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Catalunya: come condannare liberta’ e democrazia

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di GIANLUCA MARCHI*

E’ un attacco frontale alla Libertà, alla Democrazia, alle Idee sostenute e diffuse senza un solo atto di violenza. Parliamo della sentenza comunicata stamattina dal Tribunale Supremo del Regno di Spagna, che ha condannato per sedizione i dodici politici e leader indipendentisti catalani, da mesi sotto processo e nove dei quali in carcere da ben due anni, cioè dai drammatici giorni immediatamente successivi al referendum per l’indipendenza della Catalogna del 1° ottobre 2017 e alla dichiarazione unilaterale di indipendenza votata dal Parlament catalano il successivo 27 ottobre.

La sentenza, ampiamente anticipata dai media iberici nei giorni scorsi, condanna tutti e dodici gli imputati a pene che variano dai 13 ai 9 anni di carcere e periodi analoghi di interdizione totale dai pubblici uffici. La condanna più pesante, 13 anni appunto, è stata comminata a Oriol Junqueras, leader di Erc, nonché ex vicepresidente della Generalitat di Catalunya, il cui allora presidente, Carles Puigdemontes, si è rifugiato in Belgio da due anni. Un’altra figura di spicco fra gli imputati, Carme Forcadell, ex presidente del Parlament catalano all’epoca dei fatti, è stata condannata a 11 anni e 6 mesi, mentre i due Jordi, Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, presidenti rispettivamente di ANC e Omnium Cultural, le due maggiori associazioni indipendentiste della società civile catalana, tra altro i primi ad essere arrestati, hanno subito entrambi una condanna a nove anni.

Il Tribunal Supremo nel condannare tutti gli imputati ha optato per la  via di mezzo, la sedizione, non accogliendo invece la richiesta della pubblica accusa,  che invocava per tutti il reato di ribellione, il che avrebbe comportato pene doppie: infatti per Junqueras la Fiscalia aveva richiesto 25 anni di carcere. In questo modo il supremo tribunale spagnolo  ha stabilito che i politici e i leader indipendentisti catalani hanno operato per creare la Repubblica Indipendente di Catalunya tentando di sovvertire l’ordine costituito fissato dalla costituzione spagnola, ma che non hanno fatto ricorso ad alcuna azione violenta per perseguire i propri obiettivi.

E qui casca l’asino. Perché si condannano a pesanti anni di carcere, e alla impossibilità di continuare a svolgere attività politica pubblica, esponenti indipendentisti che attraverso le proprie idee e la conseguente attività politica, hanno pacificamente condotto milioni di cittadini catalani a invocare l’indipendenza dalla Spagna e hanno fatto in modo che il Parlament catalano, legittimamente eletto con una maggioranza assoluta espressa dai partiti indipendentisti, votasse la dichiarazione unilaterale di indipendenza. Il tutto, ripetiamo e sottolineiamo, in maniera pacifica. E dunque quella andata in scena oggi è una condanna della democrazia e dalla possibilità di sostenere e praticare in piena libertà idee politiche diciamo diverse da quelle consentite dalla costituzione.

L’intero mondo libero e democratico dovrebbe sollevarsi e condannare una tale sentenza, tanto più in quanto emessa in nome di uno Stato che fa parte del consesso del cosiddetto mondo occidentale libero e democratico. Difficilmente assisteremo però a un moto diffuso di indignazione, perché la richiesta di indipendenza dei popoli è cosa buona e giusta quando riguarda comunità le più lontane possibili e scarsamente influenti. Ma se interessa qualche vicino di casa e se la cosa può mettere a rischio lo status quo in cui sguazziamo comodamente, allora l’ipocrisia ci pervade dalla cima dei capelli alle unghie dei piedi e non proviamo nemmeno il minimo senso di vergogna per tutto questo.

La cosa è ancora più grave, e oserei dire mortale per la democrazia a tutte le latitudini, non tanto perché i fatti hanno coinvolto una comunità importante come quella catalana, ma perché il popolo catalano pretendeva e ancora oggi pretende una cosa molto semplice: liberamente decidere del proprio futuro attraverso un referendum in cui tutti i cittadini della Catalunya potessero esprimersi a favore o contro l’indipendenza della propria terra. E a impedire, attraverso il voto, la libera espressione della volontà popolare fu fin dal famoso 1° Ottobre 2017 proprio lo stato Spagnolo, inviando in Catalogna migliaia di militari che non risparmiarono violenza contro donne, uomini, giovani e anziani che caparbiamente, testardamente, liberamente erano decisi a mettere comunque la loro scheda in un’urna, dovunque la trovassero. E la violenza dello Stato è proseguita rinchiudendo in carcere preventivo nove esponenti politici e leader della società civile, mai macchiatisi di alcuna azione violenta.  E si compie oggi con questa sentenza vergognosa.

Ho sempre scritto e sostenuto che la battaglia di un popolo per ottenere l’indipendenza politica della propria comunità non può mai essere una passeggiata, ma assomiglia quantomeno a una scalata di sesto grado, dove i capi-cordata devono essere disposti anche al sacrificio personale. Non esistono scorciatoie.

*direttore de il MiglioVerde

e presidente dell’Associazione Gilberto Oneto

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2 COMMENTS

  1. Caro Gianluca, tutto vero. Non ho sentito un cenno di partecipazione nemmeno nel mio Veneto, cioè da chi dovrebbe sentire più di tutti il sacrificio dei Catalani. Con gratitudine al Miglio Verde!

    Adriano TV

  2. Gentile direttore,
    i condannati, pacificamente, han fatto solo rumore e danno all’indipendenza catalana giacché hanno inteso confondere una maggioranza di un organo che non ha titolo alcuno nella auspicanda uova repubblica con la direzione di un processo come già fosse organo della nuova entità.
    La auspicabile indipendenza mancava, come tutt’oggi lamentabilmente manca, della concreta ed ampia maggioranza dei supposti diritti di voto del nuovo stato. Mancano i voti di chi pensa di aver qualcosa da perdere o di chi non è interessato al cambio istituzionale. Quando chi vuole l’indipendenza sarà cosi sensibile da investigare le ragioni della maggioranza capitaria dissenziente o non assenziente rispettandola, allora forse potrà anche partire la mediazione culturale necessaria alla sintesi degli intenti.
    Spiace in verità vedere tanti ingenui rappresentanti bastonati dalla giustizia di Sua Altezza e usati per trasmettere l’antifona al resto della numerosissima platea di persone che desidererebbero lasciare il regno. Però.
    L’indipendenza non si fonda sulla sua enunciazione, ma sulla capacità di mantenerne lo stato della sua attuazione difeso ed integro.
    Uno sfoggio di tracotanza simile, quando nulla è in pericolo, nulla è inevitabile e nulla di eterno, le corti supreme del regno se la potevano evitare.
    Speriamo la sentenza porti acqua al mulino della temperanza e della riflessione perché nell’acqua avvelenata d’odio c’è poco da riporre fiducia, fa mattoni molto friabili.

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