramente la pena di leggere la loro dichiarazione di principi. Essi rivendicano qualcosa di molto simile alla secessione personale, ovvero, una secessione fondata sulla comunità. La differenza tra le due nozioni è impercettibile:

Primato del diritto di secessione
Il diritto politico primario dell’individuo e delle comunità politiche deve essere quello di secedere da qualsiasi soggetto politico più ampio, non importa se essi siano nati nel loro ambito, siano stati costretti a farne parte, o vi abbiano volontariamente aderito. Se qualcuno negasse o rinunciasse a tale diritto, allora egli sarebbe poco più che uno schiavo: e nessun accordo per diventare uno schiavo può essere considerato giuridicamente e moralmente vincolante. La secessione degli individui e delle comunità non deve certo tradursi in guerra e in violenza. Dovrebbe configurarsi come una caratteristica naturale ed evolutiva di tutte le entità politiche. Le comunità possono formare tra di loro reti o confederazioni, dal momento che la secessione è accettata da entrambi le parti quale principio fondante. Tuttavia, le comunità non formeranno delle “federazioni”, che per definizione non consentono la secessione. Suggeriremo modalità pratiche e mezzi non-violenti attraverso i quali la secessione possa essere raggiunta, e la tipologia di reti e di confederazioni che potrebbero essere create per rimpiazzare gli attuali Stati-nazione oppressori.

Secessione basata sulla comunità
In nome del nazionalismo, della religione, dell’ideologia, della tradizione o del “bene comune”, gli Stati di tutto il mondo sopprimono la libertà individuale e il controllo, da parte degli individui, delle proprie comunità. I gruppi di interesse – corporazioni, poteri forti statali, élite burocratico-militari – di tutto il mondo tassano, regolamentano, opprimono, colpiscono, mettono in stato di accusa, incarcerano e inducono i cittadini alla sottomissione. Essi pongono in atto delle discriminazioni, saccheggiano, esercitano la pulizia etnica e il genocidio contro i membri di oppresse minoranze razziali, etniche, religiose, territoriali. Se non controllassero lo Stato, queste élite deterrebbero ben poco potere effettivo sugli individui e sulle comunità.

Il concetto di libertà individuale è semplice: gli individui dovrebbero essere liberi di fare ciò che desiderano, purché non danneggino gli altri con la forza o con la frode. Questo è il principio etico fondamentale o la “regola aurea” di tutte le religioni, poi corrotto dallo stratificarsi delle interpretazioni teologiche e dei rituali, e da secoli di totale soccombenza alla autorità politica. Il consenso individuale – e non certo qualche costrutto nazionalista, razziale, religioso, tribale, ideologico, o qualche sedicente “contratto sociale” – costituisce l’unica base legittima di qualsivoglia organizzazione sociale, economica e politica. Tuttavia, sostenere l’idea e il valore della libertà individuale non basta per ottenere la libertà. Dobbiamo promuovere tutte quelle strutture istituzionali che rendono impossibile per gli enti pubblici o privati schiacciare la libertà individuale.

È un costrutto nazionalista e non certo un concetto di libertà individuale quello che vede l’esistenza dell’unico muro separatore di due nazionalità tuttora eretto in Europa. Mentre è di questi giorni – 19 Febbraio 1959 – la ricorrenza in cui Cipro ottenne l’indipendenza. Guardiamo a questa storia come un esempio paradigmatico.

serenissimaLa Serenissima repubblica di Venezia fu strettamente legata al Mediterraneo orientale. La presenza dei veneziani a Cipro era cospicua già prima dell’instaurazione del regno franco dei Lusignan, che reggevano l’isola dalla fine del XII secolo. Il matrimonio di Caterina Cornaro con Giacomo II Lusignan, frutto degli abili stratagemmi degli agenti veneziani, permise di annettere Cipro ed estendere i possedimenti dello Stato da mar fino alle porte del continente asiatico.

Le fonti custodite negli archivi di Venezia, illustrano le tappe più importanti nel processo di consolidamento della presenza veneziana a Cipro. Il governo instaurato sull’isola da parte della Serenissima fu partecipato in larga misura dagli stessi ciprioti, rendendo inutili eventuali operazioni di colonizzazione con famiglie di provenienza lagunare. Le continuità istituzionali, giuridiche e fiscali dimostrano il mantenimento a Cipro, nel XVI secolo, di strutture tipiche delle società feudali dell’Occidente medioevale e delle formazioni crociate nel Medio Oriente. Attenzione specifica merita l’analisi delle interazioni tra i veneziani e la popolazione locale fortemente commista con gruppi etnico-religiosi provenienti dalle coste del Mediterraneo orientale e occidentale. Si rileva così il profilo di una società multiculturale in cui gli episodi di mutua influenza alimentano un dialogo quotidiano tra le comunità.

La guerra di Cipro del 1570-1573 o quarta guerra turco-veneziana fu un conflitto combattuto tra l’Impero ottomano e la Repubblica di Venezia per il predominio nel Mediterraneo orientale, conclusosi con la conquista ottomana del Regno di Cipro, ma al contempo con la perdita della supremazia navale turca nella battaglia di Lepanto. Insomma, una guerra senza vinti né vincitori.

Il 22 agosto 1570 iniziò l’assedio di Famagosta, la guarnigione era composta, originariamente, da circa 2.200-3.800 fanti veneziani (più qualche schiavone, corso e tedesco) mercenari, 800-1.600 delle cernide vecchie e almeno 3.000 (o forse addirittura il doppio) di fanti raccogliticci della città e del contado. Si aggiungevano a questi fanti alcune centinaia di stradioti albanesi (cavalleggeri), circa 300 fino a settembre, che furono rinforzati dalla fuga dei cavalleggeri stradioti e della nobiltà dopo la presa di Nicosia (almeno 200 se non 300 uomini in più, tutti veterani). Il 26 gennaio 1571 giunsero a Famagosta 16 galee veneziane guidate da Marcantonio Querini, provveditore agli ordini del Venier, con viveri, rifornimenti e nuove truppe, circa 1.600 uomini. Un successivo convoglio, con a bordo circa 800 fanti arrivò in marzo. Il 1º agosto, Famagosta, ormai indifendibile, si arrese con l’assicurazione che la popolazione avrebbe potuto lasciare indenne la città.

Mustafà Pascià, però, avendo perso molte migliaia di uomini nell’assedio (le stime della consistenza dell’esercito turco impiegato nella guerra di Cipro sono molto imprecise e talvolta tendono al fantasioso) e, tra questi, il suo stesso figlio, non mantenne la parola e i veneziani vennero resi schiavi, per questo inaudito tradimento del diritto delle genti si parlò molto di alcuni casi di uccisione dei prigionieri turchi che si erano arresi sulle mura o nei fossati durante assalti falliti (ma l’uccisione dei prigionieri era pratica abbastanza comune durante gli assedi, specie se non si sapeva come nutrirli). Il 17 agosto, venerdì, il comandante della fortezza, il senatore Marcantonio Bragadin era stato scorticato vivo di fronte ad una folla esultante e la sua pelle, conciata e riempita di paglia, era stata innalzata come un manichino sulla galea di Mustafà Lala Pascià insieme alle teste di Astorre Baglioni, Alvise Martinengo e Gianantonio Querini, gli altri comandanti. I macabri trofei vennero quindi inviati a Costantinopoli, esposti nelle strade della capitale ottomana ed infine portati nella prigione degli schiavi.

Cipro fu conquistata dagli ottomani nel 1571, ma solo nel 1573 fu riconosciuta come provincia dell’Impero Ottomano, con capitale Nicosia. Secoli dopo molti ciprioti sostennero lo sforzo greco d’indipendenza iniziato nel 1821, portando, però, a gravi rappresaglie da parte dell’Impero Ottomano sulla popolazione cipriota: con il consenso del Sultano, il 9 luglio 1821, l’amministrazione ottomana dell’isola condannò a morte e uccise 486 greco-ciprioti, accusandoli di aver cospirato con i Greci ribelli. Tra questi condannati erano presenti quattro vescovi, e vi furono molti sacerdoti e cittadini ciprioti di spicco, decapitati nella piazza centrale di Nicosia.

Dopo la guerra russo-turca, il Trattato di Santo Stefano (3 Marzo 1878) ed il Congresso di Berlino del 1878 diedero l’amministrazione di Cipro al Regno Unito. L’isola divenne allora di fatto una colonia dell’impero britannico pur essendo nominalmente territorio turco fino alla dissoluzione dell’impero ottomano avvenuta nel corso del primo conflitto mondiale. Nel 1914 l’isola cipriota venne formalmente annessa all’impero britannico. Le istanze indipendentiste, tuttavia, furono sempre molto forti e l’idea di unire Cipro alla Grecia si rafforzò nel corso della dominazione inglese per mano dei greco-ciprioti che si costituirono, a tal scopo, in un movimento politico (Enosis).

regno unitoIl 19 Febbraio 1959 il Regno Unito, attraverso un trattato con Grecia e Turchia, concesse l’indipendenza a Cipro. L’indipendenza non sedò, tuttavia, i contrasti tra turco-ciprioti e greco-ciprioti. Si arrivò all’invasione turca di Cipro, che iniziò il 20 luglio 1974. Fu la risposta della Turchia al colpo di Stato militare cipriota che depose il presidente cipriota, l’arcivescovo greco-ortodosso Makarios, alterando gli equilibri faticosamente raggiunti con il Trattato di Zurigo e Londra del 1960 tra l’ex potenza coloniale, il Regno Unito, e la Grecia e la Turchia, cui facevano riferimento linguistico, culturale e politico le due comunità isolane (percentualmente la comunità greco-cipriota costituiva all’incirca il 78% dell’intera popolazione e quella turca il 22%). In quel Trattato si legittimava l’intervento militare di ciascun garante in caso di sensibile alterazione dello status politico dell’isola mediterranea. Non si dimentichi che ambedue i paesi sono alleati all’interno della NATO/OTAN. L’intervento – giudicato dalla Grecia e dai suoi sostenitori un’invasione – fu invece chiamato dalla Turchia Operazione di pace a Cipro (turco Kıbrıs Barış Harekâtı), semplicemente Operazione Cipro (Kıbrıs Harekâtı) ma il nome in codice dato dalle forze armate turche fu Operazione Atilla (Atilla Harekâtı). Per il Regno Unito (spalleggiato dagli Stati Uniti d’America) fu più importante mantenere il controllo sovrano su due vaste basi militari sull’isola, Akrotiri e Dhekelia (256 km² in tutto), rispettivamente vicine a Larnaca e a Limassol, in funzione di controllo sul Medio Oriente e il confine meridionale dell’Unione Sovietica. In aggiunta, il Monte Olimpo e i principali capi dell’isola furono assegnati ad uso militare di spionaggio e punteggiati di antenne anglo-americane. Ancora oggi Cipro risulta divisa in due parti: da un parte la Repubblica di Cipro membro delle Nazioni Unite e, dal 2004, dell’Unione Europea, e dall’altra l’entità governativa sostenuta dal governo turco.

Da questa storia gli indipendentisti dovrebbero trarre diverse riflessioni. Per esempio: l’indipendenza non è un affare di solo popolo, molto dipende dalle relazioni internazionali che quella comunità riesce ad allacciare prima dell’autodeterminazione. L’autogoverno poi non

consiste nel cancellare tutte le preesistenti strutture della società, sostituendovi di punto in bianco quelle concepite (senza alcun collaudo di esperienza) della propria ideologia; ma nell’applicare riforme incalzanti e graduali, tali da non inceppare i meccanismi produttivi che tra l’altro, assicurano al popolo il pane quotidiano e al paese l’indipendenza. Un “foedus”  socio-politico condiviso a priori, e propagandato internazionalmente proprio per evitare eventuali contrasti geopolitici. Va anche rammentato che, in generale, la riunione di tutti i cittadini liberi, di qualsiasi classe sociale, per trattare i comuni interessi e per eleggere i funzionari locali, deriva da un’usanza antichissima che in Europa risaliva almeno dalla metà del secolo V, quando la necessità della difesa del borgo indusse i maggiorenti a parificare la plebe urbana alle altre classi sociali, ammettendola anch’essa, forse proprio a partire dall’anno 443 (la caduta dell’Impero Romano d’Occidente è imminente: nel 476), a partecipare nella discussione dei pubblici affari. Ovvero, chi ha il potere lo divide solo quando percepisce che sta per perderlo.

In conclusione per arrivare ad ottenere una maggiore libertà, un individuo deve avere la possibilità di rimuovere le catene impostegli da uno Stato, che pretende di essere lo Stato di tutti. Un individuo deve avere la possibilità prima di partecipare alla formazione delle leggi, e quando queste non soddisfano le proprie aspettative di dissociarsi dalle leggi dello Stato. Un individuo deve poter esercitare il diritto di secedere personalmente dallo Stato. La secessione personale esprime niente meno che la propria libertà individuale di scegliere quello Stato (o al limite nessuno Stato) che più ci aggrada, da soli o in associazione con altre persone.

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