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Carola, la capitana che viola “il principio di non aggressione”

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di MATTEO CORSINI

L’Italia progressista ha da qualche giorno un nuovo punto di riferimento: la “Capitana” Carola Rackete, che ha avuto il merito, agli occhi dei suoi ammiratori, di infrangere il divieto di attraccare a Lampedusa con una nave di una ONG con 42 migranti a bordo, oltre a una manciata di parlamentari “de sinistra” saliti a favore di telecamere per dare sostegno alla causa. Ora, avrebbe persino denunciato il ministro dell’Interno.

Intervistata, qualche giorno fa, con il (prevedibile) tappeto rosso da Repubblica da una località segreta nella quale si trova a seguito della scarcerazione (lampo, per la verità), tra le tante domande per nulla ostiche, a Rackete è chiesto di dire chi è “davvero”. Ecco la risposta:

“Sono un’ambientalista convinta, atea e cittadina europea. Giro il mondo da quando ho 23 anni. Non mi sento particolarmente tedesca, sto in Germania appena un mese all’anno. Siamo cresciuti con l’idea dell’Unione Europea, e troppo spesso ci dimentichiamo quanto sia importante quest’istituzione. Dovrebbe essere ancora più integrata, così gli Stati sarebbero costretti ad accettare la redistribuzione dei richiedenti asilo, invece di fare quei balletti ridicoli. Alle ultime Europee ho votato per Yanis Varoufakis.”

A Roma probabilmente l’osservazione più immediata sarebbe: esticazzi. Però va notato che Rackete ha condensato in poche righe tutto quello che fa eccitare il lettore medio di Repubblica, nonché l’elettore medio dei parlamentari saliti a bordo della Sea Watch.

Su tutta questa vicenda, e di quelle simili che si sono verificate e – credo – continueranno a verificarsi nelle prossime settimane, vorrei esprimere solo alcune sintetiche considerazioni.

1) Credo che nessuno metta in discussione i salvataggi in mare in quanto tali, ancorché le circostanze in cui queste navi di ONG avvistano gommoni carichi di persone prossimi ad affondare poco a largo delle coste libiche possano destare qualche perplessità in merito alla supposta casualità.

2) Il problema inizia, però, quando questi benefattori pretendono di attraccare e far sbarcare le persone soccorse dove vogliono. Il lato paradossale è che lo fanno appellandosi a norme di diritto internazionale delle quali pretendono un sacro rispetto, salvo poi ritenere del tutto facoltativo seguire altre norme, laddove siano di intralcio al compimento della loro missione. Lo stesso dicasi per coloro che sarebbero propensi a linciare un gelataio se non fa uno scontrino da 2 euro o a richiedere che una norma, per quanto assurda, sia rispettata perché occorre tutelare la legalità, salvo poi lodare il gesto di “disobbedienza civile” di Rackete. Suppongo anche che queste stesse persone non sarebbero altrettanto indulgenti se, adducendo uno stato di necessità impellente, un automobilista non si fermasse all’alt imposto da polizia o carabinieri e per di più ne speronasse la macchina di servizio.

3) Se si vuole passare dalla considerazione sulla legalità degli atti a quella sulla loro legittimità, credo che sarebbe legittimo per chiunque ospitare a casa sua tutte le persone che vuole da dovunque queste provengano, purché ciò non violi la proprietà altrui. Pretendere, invece, di imporre ad altri questa ospitalità (e/o gli oneri a essa associati), è a mio parere illegittimo.

Capisco, però, che questo concetto non trovi ospitalità nei sacri testi dei progressisti, che non sanno fare di meglio che appellare come sovranisti (qualche tempo fa avrebbero usato il termine fascisti) tutti coloro che la pensano diversamente da loro su questa faccenda.  Beh, io non sono un sovranista, ma credo nella sovranità del principio di non aggressione. Quello che costoro violano in continuazione.

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