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Invasione straniera, l’italia e’ di chi se la piglia. eutanasia di uno stato finzione

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di ROMANO BRACALINI

italia pigliaQualche giorno fa a Lampedusa, nell’anniversario della tragedia del 3 ottobre 2013, i manifestanti, tutti di provata fede globalista, portavano uno striscione con la scritta: ”A Lampedusa per difendere le persone e non i confini”. Un capolavoro di improntitudine, come se una cosa – difendere le persone -, dovesse per forza di cose negare l’altra – la difesa dei confini. Ma c’è in questo ragionamento un antico riflesso che risente delle due culture dominanti, la comunista e la cattolica: un residuo di internazionalismo sfociato nel globalismo e una buona dose di  indulgenza cattolica riassunta in un prontuario di buone intenzioni. Avete sentito la Boldrini fare l’elogio del globalismo, dell’immigrazione come opportunità del nostro domani,con voce monotona, incolore, marchigiana, con poca padronanza della lingua? E’ la corrente maggioritaria della nostra classe politica, buona a niente ma capace di tutto.

Churchill diceva: ”L’Italia è il ventre molle dell’Asse”. Non si è rimediato al difetto fisiologico, direi storico, di questo paese incompiuto. Così l’Italia è oggi il ventre molle dell’Europa; e gli assertori del globalismo umanitario vedono nei confini un impedimento alla libertà di circolazione, un condizionamento che non si accorda con i tempi che viviamo, un simbolo dell’egoismo degli stati ricchi  europei. Ma i confini di Stato sono come le mura maestre della casa. Puoi violare il domicilio? I pirati barbareschi nel ‘600 depredavano le coste dell’Italia meridionale, entravano nelle case, prendevano le donne e le rivendevano sul mercato di Algeri. Si rendevano conto di sovvertire ogni regola di civiltà. I popoli afroasiatici hanno affermato il loro diritto all’indipendenza ridisegnando i confini che gli europei avevano tratteggiato col righello dividendo le tribù, le etnie, i gruppi linguistici, che con la decolonizzazione hanno ripreso a farsi la guerra. Andatelo a dire agli africani, agli asiatici che i confini non sono importanti e che si possono cancellare impunemente? Spagnoli e greci respingono i clandestini e i primi non esitano a sparare nelle enclave spagnole del Marocco, a Ceuta e Mellila. L’Australia, terra d’immigrazione, ferma e respinge le navi che provengono dall’Asia senza permesso. L’Italia ha cancellato il reato di clandestinità; e i clandestini africani in difficoltà sanno che le navi della Marina italiana andranno a trarli in salvo, come non fa nessun paese civile che abbia rispetto del proprio ordinamento e delle proprie regole.

L’Italia ha sempre avuto un deficit di dignità e di decoro. ”Franza o Spagna, purché se magna” riassume il senso di questo smarrimento. Quando gli alleati sbarcarono in Sicilia ai primi di luglio 1943 vennero accolti ovunque come liberatori. Osservavano sbigottiti i siciliani piccoli e neri come saraceni che agitavano i cappelli e parlavano una lingua incomprensibile. Un soldato su un carro armato disse al suo compagno di fianco:”Ma non erano quei figli di puttana che ci sparavano addosso?”. Curzio Malaparte, a Napoli durante l’occupazione americana nel ‘44, testimonia nel suo libro “La pelle” che la condizione di vinti si addiceva al popolo napoletano, faceva parte della sua natura subalterna e servile. Gli alleati imponevano l’ordine e la legge che a Napoli non c’erano mai state. In cambio i napoletani non chiedevano che di rubare per vivere, rubare di tutto, anche navi  intere appena arrivate dall’America. La città venne divisa in settori Off Limits. E gli alleati dovettero mettere un cartello fuori della città che diceva: ”Napoli, città di ladri”. Il Sud si faceva complice di tutti i conquistatori.Arabi, normanni, spagnoli,italiani. Carlo VIII re di Francia conquistava l’Italia “col gesso” e dovette arrivare al Fornovo, in Lunigiana, sulla strada di ritorno,per essere battuto da una coalizione italiana. Già ai tempi del Guicciardini era comune il detto:”L’Italia è di chi se la piglia”.

Lo spettacolo dell’assalto dei clandestini alle nostre coste,in fondo è un rituale che appartiene al carattere debole, remissivo, rinunciatario, niente affatto generoso, di un popolo che non è mai diventato una nazione.

Non si dovrebbe pensare all’immigrazione a seconda del nostro modo di pensare, per schemi, o del partito di appartenenza, ma come a un fenomeno che va regolarizzato, disciplinato, inquadrato in flussi sostenibili; ma così non è perché la nostra inconsistenza di nazione ci impedisce di vedere il problema per quello che è, senza condizionamenti politici, privilegiando l’interesse del Paese e difendendone il decoro e la sovranità. Nell’immigrazione incontrollata, nell’incapacità di gestirla e di impedire abusi, è già implicito il senso di rinuncia. La sinistra ci vede un modo per riscattarsi dai suoi fallimenti storici; la Chiesa per rinnovare una pratica di pietà e di soccorso. L’una e l’altra non faranno che accelerare l’eutanasia di questo stato-finzione, dopo averne impedito in tutti i modi l’atto di nascita.

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2 COMMENTS

  1. L’Australia respingerà i clandestini ma l’immigrazione di massa di non europei è una politica accettata da ogni gruppo politico di rilievo da una quarantina di anni (fenomeno solo brevemente interrotto dal movimento populista “One Nation” di Pauline Hanson). Il ricambio demografico è molto più evidente lì che non in Italia.
    http://goo.gl/cRuFrW

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