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Crolla l’italia politico-mafiosa

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di LUIGI FRESSOIA

Vent’anni fa un piccolo imprenditore dell’edilizia stradale mi raccontò come funzionano i rapporti con Anas o altri enti da cui ogni tanto riceveva l’appalto alla manutenzione d’un tratto di strada, rinnovo della bitumatura, consolidamenti e altre opere consimili. Parlo al presente ma il racconto è per l’appunto di vent’anni fa (1997) quindi non so se le cose sono cambiate oppure sono rimaste le stesse (o del caso peggiorate). L’appuntamento non avviene in cantiere ove vedere, verificare, misurare, provare l’opera appaltata e appena ultimata, no, l’incontro col funzionario è verso mezzogiorno e trenta direttamente al ristorante, un qualche ristorante della zona. Il tempo di un pasto è sufficientemente lungo per fare senza dare nell’occhio le piccole manovre essenziali, l’appaltatore troverà il modo e il momento per allungare qualcosa, omaggio/compenso al funzionario che certificando la fine lavori (o lo stato avanzamento lavori) e certificandone la regolare esecuzione senza neanche guardarli, i lavori, merita senz’altro una ricompensa.

Ora ve ne dico un’altra, non è -stavolta- una testimonianza bensì si tratta di mie deduzioni logiche. Due anni fa la superstrada che attraversa la mia città è stata oggetto di manutenzione pesante dovuta per protocollo ogni tot anni/decenni. Gran disagio e file interminabili per un anno intero, quattro gallerie, cinque viadotti e tutto il resto; come avviene quasi dappertutto la città usa la superstrada/autostrada per gli spostamenti interni, quindi grandissima ripercussione e disagio (file, inquinamento, tempo perso, bestemmie) in tutti i quartieri limitrofi. Appena tre mesi dopo la fine lavori, con grande scorno della città, salta la bitumatura di un cavalcavia e si impone la riapertura del cantiere. Articoli sui giornali, proteste varie ma insomma, se il difetto c’è bisogna ripararlo. La cosa strabiliante è che quella riparazione si è dovuta rifare ancora due volte (quindi quattro in tutto nel giro di otto mesi) perché misteriosamente ogni riparazione non riusciva nell’intento e dopo poche settimane il problema si riproponeva tal quale. Qualche giornale ha provato a chiedere con precisione motivo del mistero ma l’ente non ha mai risposto se non con frasi reticenti e minime. Noi dal canto nostro possiamo immaginare benissimo come funziona. Il fatto fondamentale è che in quel mondo vige una legge non scritta ma ferrea: ogni opera, ogni spesa è prenotata nei minimi dettagli. Del compenso all’appaltatore fissato sul contratto (in cambio di una esecuzione a regola d’arte), un tot deve andare a questo un tot a quello, un certo tot all’ingegnere un altro al geometra; un tot ai partiti uno ai sindacati, un tot ad altri maggiorenti locali e/o nazionali. Come può l’appaltatore privarsi di tale gran parte del suo compenso? Facile la risposta: a farne le spese è la qualità dell’opera, su cui si impiegherà meno materiale e di minor qualità di quanto indicato nel progetto. Insomma l’appaltatore doveva in teoria ricevere 100 di cui 10 per legittimo profitto e 90 per ripagare i costi dell’opera: va a finire che il profitto rimane grossomodo quello, i vari tot alla politica prendono 30 e per l’opera rimane 60 cioè manca sempre 30.

Il carattere decisivo di questo meccanismo socio-politico applicato alle opere pubbliche è l’automatismo. E’ cosi radicato e collaudato nei decenni che acquisisce il carattere della naturalità, indefettibilità, obbligo. Non puoi fare il dirigente men che meno l’assessore se mai ti venisse l’uzzolo di mettere becco su tale meccanismo. Ecco perché quell’opera stradale s’è dovuta fare quattro volte e fortuna che alla fine qualche mammasantissima sarà senz’altro intervenuto, altrimenti le riparazioni sarebbero continuate una dopo l’altra all’infinito; dovrebbe aver chiamato qualcuno e aver detto grossomodo: “O signori qui fanno esposti a raffica, io li posso coprire come ben sapete ma fino a un certo punto, datevi una regolata, stavolta lasciate perdere per favore”. Sta il fatto che con il quarto intervento in otto mesi sullo stesso punto, finalmente la riparazione venne bene e tutti vissero felici e contenti.

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2 COMMENTS

  1. Mi domando: a che servono gli “ordini professionali”? … Ogni volta che succedono disastri per opere compiute piccole o grandi eseguite con fondi pubblici dovrebbero essere chiamati in causa per primi i professionisti ingegneri e architetti chene hanno la responsabilita’ dalla progettazione all’esecuzione, e sia prevista per gli stessi la immediata sospensione dai rispettivi albi, fino a definizione dei motivi che hanno determinato il danno… La copertura dei professionisti e’ forse il punto piu’ critico delle intere vicende… E’ in definitiva l’anello sul quale grava la aggiore responsabilita’ e non possono prestarsi impunemente a coperture per nessuno! Devono essere chiamati in causa e pagare se venuti meno alla deontologia propessionale fino all’espulsione… Purtroppo sono i primi complici delle corruttele cosi’ diffuse nelle opere pubbliche.

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