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Svizzera, ecco la proposta per vendere i permessi di lavoro

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Paolo-Paminidi REDAZIONE

Dopo la Exten, la SMB. Due scioperi in pochi giorni, con grande risonanza mediatica e, alla fine, la vittoria dei lavoratori. C’è da attendersi che l’esempio venga seguito dai dipendenti di altre aziende alle prese con il franco forte? E i sindacati, spesso attaccati, che ruolo hanno in tutto ciò?

In merito il candidato al Consiglio di Stato per la Destra Paolo Pamini non le manda a dire e, oltre ad esprimersi sui sindacati, propone anche una soluzione innovativa per risolvere il problema legato all’accresciuta competitività dei fontalieri.

Perché aumentano gli scioperi?

“Per due motivazioni basilari: la prima, poiché siamo confrontati attualmente con tagli delle buste paga a causa del franco forte, il che non è giustificabile ma comprensibile. La seconda riguarda un trend a livello svizzero di aumento della conflittualità, con la spinta dei sindacati, UNIA e OCST, ovviamente con metodi diversi.”

Che cosa intende per sistemi differenti?

“I due sindacati, è noto, hanno tradizioni diverse. L’OCST è di origine cristiana, ed è meno conflittuale, più ragionevole e maggiormente portato al dialogo, con la preoccupazione della dignità dei lavoratori. UNIA invece è più combattiva, cerca lo sciopero e il botto appena possibile. La sua origine è marxista, e ha una visione legata alla lotta di classe. Ad ogni modo, cresce sempre più la mediatizzazione dei sindacati. Per loro è un comportamento razionale, poichè si fanno conoscere. Ormai, sono degli imprenditori a tutti gli effetti, con un business simile a quello del mondo mediatico. C’è gente specialista a “montare la panna” su problemi che comunque esistono, anche se io non sono a favore riconosco che sanno fare il loro lavoro, con un apparato competente.” 

Dunque, i lavoratori si trovano in un certo senso strumentalizzati da entrambe le parti?

“Sì, si trovano tra l’incudine e il martello. I sindacati fanno certamente i loro interessi sul breve periodo, non sul lungo. In poco tempo non prevedo una diminuzione delle tensioni, la situazione attuale è un incentivo a essere aggressivi. Chi potrebbe dare una mano ai lavoratori è la politica.”

In che modo? Tramite la mediazione?

“A mio avviso no. Per quanto concerne il Ticino, i problemi maggiori sono legati ai frontalieri. Le industrie si trovano con l’acqua alla gola per il franco forte, che è assolutamente una cosa positiva per i consumatori, perché per esempio comprare e andare in vacanza costa meno. Secondo me, neppure i contingenti sono la soluzione giusta.”

E quindi, cosa propone Paolo Pamini?

“La mia idea sarebbe di vendere i permessi G ad un prezzo che equivalga alla differenza di salario fra un frontaliere e un residente. Parlando di cifre, se poniamo uno stipendio a 3000 franchi (cifre comunque minime), in Italia equivarebbe a un salario di 1000 franchi: il permesso G potrebbe dunque costare 2000 franchi al mese. Chi lo pagherebbe? Sarebbe indifferente, sia che lo facesse il lavoratore sia che fosse a carico dell’azienda i risultati sarebbero gli stessi.

A questo punto, i frontalieri e gli indigeni costerebbero uguale, ma i primi avrebbero uno stipendio italiano e i secondi uno svizzero. E con i soldi del permesso G, partirebbe la seconda proposta.”

Ovvero?

“Li usiamo per abbassare le imposte sulle imprese. Sempre citando cifre concrete, le ditte pagano al Cantone 360 milioni di franchi annui sull’imponibile. Dividendo questi 360 milioni per i 60mila frontalieri che abbiamo in Ticino, verrebbero circa 6000 franchi. Se il permesso G costasse così, ovvero meno di 500 franchi al mese, avremmo gli stessi soldi che le imprese versano al Cantone e potremmo di fatto cancellare la tassazione. Se costasse, mettiamo, il doppio, verrebbero coperte le imposte sia cantonali che comunali. Il Ticino diventerebbe la nuova Zugo: attrattiva, e abbatterebbe il dumping. È un approccio liberale ad un problema da non sottovalutare.

La sinistra e i sindacati vogliono i salari minimi attraverso i contratti collettivi, invece sarebbe solo un regalo ai frontalieri, che non vanno pagati come i residenti. La mia proposta non andrebbe contro la libera circolazione come fanno invece i contingenti. C’è da dire che chi viene da oltre confine è spesso più motivato venendo da una situazione precaria, mentre il ticinese dorme sugli allori, deve essere più competitivo!”

Dunque, in caso di elezione sarebbe questa la prima idea da lanciare?

“Sicuramente sarà una di quelle che proporrei.”

TRATTO DA TICINO NEWS

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