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Mestre, i veneziani vogliono un referendum per separarsi

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di MITIA CHIARIN*

Oltre il 72 per cento dei veneziani intervistati da uno studio commissionato alla Fondazione Ca’ Foscari ritiene che sia importante che i cittadini possano esprimersi con un referendum sulla proposta di divisione di Venezia e Mestre.

Lo rende noto l’associazione non-profit We Are Here Venice che ha commissionato la ricerca «al fine di contribuire a migliorare la qualità del dibattito in corso in questo momento a Venezia».

Sono state eseguite 600 interviste telefoniche tra il 18 e il 24 Luglio scorso, «bilanciando il campione tra la popolazione maggiorenne e residente nelle città di Venezia e Mestre».

Risultati

Ecco i risultati: «Oltre il 90% degli intervistati è a conoscenza dell’iniziativa referendaria. Circa il 70% ritiene che il referendum sia lo strumento più appropriato per affrontare il tema della suddivisione del Comune». Tra questi, più del 70% ha motivato così la propria posizione: «È una decisione che riguarda tutti e quindi è corretto che tutti i cittadini possano esprimersi».

Altri, quasi il 14%, hanno motivato la loro preferenza sostenendo che più che i politici, sono i cittadini a doversi esprimere, spiegano Jane da Mosto e l’avvocato Fabio Moretti a nome dell’associazione. I contrari sono invece quasi il 28 per cento del campione intervistato per la ricerca.

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Bassa scolarità

Lo strumento referendario, si scopre con la ricerca, ha maggiore presa tra quanti hanno una bassa scolarizzazione (quasi l’80 per cento ha al massimo la licenza elementare) contro gli intervistati laureati il cui favore scende al 68,9 per cento. L’8 per cento dei favorevoli sostiene che anche se il referendum sulla separazione è stato già proposto quattro volte, uscendo sempre perdente, «la situazione oggi è cambiata».

Troppi. Il 40 per cento dei contrari alla nuova consultazione, punta proprio sul fatto che saremmo alla quinta consultazione, per ribadire il proprio dissenso. La ricerca, in conclusione, afferma che un intervistato su due conosce direttamente la questione; 9 su 10 hanno invece una conoscenza evocata. E il problema dell’informazione sul referendum interessa particolarmente i più giovani.

Sette intervistati su dieci ritengono corretto l’utilizzo del referendum, lasciando l’ultima parola ai cittadini.

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Separatisti 

E di fronte a questi dati, i separatisti gioiscono. «Oltre il 70% dei 600 intervistati è favorevole al referendum per la suddivisione del Comune di Venezia, come strumento di democrazia diretta. Il messaggio è rivolto al giovanissimo assessore Venturini, erede politico di Ugo Bergamo, che ci aveva definito come “inesistenti” alle ultime elezioni. Ora è tutta la giunta a tremare e se dovesse arrivare presto la divisione, come da programmi, decadranno ai sensi di legge. La normativa del 1960 prevede che se la divisione riduce di un quarto la popolazione del Comune, la giunta comunale decade d’ufficio. Quindi, la giunta Brugnaro andrà presto a casa», dice polemico l’avvocato Marco Sitran, ex alleato di Brugnaro alle elezioni che hanno portato l’imprenditore alla guida della città e strenuo difensore della separazione tramite referendum, ipotesi che oggi il sindaco non intende attuare, contestandola e definendola impraticabile.

«Il sindaco ha paura e non dorme sonni tranquilli. Noi confidiamo invece nella Regione. I tempi sono cambiati. Pure il Pd ora apre al dibattito, è rimasto solo Pellicani arroccato su posizioni contrarie. La sensibilità è cambiata in città e confidiamo in un voto a novembre. E questi dati ci danno ragione», dice Sitran.

I numeri

Quello che viene promosso dagli autonomisti sarebbe il quinto referendum per la separazione tra Venezia e Mestre. I comitati promotori hanno raccolto oltre 9 mila firme, sulle 7 mila necessarie per chiedere alla Regione di indire la nuova consultazione. I separatisti, fino a questo momento, sono stati molto attivi (organizzando incontri e confronti) e si dicono convinti che alla fine il referendum si farà e vincerà il “sì”.

Delle firme raccolte solo 2 mila arrivano dalla città storica (da sempre più fredda ai richiami separatisti) e ben 7 mila dalla terraferma. Il primo tentativo di separare le due realtà risale al 1979, allora sindaco Mario Rigo: fu un secco 72 per cento a bocciare la separazione. Nel 1989 – sindaco Antonio Casellati (che per sbaglio votò “sì” e si fece cambiare la scheda) – i “no” vinsero con il 57 per cento.

I separatisti ci riprovarono nel 1994, sindaco Massimo Cacciari, e i “sì” salirono al 44 per cento. Infine, nel 2003 – sindaco Paolo Costa – non venne raggiunto neppure il quorum e la partecipazione si fermò al 39 per cento.

* Articolo tratto da http://nuovavenezia.gelocal.it/

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