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Le mani nelle tasche degli italiani le mette solo chi impone le tasse

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rapinadi LEONARDO FACCO

Non abbiamo mai dimenticato frasi sconnesse tipo “Le tasse sono una cosa bellissima” – dell’allora ministro Padoa Schioppa – che un suo compagno di scuderia bocconiana, poi assurto alla presidenza del Consiglio, ce ne ha subito rifilata un’altra a dir poco memorabile: “Chi evade mette le mani nelle tasche degli italiani”. Non è cosa di poco conto che a fare affermazioni così strampalate (stile “1984” di George Orwell) seppur in linea con la demagogica campagna del “dagli all’evasore”, siano personaggi pubblici sulla ribalta, professori di prestigiose università, artisti vari (salvo poi scoprire che anche a loro piace incassare soldi in nero). Quando certe parole, certi messaggi, giungono all’orecchio dell’italico “homo medio”, quest’ultimo penserà che corrisponda a verità che “Chi evade mette le mani nelle tasche degli italiani”. Lo han sostenuto e sostengono in tanti. Il primo a dirlo fu Mario Monti. 

Vado, come al solito, controcorrente e vi dico che non è così. E non ve lo dirò con parole mie, ma con quelle di chi ha molti galloni in più e tanta credibilità. Esordisco, chiedendo aiuto a Sergio Ricossa, che mi ha insegnato: “Ma che lotta alla ricchezza, tutti la cercano solo che i politici hanno la possibilità di rubarla agli altri, le persone comuni no. I politici hanno inventato una strana filosofia per la quale si può sottrarre la ricchezza a chi la produce senza neanche esserne incolpati”.

Milton Friedman, in visita in Italia nel 2001, dichiarò “che se il nostro paese si regge ancora è grazie al mercato nero ed all’evasione fiscale che sono in grado di sottrarre ricchezze alla macchina parassitaria ed improduttiva dello Stato per indirizzarle invece verso attività produttive”. In qualche modo, sostiene Friedman, “l’evasore in Italia è un patriota”. Ci aveva visto giusto, ma la sua lezione manco fu presa in considerazione. Oggi, oltre dieci anni dopo, l’Italia sta molto peggio di allora e nulla, ribadisco nulla, è stato fatto per diminuire la pressione fiscale e il peso della burocrazia.

John Locke ammoniva: “Esula dai doveri dell’uomo sottomettersi ai governanti sino al punto da accordar loro licenza di distruggerlo, poiché i cittadini hanno il sacrosanto diritto di ‘appellarsi al cielo’ ogni qualvolta non c’è altro rimedio contro i soprusi del governo”. Infine, ma pur sempre con Locke, “Laddove la potestà tributaria è usata come strumento per depredare alcuni cittadini a favore di altri ed ha come suo unico limite quello della voracità delle corporazioni sul cui consenso il governo fonda il suo potere, lì la democrazia si riduce a farsa della democrazia e lì esploderà la rivolta”.

Oggigiorno infliggono severe punizioni ai trasgressori fiscali, inserendoli spesso nella categoria dei criminali. Eppure i grandi saggi della nostra civiltà – da Adam Smith, a Montesquieu fino a William Blackstone – hanno tutti condannato “la trasformazione delle violazioni fiscali in crimini, biasimando il governo per una tassazione eccessiva che, inevitabilmente, conduce alla ribellione, alla fuga e alla frode”. Del resto, se, secondo il precetto libertario, “non c’è crimine senza vittima”, non è chiaro che razza di crimine sia l’evasione fiscale (dato che il furto è la violazione della proprietà di un individuo, non di un’entità astratta come “lo Stato” o “la società”) ed è molto dubbio che l’evasore rubi qualcosa a qualcuno, se non parte del bottino che lo Stato estorce a tutti, compreso lui. Traduco: l’evasore è come Robin Hood, che rubava ai ladri (lo sceriffo di Nottingham, un antesignano del primo ministro) per ridare il bottino ai legittimi proprietari (i poveri contribuenti).

Edmund Burke scriveva: “Le più grandi battaglie per la libertà si sono combattute intorno a questioni di tassazione”. Antonio Martino, che di governare ha avuto l’opportunità, ha scritto molti anni fa che “in Italia c’è da temere l’esattore, non l’evasore”. Orbene, essendo lo statalismo quella filosofia politica secondo cui rubare è un diritto, non si capisce il motivo per cui io non possa difendermi dalle brame di un manigoldo che per legge ha scelto di sottrarmi il 70% del frutto del mio lavoro. Non ho firmato alcun “contratto sociale”, che preveda la mia schiavitù volontaria”. Non pretendo di avere ragione, non ho interesse a convincere le masse, ho però scelto di esercitare la possibilità di difendermi legittimamente.

Non è chi evade le tasse che mette le mani nelle tasche degli italiani, ma chi le impone!

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2 COMMENTS

  1. Ottimo articolo come al solito!

    Segnalo questa frase di G. S. Mela che ieri ho letto in rete:

    “Adesso la preservazione della ricchezza è perseguitata come “evasione” dalla mani grifagne dello stato.

    Quando questo tipo di stato sarà travolto dalla rivoluzione, gli evasori di un tempo saranno chiamati Salvatori della Patria.

    I loro denari salvati serviranno per la ricostruzione sulle macerie”.

  2. Lo Stato può chiedere tasse solo per servizi che i privati non potrebbero fornire, la difesa, la giustizia, la politica estera, la sicurezza ed anche in quel caso dovrebbe chiedere alla popolazione quale livello di servizi fornire tramite la democrazia diretta (come in Svizzera). <come sappiamo in Itaglia questo non accade, non esiste democrazia diretta, non esistono referendum propositivi e quelli abrogativi non possono riguardare argomenti fiscali o trattati internazionali.
    Ma visto l'altissimo livello tributario ci si attenderebbe di avere una giustizia modello e una sicurezza tale per cui il crimine è scomparso e si può uscire senza chiudere a chiave la porta di casa, sappiamo bene che non è così, basta questo per definire il prelievo fiscale italiano "un furto imposto".
    Infine tutta la massa del prelievo fiscale invece che per le funzioni statali sopra ricordate viene invece dirottate a ben altre funzioni non richieste, la scuola (che potrebbe essere privata con assegni ai non abbienti), alla previdenza sociale e la sanità (inefficienti ed in Svizzera sono private) e a sprechi, lussi e mantenere una marea di dipendenti statali assolutamente non giustificati.
    Conclusione: il patto sociale che giustifica l'esistenza di uno Stato è stato violato da un pezzo e di parecchio, il prelievo fiscale è pertanto ingiustificato ed illegale.

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