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Decreti o dpcm? il “governo dei migliori” sta solo facendo ammuina

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di ALESSANDRO FUSILLO

Da poco ha finito di risuonare la campanella dell’omonima cerimonia di avvicendamento dei due presidenti del consiglio e già buona parte della stampa ha sciolto peana e panegirici per lodare le azioni sagge e avvedute del governo Draghi e, soprattutto, per far notare il cambio di passo tra il governo Conte bis e quello attualmente in carica.

Uno dei segnali delle positive novità che i sudditi italici dovrebbero salutare con particolare favore e sollievo è, a detta di molti, l’adozione, in luogo dei famigerati decreti del Presidente del consiglio, meglio noti con l’orrido acronimo DPCM, di un decreto-legge, nella specie il decreto-legge 13 marzo 2021 n. 30. Ciò in particolar modo tra i leghisti che vanno in giro dandosi delle gran pacche sulle spalle per complimentarsi del fatto che sono riusciti finalmente ad interrompere l’aborrita prassi dei DPCM. Che sia così par dubbio.

Il decreto in questione è stato adottato dal governo a soli undici giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’ultimo DPCM, quello del 2 marzo 2021, che resterà in vigore fino al 6 aprile 2021. Già questo primo fatto avrebbe dovuto mettere in guardia i lodatori del decreto-legge. Ma come? Hanno fatto il decreto-legge ma il DPCM resta in vigore? È curioso, poi, che a ben oltre un anno dalla dichiarazione dello stato di emergenza derivante dalla pandemia del SARS-CoV2 il governo senta la “straordinaria necessità e urgenza di integrare il quadro delle vigenti misure di contenimento del virus”. Il quale, sordo ai provvedimenti legislativi, continua a non farsi contenere, per quanto intensi siano gli sforzi del patrio governo.

Una legislazione dichiaratamente emergenziale ed avente la finalità, a torto o a ragione, di indirizzare il comportamento della gente comune dovrebbe proporsi almeno il fine di essere facilmente comprensibile. Nella stesura dell’ennesima normativa sul transfer pricing o sulle offerte pubbliche di borsa ci si potrà abbandonare pure a qualche tecnicismo, giacché la platea degli utenti di quelle norme è già sufficientemente smaliziata, ma per dire quando si può uscire di casa e quali attività possono o no restare aperte si vorrebbe, da parte del legislatore, almeno lo sforzo di dettare regole chiare e comprensibili per chiunque.

L’impressione è che non ci abbia nemmeno provato. E le norme sono espresse in modo talmente contorto che tutto sommato non si possono criticare più di tanto quei sempliciotti dei leghisti che probabilmente non hanno nemmeno capito cosa hanno votato al consiglio dei ministri.

La nuova disciplina cui gli italiani dovranno attenersi è la seguente.

  1. Dal 15 marzo al 2 aprile e poi nella sola giornata del 6 aprile ai territori già collocati in zona gialla si applicano le misure stabilite dai provvedimenti di cui all’art. 2 del decreto-legge 25 marzo 2020 n. 19. In altri termini, in questa sorta di ammuina legislativa, le disposizioni del DPCM del 2 marzo 2021 dettate per le zone arancioni si applicano alle zone gialle. Quindi le zone gialle diventano arancioni dal 15.03. al 2.04., il 3, 4 e 5 aprile, come vedremo, diventano rosse e poi di nuovo arancioni il 6 aprile. Semplice no?
  2. Dal 15 marzo al 6 aprile – questa volta senza la pausa dei tre giorni perché più che rosse non potevano farle diventare – tutte le regioni in cui ci siano più di 250 contagi per centomila abitanti a settimana diventano rosse, cioè sono assoggettate alla disciplina del DPCM del 2 marzo 2021 per le zone così colorate. Se in una settimana si accumulano contagi per lo 0,25% della popolazione bisogna chiudere tutti. Ricordiamo che tra i contagiati l’incidenza di coloro che abbiano sintomi è quella che emerge dalla seguente tabella divisa per fasce di età (fonte: https://dbassi48.blogspot.com/2020/10/attenzione-al-numero-degli-asintomatici.html):In altri termini, tra i “casi” quasi tutti non hanno sintomi o ne hanno pochi o lievi. Il fondamento scientifico del lockdown resta assai dubbio.
  3. Non pago di ciò, il legislatore consente ai Presidenti delle regioni che abbiano un’incidenza superiore a 250 casi per centomila abitanti a settimana oppure, ad libitum, nelle aree in cui la circolazione di varianti di SARS-CoV2 determini un alto rischio di diffusività o induca malattia grave, di adottare, a loro discrezione, misure ancora più restrittive tra quelle previste dall’art. 1, comma 2 del decreto-legge 19/2020. Per coerenza avrebbero dovuto assegnare a codeste zone un colore ancora più allarmante, che so, un bel viola funebre.
  4. Dal 15 marzo al 2 aprile e di nuovo il 6 aprile nelle regioni arancioni è consentito spostarsi verso una sola abitazione privata, tra le ore 5.00 e le ore 22.00 purché si sia non oltre due persone a parte quelle che già vivono nell’abitazione dove ci si reca (auspicabilmente non all’alba alle 5.00 per turbare il riposo e la quiete). Nel conteggio delle due persone non contano i minori e i disabili conviventi.
  5. Chi viola le norme in questione soggiace alle sanzioni amministrative di cui all’art. 4 del decreto-legge n. 19/2020 e cioè alla multa da 400 a 1.000 Euro, aumentata fino a un terzo se si commette la violazione con un veicolo, oltre alla chiusura degli esercizi “ribelli” da cinque a trenta giorni.

Confesso che pur se avvezzo a leggere la pessima prosa del legislatore italiano per ragioni professionali ho faticato non poco a raccapezzarmi nel testo kafkiano del nuovo decreto-legge. La cosa più interessante, tuttavia, è che malgrado i toni trionfalistici di coloro che hanno sottolineato che finalmente il governo dovrà passare per le forche caudine del giudizio parlamentare si tratta dell’ennesima presa per i fondelli.

I decreti-legge devono essere convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Il che significa che il parlamento ha tempo fino al 12 maggio 2021 per convertire in legge il decreto, quando tutte le sue disposizioni avranno cessato da tempo di avere vigore, visto che scadono tutte il 6 aprile. Al massimo la conversione in legge servirà, a quel punto, per salvare le multe che saranno state irrogate ai pericolosi malfattori che saranno andati a trovare la nonna non una ma due volte durante la giornata – e che avranno avuto la dabbenaggine di farsi cogliere in fallo confessandolo alla polizia – o che avranno commesso il grave oltraggio di consumare un panino nelle adiacenze del bar dove l’avranno comprato invece di allontanarsene per mangiarlo freddo (è noto che il virus, da vero viveur, evita chi abbia siffatte incivili abitudini alimentari).

In secondo luogo, il nuovo decreto-legge non fa cessare affatto la deprecata e deprecabile prassi dei DPCM giacché si limita solo all’ammuina delle zone per cui il giallo diventa arancione e l’arancione rosso e il rosso, secondo la nostra proposta, viola addobbo funebre di fantozziana memoria. La normativa applicabile resta comunque quella del DPCM del 2 marzo 2021 che rimane applicabile con l’ulteriore assurdità di un atto avente forza di legge che rinvia ad un atto amministrativo (il DPCM) per il suo contenuto.

Vuole la leggenda che tale Federico Cafiero, ex ufficiale della Marina borbonica, già distintosi per avere tradito il suo re e il suo giuramento passando ai piemontesi, fosse stato sorpreso a dormire insieme all’equipaggio tirandosi addosso una punizione inflittagli da un ammiraglio sabaudo. Fu così che inventò l’ammuina: serviva anzitutto a svegliarlo dalle braccia di Morfeo in caso di un’ispezione di un ufficiale superiore e poi a dare la parvenza di una frenetica attività mentre in realtà l’equipaggio non stava facendo un bel niente.

Ecco l’ammuina:

  • All’ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa
  • e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora:
  • chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra
  • e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta:
  • tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa
  • e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio
  • passann’ tutti p’o stesso pertuso:
  • chi nun tene nient’ a ffà, s’ arremeni a ‘cca e a ‘ll à.”

Il “governo dei migliori” sta facendo ammuina, cioè sta prendendo in giro gli italiani come il buon Federico Cafiero scherniva l’ammiraglio piemontese che probabilmente gli stava piuttosto antipatico. E non aveva tutti i torti. Chissà che quell’ammiraglio non fosse uno degli uomini dalla testa di legno su navi di ferro che si fecero sonoramente battere dagli uomini dalla testa di ferro sulle navi di legno della marina veneziana comandata dall’Ammiraglio Guglielmo Tegetthoff.

 

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