di MATTEO CORSINI
Nel mezzo della primavera di ogni anno, da ormai un decennio, il ministero della Cultura rende nota la lista dei dischi che hanno beneficiato del credito di imposta, che ammonta al 30% degli investimenti sostenuti per un massimo di 75mila euro a disco (a valere su una spesa di 250mila euro) e di 2 milioni ad azienda nell’arco del triennio.
In tutto nel 2024 i crediti fiscali riconosciuti alla musica ammontano a 17 milioni. I “benaltristi” direbbero che si tratta di spiccioli, mentre i beneficiari, abbastanza prevedibilmente, vorrebbero che la misura fosse più generosa. In linea di massima, ben venga ogni misura che riduce le tasse, ma continuo a non capire per quale motivo si debba incentivare questa attività invece che altre.
Se si producono dischi che altrimenti non si sarebbero prodotti, significa che non c’è domanda sufficiente a rendere redditizia la produzione alle stesse condizioni fiscali, per fare un esempio, di un’impresa che produce bicchieri di plastica. Se, viceversa, si producono dischi che si sarebbero prodotti comunque, si aumentano i profitti netti per i beneficiari degli incentivi fiscali, mentre il fisco non fa sconti alla ipotetica impresa che produce bicchieri di plastica. Lo Stato non dovrebbe tassare né spendere denaro altrui. Men che meno scegliere a chi fare sconti e a chi no.
Qui sopra, mi sono occupato dei soldi dei pagatori di tasse che il ministero della Cultura elargisce, mediante crediti di imposta, alla produzione di musica. Ora, è il turno del cinema, altro settore sempre pronto a battere cassa. Con beneficiari che sono con maggioranze bulgare sinistrorsi, sentendo quindi il dovere morale di opporsi al governo. E non tanto per una tendenziale malsopportazione del potere, da cui pure pretendono di battere cassa, quanto perché al momento non governa la loro parte politica.
Per esempio Elio Germano, fresco vincitore del premio David di Donatello come miglior attore protagonista per “Berlinguer – La grande ambizione”, è in polemica con il ministro della Cultura Alessandro Giuli, ammonendolo in merito alle condizioni dei lavoratori del cinema:
- “C’è gente disperata, che piange, che non sa cosa fare, che ha cambiato lavoro. Da un anno e mezzo il cinema è fermo. Sulle linee guida dei finanziamenti al cinema, questo governo ha messo che i soldi vanno dati soltanto a film che parlano bene di personaggi italiani.
Germano è convinto che lo Stato tragga beneficio economicamente dal cinema, mentre lo sostiene troppo poco. Spingendosi pure a parlare di censura, che francamente mi sembra una grande sciocchezza.
Anche in questo caso, come nel caso della musica, non dubito che ci sia gente che lavora poco, con redditi bassi o che è disoccupata. Ma lo stesso accade per tante persone che lavorano in altri settori e non hanno nessun beneficio a carico dei pagatori di tasse. Posso anche capire che non piaccia come vengono erogati i finanziamenti, ma, a differenza di Germano, che probabilmente vorrebbe lo Stato pagatore a piè di lista senza porre alcuna condizione e allargando allegramente i cordoni della borsa, penso che quei finanziamenti semplicemente non dovrebbero esistere.
E sempre per lo stesso motivo: non trovo in nessun modo giustificabile la figura del consumatore netto di tasse.