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Onesto è chi cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità

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GENTEdi ENZO TRENTIN

Tutto quello che può portare un individuo a pensare e a vivere con la propria testa è potenzialmente sovversivo. Il più grande pericolo per l’ordine sociale è la coscienza che porta l’individuo a rimettere in gioco il proprio sistema di valori e quindi il proprio atteggiamento.

Recentemente Sylvain Timsit ha tra l’altro scritto in “Fine programmata della democrazia”: «l’ha deciso l’élite”: i responsabili del potere economico provengono quasi tutti dallo stesso mondo, lo stesso giro sociale. Si conoscono, si incontrano, condividono gli stessi punti di vista e gli stessi interessi. Condividono quindi naturalmente la stessa visione di ciò che dovrebbe essere il futuro mondo ideale. È quindi naturale che si mettano d’accordo e sincronizzino le loro azioni verso degli obbiettivi comuni, inducendo a delle situazioni economiche favorevoli alla realizzazione dei loro obbiettivi, come ad esempio: indebolimento degli Stati e del potere politico, deregolamentazione, privatizzazione dei servizi pubblici, disimpegno totale degli Stati dall’economia, compresi i settori dell’educazione, della ricerca e, tra breve, dell’esercito e della polizia, destinati a diventare dei settori sfruttabili da ditte private.
L’indebitamento degli Stati tramite la corruzione, lavori pubblici inutili, sovvenzioni a ditte senza contropartita, spese militari. Quando una montagna di debiti viene accumulata, i governi sono costretti alla privatizzazione e allo smantellamento dei servizi pubblici. Più un governo è sotto il controllo dei “Padroni del Mondo”, più fa aumentare i debiti del suo paese. Precarietà del lavoro e mantenimento di un alto livello di disoccupazione, intrattenuti tramite il decentramento e la mondializzazione del mercato del lavoro; tutto ciò aumenta la pressione economica sui lavoratori, che sono quindi costretti ad accettare qualsiasi stipendio o condizione di lavoro. Riduzione dell’aiuto sociale per aumentare le motivazioni del disoccupato ad accettare qualsiasi tipo di lavoro o qualsiasi stipendio; un aiuto sociale troppo elevato impedisce alla disoccupazione di fare una pressione efficace sul mercato del lavoro.»

Il mondo indipendentista del paese di Arlecchino e Pulcinella non sembra avvedersene. Rivendica l’indipendenza dall’Italia, ma ancora non ha presentato un chiaro modello alternativo su cui fondare il nuovo patto politico-sociale sul quale la nuova entità dovrebbe costituirsi, ed attraverso il quale difendersi dalle insidie sopra descritte.

Ciò nonostante questo non impedirà (così almeno sembra) che una coalizione di partitini indipendentisti (alcuni poco più di “one person organization”) si presenti alle elezioni regionali del 2015. Costoro, sino ad oggi, chiedevano l’indizione del referendum per l’indipendenza, oggi affermano che una volta eletti in Regione, provvederanno loro ad una dichiarazione unilaterale.

In Veneto ci sono molte aspettative a seguito dell’approvazione del Consiglio regionale d’una legge (la n. 16/2014) che consentirà il referendum consultivo per l’indipendenza. Tuttavia il consigliere Matteo Toscani, vicepresidente del consiglio regionale ed esponente della Lega Nord, ha già pubblicamente dichiarato tra l’altro: «Siamo perfettamente consapevoli che il provvedimento votato non avrà probabilmente efficacia giuridica e sarà cassato a seguito di eventuale impugnativa romana, ma resta comunque il segnale politico.» E l’impugnativa è arrivata proprio in questi giorni.

Come scrive in un commento su Facebook Ugo Comparin: VEDI QUI

«Quello che quasi tutti i pseudo-capi indipendentisti si guardano bene dal dire è appunto in che Stato vogliono portarci. Ho l’impressione che vogliano semplicemente prendere il posto degli attuali dirigenti e trasformare la nuova Repubblica Veneta in una piccola Italia. Pur partecipando a molti incontri pubblici, effettivamente non ho mai capito come la vorrebbero questa benedetta nuova Repubblica. Alcuni, ma molto velatamente, hanno palesato l’idea di un ordinamento di tipo svizzero, ma senza mai approfondire bene le eventuali differenze…»

Preso atto di ciò, non è raro constatare in spiriti assai grandi la confusione tra due concezioni distinte e persino incompatibili, a tutto vantaggio dell’inevitabile imprecisione del linguaggio; assorbiti dall’elaborazione di idee nuove, manca loro il tempo per sottoporre ad esame critico ciò che hanno scoperto. Ma non è questo il caso degli esponenti politici di cui andiamo parlando. Costoro semmai si sono distinti per il lesto cambio di casacca che consentisse loro di perseguire più il vantaggio personale, che non l’idea politica o il cosiddetto bene comune.

Probabilmente è necessario evidenziare quali sono le personalità che agiscono come “hub” o “connettori”. Malcolm Gladwell, l’autore di un testo importante (“Il punto critico”) per misurare il grado di socialità degli individui, ne spiega così la funzione all’interno delle comunità: «Disseminata in varie occupazioni esiste una manciata di persone che possiede l’abilità straordinaria di stringere un numero eccezionale di amicizie e di conoscenze.». Insomma, di stabilire contatti, legami: «Sono i connettori». Quindi, quando vedete tre o quattro che sembrano fare tutto loro, attenti a valutare il fenomeno: se, quando richiedono la presenza degli altri restano in tre o quattro, o poco più, allora è vero, fanno tutto loro e, tutto sommato, non fanno granché; se diventano mille o cinquantamila, allora sono dei connettori. Vuol dire che quei tre o quattro hanno fortissimi legami fra di loro (sono “hub”. Che vuol dire perno, mozzo, nell’intreccio delle relazioni umane, chi agisce come “hub” è detto appunto “connettore”); e legami deboli con tantissimi altri. In questo tipo di geometria (e vale per internet, i rapporti umani, le reazioni chimiche, e via dicendo) la potenza della rete non è data dai legami forti, ma dall’ampiezza di quelli deboli. Una delle sostanze più stabili, capace di trasformare il nostro pianeta e qualcos’altro nel cosmo, l’acqua, ha molecole tenute insieme da legami deboli.

 

Messo a fuoco questo principio; indubitabilmente esiste il diritto morale alla secessione – e a Castel Brando (in un convegno organizzato a giugno da Indipendenza Veneta) se n’è diffusamente parlato – per: tutelare la libertà, accrescere la diversità, preservare la purezza democratica, sottrarsi a una ridistribuzione discriminatoria delle tasse, aumentare l’efficienza, salvaguardare le culture, l’autodifesa, rettificare le ingiustizie del passato (conflitti non voluti dal popolo), ma partiti e partitini in concreto cosa hanno fatto non tanto per realizzare ciò, ma anche solo per evidenziare questi problemi? Il consenso democratico per avere il diritto a secedere si può ottenere anche con azioni e tecniche non violente. Non ne hanno mai parlato! Per esempio, ci sono ben 198 tecniche di resistenza non violenta – oramai codificate e collaudate – che ad oggi in Veneto non sono state mai attivate. Perché…?

A Castel Brando Michele Favero (che riteniamo sia il portavoce di Indipendenza Veneta, considerato che nel corso della giornata ha preso la parola per ben due volte) ha dichiarato come nel suo movimento politico si sono imposti di non partecipare ad alcuna competizione elettorale. Per questo ci ha non poco sorpreso la reazione di Alessio Morosin quando Luigi Bacialli (nelle vesti di moderatore) provocatoriamente ha domandato al leader di IV: «Facciamo finta di essere a Focus [Talk Show televisivo diretto dal Bacialli. Ndr], avremo il piacere, nel 2015, di poter votare Morosin o altri esponenti di IV all’elezione a Consigliere regionale?». Morosin – visibilmente colto di sorpresa ed imbarazzato – ha risposto [VEDI QUI]: «Questa è una domanda cattiva…» concludendo con argomentazioni ambigue. Quest’uomo è comprensibilmente ambizioso, ma sembra a noi contraddittorio per un indipendentista veneto concorrere alle elezioni italiane, legittimando implicitamente la “occupazione” dei territori veneti da parte dello Stato sorto a seguito del cosiddetto risorgimento, dei plebisciti truffa e di quant’altro inerente. Infatti, rinunciando al cosiddetto uovo oggi per una gallina domani, egli potrebbe in un futuro assai prossimo rivestire ben altri e più prestigiosi incarichi che come “padre della patria” i veneti molto probabilmente potrebbero affidargli.

Le cause dell’evoluzione sociale andrebbero ricercate unicamente negli sforzi quotidiani degli uomini considerati come individui. Questi sforzi non si dirigono certo a caso; essi dipendono, per ciascuno, dal temperamento, dall’educazione, dalle abitudini, dai costumi, dai pregiudizi, dai bisogni naturali o acquisiti, dall’ambiente circostante, e soprattutto, in generale, dalla natura umana, termine che probabilmente non è privo di senso, anche se difficile a definirsi. Ma, data la diversità quasi indefinita degli individui, dato soprattutto che la natura umana comporta tra l’altro il potere di innovare, di creare, di superare se stessi, questo tessuto di sforzi incoerenti produrrebbe in fatto di organizzazione sociale ogni sorta di cose, se il caso non fosse limitato in questo ambito dalle condizioni di esistenza alle quali ogni società deve conformarsi se non vuole essere o soggiogata o annientata.Queste condizioni di esistenza sono per lo più ignorate dai sedicenti indipendentisti che si propongono alle regionali del 2015; essi non agiscono imponendo agli sforzi di ciascuno una direzione precisa, ma condannando a essere inefficaci tutti gli sforzi rivolti in direzioni che essi vietano con la loro inconsistenza progettuale.

Sostiene un Proverbio Arabo: «Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero.»

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