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Neolingua di governo: non abbiamo aumentato le tasse

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di MATTEO CORSINI “Mi sento di prendere l'impegno di continuare con la politica che il governo precedente ha seguito, in quasi tre anni di lavoro: tasse più basse, riforme strutturali, ruolo crescente degli investimenti pubblici e privati per sostenere la crescita”. Questo dichiarava lo scorso 16 gennaio il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, al Tg3. E’ una delle tante dichiarazioni, più o meno identiche, nelle quali parla, del tutto a sproposito, di riduzione delle tasse. Il fatto è che poi, ogni volta che c’è una manovra di bilancio più o meno consistente, la parte del leone la fanno gli aumenti di entrate e non le riduzioni di spesa. Copione prontamente ripetuto anche in occasione della correzione da 3,4 miliardi appena sfornata dal governo. Quando lo “split payment”, ossia il pagamento dell'Iva da parte dell'acquirente ora esteso dalle amministrazioni centrali a tutte le società partecipate dallo Stato, è presentato dal governo come misura di lott
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1 COMMENT

  1. La spesa pubblica non si riduce, si razionalizza.
    Per non urtare chi se ne nutre a larghe manciate, e non irritare i sindacati.
    Le tasse non aumentano, ma vengono introdotte a piccoli spizzichi, atteggiandosi a salvatori della patria nei confronti delle pressanti richieste della UE e delle penalità accettate e previste in precedenti accordi.
    Per non allarmare oltremodo una sudditanza ormai allo stremo.
    Entrambe le mosse solo ed unicamente per non perdere la faccia e le leve del potere.
    Si va avanti così, senza idee chiare, senza prospettiva , nel rintuzzare alla giornata gli imprevisti ed i danni che si stanno materializzando gradualmente per l’economia e la vita della gente comune.

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