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Telejato: una legge fara’ “meglio” della mafia, la chiudera’

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di REDAZIONE


Lettera aperta delle associazioni “Dieci e venticinque” e “Rita Atria” al ministro delle Attività produttive, Corrado Passera, per chiedere il salvataggio di Telejato, la televisione di Partinico famosa per il suo tg e soprattutto per le battaglie del suo direttore Pino Maniaci. 

Le condizioni imposte dal bando di assegnazione delle frequenze sembrano infatti tagliare fuori Telejato dalla competizione. La piccola televisione del Palermitano rischia di essere una di quelle 50 emittenti siciliane che con lo switch off, ossia il passaggio dal sistema analogico a quello digitale terrestre, cesseranno definitivamente di trasmettere il prossimo 30 giugno.

“Tra pochi giorni, il 9 maggio – scrivono le due associazioni – ricorrerà il trentaquattresimo anniversario dell’uccisione mafiosa del giornalista Peppino Impastato. L’Italia intera si appresta a commemorare il coraggio di un giovane che, insieme ai suoi compagni, dai microfoni di “Radio Aut” denunciava senza paura gli interessi mafiosi, a Cinisi e oltreoceano, del boss Badalamenti. Senza omissioni o connivenze, con la sola arma della libertà e dell’ironia. Pagando la sua dedizione e il suo coraggio, con la vita. Oggi, a trentaquattro anni da quel 9 maggio 1978, molti altri cronisti e operatori dell’informazione seguono il suo esempio rischiando ogni giorno per poter svolgere a testa alta e schiena dritta il lavoro di giornalisti. Tra questi: Giuseppe Maniaci e la sua redazione di Telejato, emittente televisiva con sede a Partitico”.

Secondo ‘Dieci e venticinque’ e ‘Rita Atria’ “paradossalmente, una legge della Repubblica potrebbe riuscire a fare quello che cosa nostra non è riuscita a fare. Da anni, infatti, la ‘televisione più piccola del mondo’ trasmette ‘il tg più lungo del mondo’ in una zona ad alta densità mafiosa raggiungendo 22 comuni della Sicilia orientale, facendo informazione libera e denunciando il malaffare senza nascondersi. Proprio quest’attività sociale di denuncia è valsa al suo volto e alla redazione, svariate querele, intimidazioni (le ultime, pochi giorni fa), aggressioni e attentati”.

Le due associazioni difendono a spada tratta Telejato anche facendo precisi riferimenti normativi e affermando che quella partinicese “è una televisione locale comunitaria. In conformità con la legge Mammì (n. 223 del 6 agosto 1990), quindi, ha uno statuto di Onlus e non quello di una tv commerciale. Di qui, il limite agli spot pubblicitari: solo 3 minuti ogni ora di trasmissione. A mettere a rischio l’esistenza stessa di Telejato e l’incolumità dei suoi artefici, oltre alla mafia anche lo switch-off, il passaggio cioè dall’analogico al digitale nel mese di giugno in Sicilia”.

I firmatari della lettera aperta lodano il governo Monti aver, nelle scorse settimane, “messo fine alla beffa del beauty contest” stabilendo il ricorso ad un’asta. Ma ricordano che Telejato, così come le altre 200 televisioni comunitarie, proprio per il suo status di televisione comunitaria e di onlus, è priva di un bilancio adeguato a partecipare all’asta, vedendo così inesorabilmente cancellata la sua possibilità di trasmissione. Al tempo stesso invitano l’esecutivo a  riflettere sul “grave danno che sarà apportato al sistema informativo e al diritto alla libera informazione dei cittadini” escludendo Telejato dalle concessioni e a tutelare il lavoro delle televisioni comunitarie e locali.

“Noi ci chiediamo e le chiediamo – scrivono le due associazioni rivolgendosi al ministro Passera – il legislatore ha riflettuto sulle conseguenze dello spegnimento di Telejato? Telejato deve essere considerato un bene culturale, al pari di ogni altro monumento artistico italiano: se l’arte rinnova i popoli, anche la controinformazione di Telejato in Sicilia può farlo. L’informazione può aiutare giovani e meno giovani a prendere coscienza di quello che li circonda e a scegliere. La scelta contribuirà a migliorare una delle regioni d’Italia, da qui anche la nostra Repubblica lo sarà”.

La lettera si conclude con un invito al ministro e all’intero governo a valutare a “porre alla sua attenzione un aspetto umano drammatico, crudo, scevro da retorica: la mafia uccide. La mafia non dimentica. La mafia colpisce più facilmente quando cala il silenzio e l’opinione pubblica si distrae. L’informazione rappresenta il sistema immunitario dell’opinione pubblica: se calano le difese immunitarie è più attaccabile. Ad essere uccisi sarebbero molte coscienze, ma prima d’ogni altro lo Stato italiano deve avere a cuore le sorti dell’uomo e cittadino Pino Maniaci e dei suoi familiari”.

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