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Elogio del cognome paterno e della sua valenza storica

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cognomidi ENRICO ANDRIAN

“La querelle sui cognomi dei figli sta dimostrando ancora una volta tutta l’assurdità dello Stato italiano, delle sue leggi sempre esemplari nel ridicolo, e del moralismo ipocrita di legislatori e commentatori di ogni ordine e grado. Prossimamente suppongo vedremo una legge che garantisce ai genitori la possibilità di dare al figlio il cognome di un tizio a caso appena fermato per strada, pur di farne una battaglia ideologica.

Questa querelle ha il sapore arcaico del femminismo da barricata, sessantottino, rivoluzionario a prescindere purché sia controcorrente e contrario a tutto ciò che è attualmente la “normalità”. Non importa se è sbagliato, assurdo, ridicolo. Con questo, attenzione, non sono contrario in assoluto al fatto che un figlio possa avere anche o solo il cognome materno, ma che ciò sia ben inquadrato in casistiche definite. Il cognome non è una cosa inutile, messa per sport, e ce lo dimostra la storia antica dei cognomi, dai cognomen romani ai patronimici germanici. Il cognome è sempre stato l’identificazione di un individuo con la sua stirpe di appartenenza, che fosse il nome della gens, un locativo o un titolo professionale, aveva pur sempre un chiaro riferimento al capostipite della famiglia. Che possa sembrare sessista il fatto che mille o duemila anni or sono il riferimento familiare fosse il capofamiglia maschio, beh probabilmente lo era, ma questa è l’impronta culturale del nostro essere indoeuropei (ma vale anche per i semiti).

Quale vantaggio avrebbe ora, in un’epoca in cui de jure e de facto, c’è la piena parità di diritti tra i sessi, voler abbattere una pratica in uso da almeno due millenni e priva di alcun valore giuridico effettivo? Quale grande “conquista sociale” può essere stravolgere millenni di tradizione solo per una ripicca di “orgoglio” di questo neo-femminismo ruggente, che non può essere accusato come sarebbe giusto, di sessismo androfobo senza incorrere nella condanna morale di “maschilismo”, quella si sempre valida?

Onestamente non vedo alcun problema ad aggiungere il cognome della madre come secondo, si è usato spesso in ambito aristocratico quando la famiglia materna fosse stata di rango pari se non superiore al casato materno; così come non ho alcuna difficoltà nell’accettare la pratica già diffusa del cognome materno per i figli non riconosciuti dal padre, o nel caso il padre si sia mostrato indegno al punto da venire ripudiato in modo assoluto dal figlio. Quello che mi pare invece assurdo è il voler negare a colpi di diritto la prassi storica del tramandare in prima istanza il cognome paterno nei casi normali, trasformando il cognome in una cosa facoltativa, come se fosse un semplice soprannome da scegliere a piacere.

In Islanda, nella più pura tradizione germanica, i cognomi sono mantenuti nella forma più arcaica della tradizione, ovvero il cognome consiste nel nome del padre. Se i soloni rivoluzionari del diritto sessista italico potessero governare l’Islanda cosa farebbero? Abolirebbero i cognomi in quanto “discriminatori”?”

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1 COMMENT

  1. Dare la libertà di usare il cognome materno non mi sembra “abbattere una pratica”.. chi vuole lo fa e chi non vuole non lo fa.. chi la pensa come te usa quello paterno e bon. L’uso che si affermerà sarà deciso dalle singole libere scelte e qualsiasi sia il risultato sarà quello che spontaneamente diventerà la normalità di oggi. Personalmente sono orgoglioso di portare il cognome di mio padre, non vorrei mai essere obbligato a cambiarlo o non poterlo passare a mio figlio, ma se qualcuno ha una sensibilità diversa faccia come vuole, non mi disturba.

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