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L’europeismo straccione, ma a spese altrui

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di MATTEO CORSINI

Ci sono editorialisti dei quali è quasi sempre possibile conoscere il contenuto di un articolo senza averlo letto, essendo monotematici. Uno di costoro è Sergio Fabbrini, il cui sermoncino europeista trova spazio regolarmente ogni domenica sul Sole 24Ore.

In vista delle elezioni per eleggere i componenti del Parlamento europeo, Fabbrini elenca alcune tematiche sulle quali i non sovranisti dovrebbero convergere per rafforzare il progetto comunitario. Uno dei punti ricorrenti riguarda ovviamente la “capacità fiscale” dell’Unione.

Secondo Fabbrini, “è necessario riformare la governance dell’Eurozona, dotandola di una capacità fiscale indipendente dalle volontà dei governi nazionali dell’Eurozona, non già abbandonare l’euro. Un budget (seppur limitato) dell’Eurozona consentirebbe di portare (per dirla con Tommaso Padoa-Schioppa) Keynes a Bruxelles, così equilibrando gli effetti pro-ciclici della disciplina di bilancio perseguita a livello nazionale. A sua volta, l’utilizzo anticiclico delle risorse fiscali europee richiederà la creazione di una governance democratica a livello dell’Eurozona”.

Il mantra sulla capacità fiscale è tanto ripetuto dagli europeisti “de noantri” quanto destinato a rimanere lettera morta. La citazione di Tommaso Padoa-Schioppa (quello di “le tasse sono una cosa bellisisma”) intende conferire autorevolezza alla invocazione di una nuova capacità di tassare da parte europea, ma sarebbe il caso di ricordare che Keynes a Bruxelles c’è già da un pezzo.

Contrariamente alla retorica (stracciona) di chi invoca un giorno sì e l’altro pure delle politiche anti-cicliche sostanzialmente a senso unico, il deficit di bilancio nell’Unione europea è, nei fatti, la regola e non l’eccezione.

Resta poi il fatto che le risorse reali non si creano dal nulla, quindi servirebbe una maggiore tassazione a carico di qualcuno per dotare l’Unione europea di più risorse da usare in funzione anti-ciclica. E se fosse indicata come soluzione l’emissione di titoli di debito a livello comunitario, la sostanza non sarebbe altro che lo spostamento del carico fiscale sui pagatori di tasse di domani.

Se queste sono le proposte migliori, non credo ci si debba stupire se, da parte di coloro che con ogni probabilità dovrebbero pagare il conto, la percezione sull’Italia non sia positiva anche da prima che governassero i barbari saliti al potere un anno fa.

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