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WEF e von der Leyen, il fondo sovrano in cerca di sudditi

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di MATTEO CORSINI

Intervenendo al World Economic Forum di Davos, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha rilanciato l’idea di costituire un fondo sovrano europeo per sostenere la transizione energetica. Il tutto in risposta alle politiche di aiuti di Stato della Cina e degli Stati Uniti: “Nel medio termine, prepareremo un fondo sovrano europeo nell’ambito della revisione del bilancio di fine anno. Sarà una soluzione strutturale per aumentare le risorse disponibili per la ricerca, l’innovazione e i progetti industriali fondamentali per abbattere i gas serra”, ha detto von der Leyen.

Ovviamente il problema principale, anche a livello politico, è come finanziare il fondo. Per inciso, i fondi sovrani generalmente investono il surplus commerciale di Paesi esportatori di materie prime. E diversificano gli investimenti a livello globale. Nel caso europeo, al contrario, vanno trovate le risorse, che sarebbero poi interamente investite nel Vecchio continente.

Sull’idea di fondo sovrano europeo Stefano Gatti, docente alla Bocconi, sostiene che debbano essere “valutate le implicazioni operative dell’iniziativa. La prima conseguenza è di cosa esattamente si dovrà occupare il nascente fondo sovrano e quali priorità dovrà avere il suo piano industriale. La seconda implicazione riguarda le modalità di finanziamento del veicolo di investimento. In modo molto intelligente, il commissario Gentiloni ha già detto che l’agenda dei lavori dovrà procedere per tappe, con il tema del finanziamento del veicolo da discutere solo in un secondo tempo. Iniziamo quindi da

mission e priorità strategiche. Si avrà poi il tempo, se il progetto avanza, di discutere anche delle sue risorse finanziarie.”

Gatti osserva poi che i fondi sovrani generalmente investono in capitale azionario, non mediante finanziamenti o sussidi, come invece parrebbe dover operare quello europeo. Interessante notare che il sovranismo, ampiamente criticato se invocato a livello nazionale, sembra essere considerato la chiave di volta per un futuro migliore a livello continentale. Credo che non lo sia in nessuno dei due casi.

Ciò detto, pensare prima a cosa fare e solo successivamente a come finanziare il fondo è un po’ come voler gettare il cuore oltre l’ostacolo, ben sapendo che ogni volta che si prospetta una redistribuzione i contributori netti sono (comprensibilmente) restii a procedere. L’unica cosa certa, a mio parere, è che i pagatori di tasse europei, ancorché non omogeneamente, dovranno pagare anche questo conto, che, come sempre, sarà aggiuntivo e non sostitutivo di quelli che già pagano ora.

Perché il fondo sarà sovrano e loro, ancora una volta, saranno sudditi.

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