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Il collezionista di scontrini: un ordigno narrativo a tre stadi

Da leggere

di GIANLUCA PAVAN

“Il Collezionista di Scontrini” non è solo un romanzo: è un ordigno narrativo a tre stadi. Leonardo costruisce un’opera che si legge come un giallo, si assapora come un manifesto libertario e si decifra come un gioco d’intelligenze e citazioni per pochi iniziati.

Al primo livello, il libro è un giallo puro, teso, scritto con ritmo serrato e ironia tagliente. Ogni capitolo spinge il lettore in avanti, tra colpi di scena, rivelazioni e dialoghi che non lasciano scampo. È quel tipo di storia che leggi d’un fiato perché vuoi sapere come va a finire, ma temi di scoprirlo troppo presto.

Il secondo livello è la vera anima dell’opera: un elogio al pensiero libertario. Leonardo non predica, insinua. Non ti dice che le tasse sono un furto — ti porta a dubitarne da solo. Ti accompagna, pagina dopo pagina, verso un risveglio silenzioso ma dirompente: quello di chi inizia a guardare lo Stato con occhi nuovi, scoprendo dentro di sé una vena anarco-capitalista che non sapeva di avere.

Infine, il terzo livello, quello più nascosto e delizioso: i personaggi, le citazioni, gli ammiccamenti. Qui Leonardo gioca in casa, regalando strizzate d’occhio a chi conosce il suo mondo, i suoi amici, le battaglie di una vita. È un piano narrativo intimo, quasi carbonaro, dove l’umorismo diventa contrappasso e la satira si fa autoritratto collettivo.

In sintesi, “Il Collezionista di Scontrini” è una lettura che diverte, provoca e illumina. È un romanzo che funziona tanto per chi cerca una trama avvincente quanto per chi ama scavare nelle idee. Leonardo firma un libro che si legge come intrattenimento, ma resta nella mente come un seme politico.

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