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Tosi e il vecchio centrodestra, far male a zaia per azzoppare salvini

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di GIANLUCA MARCHI

tosi salvini nuovoLa sceneggiata è durata in sostanza due giorni. Flavio Tosi non più nella Lega ci ha pensato e riflettuto nemmeno quarantotto ore e poi ha deciso di candidarsi a governatore della Regione Veneto per ora alla guida di una lista civica della quale, nelle prossime settimane, si capiranno i contorni. Particolare curioso, nell’annunciare la sua decisione, per altro scontata, il sindaco di Verona ha parlato in plurale majestatis – “Ci candidiamo a governatore…” – manco fosse un novello papa. Vabbè…

A questo punto, dunque, il campo è sgombro da qualsiasi infingimento e Tosi è in campo contro il suo ex partito e contro Luca Zaia, il politico veneto del cui successo personale ha più sofferto in questi anni. In un precedente articolo mi chiedevo quanto, una candidatura di Tosi a governatore, avrebbe potuto far male a Zaia e alla Lega e cercavo di rispondere sostenendo che la capacità di incisione del sindaco scaligero sarebbe stata paradossalmente molto elevata se avesse vestito i panni del venetista convinto, al limite dell’indipendentistimo, un ruolo però che non gli è mai appartenuto e che anzi ha sempre aborrito, e per di più un vestito che i cittadini veneti si sarebbero aspettati indossato più da Zaia che da Tosi.

Trascorsi solo pochi giorni il campo appare un po’ più chiaro e si sente parlare del Veneto come di un possibile laboratorio politico per la ricostruzione del nuovo centrodestra al fine poi di schierare la nuova alleanza contro il lanciatissimo Matteo Renzi. E questo esperimento potrebbe giocarsi proprio dietro la figura di Flavio Tosi. Allora mi viene di azzardare una previsione: la candidatura dell’ormai ex segretario nazionale della Liga Veneta è lanciata sì allo scopo primo di far male a Luca Zaia, cioè di metterne in discussione la probabile, e fino a pochi giorni fa quasi scontata, rielezione a governatore, ma in prospettiva lo scopo principale è un altro e cioè azzoppare Matteo Salvini.

Intorno a Tosi si coaguleranno in pratica tutti quei pezzi e spezzoni del centrodestra che non sopportano l’ascesa di Matteo Salvini, accusato di una deriva estremista a destra anche e soprattutto allo scopo di essere isolato politicamente, in un momento in cui nessuno, in quel campo politico, riesce seriamente a contrastarlo, anche perché il segretario leghista spavaldamente assume le posizioni e dice le cose che gran parte dell’elettorato moderato vuole sentirsi dire.

Con le diversità politiche del caso, Salvini sta giocando, nel centrodestra, la stessa partita politica che l’altro Matteo ha giocato a suo tempo per conquistare la leadership del pd e del centrosinistra, prima opponendosi e perdendo contro Bersani alle primarie del partito, ma poi conquistando l’intero bottino non appena l’ex segretario ha sbagliato tutte le mosse in quanto imprigionato nelle logiche della vecchia guardia. Lo scontro generazionale, a sinistra, non poteva che far emergere la figura di Renzi. E così è stato.

Sul fronte opposto Salvini sta cercando di fare lo stesso con la differenza politica che, mentre Renzi ha messo all’angolo l’estrema sinistra spostandosi verso il centro, il segretario leghista va decisamente a destra preoccupandosi poco o nulla del moderatismo centrista e dà per scontata la rottamazione di Berlusconi (scelta che pare abbia parecchio irritato l’ex Cavaliere). Tosi invece guarda al centro, strizza l’occhio all’ex presidente Consiglio (prevede che vincerebbe le primarie se si candidasse e quindi ne solletica il protagonismo e l’orgoglio), e dietro la sua figura di una generazione di mezzo (ha solo tre anni più di Salvini, ma apparentemente sembra calcare la scena da più tempo), blandisce tutta la vecchia guardia di centrodestra che non sopporta di uscire di scena per mano di Salvini.

Volendo continuare nel paragone, forzato sia chiaro, con quel che è accaduto nel centrosinistra, Tosi per Salvini potrebbe essere visto come l’Enrico Letta del centrodestra. Renzi, diventato capo del partito, non ha lasciato a Letta il tempo per consolidarsi e l’ha spazzato via nel volger di un mattino. A destra, invece, la partita Salvini-Tosi è appena iniziata e le truppe stanno cercando di prendere posizione. Sia chiaro, in tutto questo contesto, come ha rilevato la recente intervista di Oneto a Formiche, la Lega originaria praticamente non c’è più o appare quantomeno accantonata

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4 COMMENTS

  1. Mi perdon caro diretur, ma è con affetto e stima nei Suoi riguardi che mi permetto di lanciare un appello contro l’uso di forme grammaticali pelasgiche che meglio starebbero in bocca a de mita e nipotini vari.
    Invece di “manco” si potrebbe usare il più corretto “neanche”, invece d “vabbè” sarebbe più simpatico leggere un bel “va beh”. Se poi si volesse, sarebbe bellissimo, almeno per me, ogni tanto leggere quelche termine genuinamente padano.
    L’indipendentismo, a mio avviso, dovrebbe cominciare proprio da queste piccolissime cose.
    Grazie per l’attenzione e buon lavoro.

      • Errore comprensibile, infatti, la padronanza completa della lingua italiana non è prerogativa né obbligo per i padani, anche se Manzoni e il Nievo la possedevano.

      • Se vuole fare il maestrino, Le consiglio di comprarsi un dizionario. “beh” è esattamente equivalente a “be’”. Si può scrivere in entrambi i modi.

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