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L’indipendentismo per farlocchi, con tanto di autogoverni

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toto_truffa_62_3di ENZO TRENTIN

Il termine farlocco si diffonde in italiano intorno al 1950 dal gergo delle borgate romane tramite i film e i romanzi di Pier Paolo Pasolini; nel glossario di “Una vita violenta” gli si dà il significato di “straniero”. Si tratta di una voce di origine gergale, non dialettale, in quanto usata in ambito carcerario e dagli scippatori per riferirsi alle potenziali vittime (solitamente turisti), il cui atteggiamento tipico è quello di individui distratti dal contesto situazionale.

Tra i vari osservatori politici pochi notano come in Catalunya c’è un popolo che vota compatto per l’indipendenza. Cosa tutta da verificare altrove; per esempio, in Veneto. Mentre i partiti catalani – non differenti dagli omologhi della nostra penisola – risultano poco affidabili.

A conferma l’attuale Presidente della Generalitat de Catalunya: Artur Mas, ha recentemente indetto una consultazione referendaria non deliberativa alla quale hanno partecipato circa due milioni di catalani che hanno manifestato la loro volontà d’indipendenza. A parte l’opposizione ferma, ma secondo noi di facciata, del Presidente del Consiglio dei ministri spagnolo: Mariano Rajoy, cosa fa Artur Mas? Decide di avviare la dichiarazione d’indipendenza forte del consenso popolare? No!

Cincischia, ovvero perde tempo in consultazioni senza concludere nulla. Intavola trattative con gli altri partiti – tutti più o meno screditati e in calo di consensi – per proporre un rassemblement con cui andare ad elezioni anticipate. Gli altri partiti anch’essi cincischiano. Uno, l’ERC (Esquerra Republicana de Catalunya), dice prima No, poi Ni, infine . Vogliono andare alle elezioni anticipate. Se l’elettorato confermerà un voto plebiscitario allora ci si avvierà verso l’indipendenza. Eppure sanno benissimo che il popolo catalano confermerà la sua voglia d’indipendenza; le oceaniche manifestazioni di piazza degli ultimi anni lo confermano. Ecco dunque che le elezioni non sono indette, per esempio, dopo 30 giorni dallo storico 9 novembre 2014, ma a settembre 2015. Piccolo particolare – si fa per dire – la scadenza regolare per il rinnovo della Generalitat de Catalunya, avverrebbe nella primavera del 2016. Caspita che anticipo! 

Cosa hanno in mente Artur Mas e Compagnia partitante? Siccome sono tutti impelagati con problemi di mala gestio, corruzione e nepotismo cercano di “comprare” tempo. Mettendosi tutti insieme, ed essendo tutti corresponsabili della situazione politica generale, forse nessuno risulterà colpevole. Sanno che anche la loro magistratura, similmente a quella italiana, non è molto dinamica. Mentre nei sistemi penali dell’area Common law non si conosce l’istituto paragonabile alla prescrizione del reato, nel sistema penale spagnolo è previsto che il reato si prescrive decorso un certo periodo di tempo. Per intenderci, Jordi Pujol, è stato Presidente della Generalitat de Catalunya dal 1980 al 2003. Considerato il padre nobile dell’indipendentismo catalano, ha fatto scalpore quando pochi mesi fa ha confessato pubblicamente alcuni reati. È stato condannato per essi? Non ancora! Quando lo processeranno è possibile che faccia delle dichiarazioni compromettenti per la classe politica spagnola, e poiché ha circa 85 anni… forse è meglio aspettare che la magistratura iberica sviluppi la sua intraprendente efficacia. Tsz! Insomma, esiste un indipendentismo catalano farlocco, similmente a certo indipendentismo veneto.

Nell’effervescente mondo indipendentista veneto si possono contare 4 o 5 autogoverni. Se ne abbiamo dimenticato qualcuno ce ne scusiamo sin d’ora. Dei partiti e movimenti politici abbiamo perso il conto da tempo. In compenso i “personaggi” politici sono più o meno sempre gli stessi. In costante contrasto e delegittimazione reciproca. Quasi tutti si richiamano all’indipendentismo catalano; ma è probabile che ne abbiano una visione deformata. Vista da lontano. Molto lontano, parrebbe.

Le elezioni che attivano febbrilmente gli pseudo indipendentisti veneti sono quelle regionali del 17 maggio 2015. Naturalmente siamo sulla scia di una tradizione consolidata che sostanzialmente ha a suo tempo affossato il federalismo. Gli autonomisti e federalisti veneti (o presunti tali) degli scorsi decenni (in qualche caso gli stessi che oggi si dichiarano indipendentisti) sono frazionati, e non ci sarà un fronte comune per l’indipendenza, bensì tre differenti formazioni sedicenti indipendentiste. E non è detto che se ne presenteranno altre. Il grido all’unisono è più o meno: «Votate per noi! Una volta entrati nel parlamentino regionale (attenzione, perché dicono anche: entrati in numero consistente), dichiareremo l’indipendenza.» Hoibò! 

Ma la Kermesse non finisce qui. Ci sono coloro che si sono resi promotori di un voto telematico in forza del quale, il 21 marzo 2014, si sono recati in piazza a Treviso e a Vicenza per dichiarare l’indipendenza dallo Stato italiano. Ovviamente anch’essi hanno dato vita ad un governo o autogoverno del popolo veneto o repubblica provvisoria che dir si voglia. Di più: con la Deliberazione n. 3/2015 della Repubblica Veneta, hanno varato la Legge Elettorale per l’elezione del Parlamento Provvisorio della Repubblica Veneta. Si veda qui.

Leone_repubblica_settinsulareSì, perché prima di partecipare alle elezioni regionali del Veneto (Stato Italiano), hanno deliberato di indire le elezioni del Parlamento provvisorio della Repubblica Veneta. Di conseguenza, riportiamo testualmente: «La Delegazione dei Dieci della Repubblica Veneta [che per il 50% non sono più quelli in origine, grazie ad espulsioni, dimissioni e mancanza dei prerequisiti. Ma come? La sussistenza dei requisiti non è stata controllata prima delle votazioni? Mah! Ndr vedi qui ], in virtù dei poteri conferitele con il Plebiscito Digitale per l’indipendenza della Repubblica Veneta del 16-21 marzo 2014, riunitasi in Treviso il 2 gennaio 2014 alle ore 15 presso la sede legale di Plebiscito.eu, alla presenza di Selena Veronese, Silvia Gandin, Stefano Vescovi, Gianfranco Favaro, Claudio Rigo, Gianluca Busato, Federico Bertoldo, Mario Sandrin e Francesco Marin, constatata la presenza del numero legale della maggioranza dei propri membri atto a deliberare previsto dal Regolamento Generale del Plebiscito Digitale inviato per approvazione a tutti i comuni del Veneto [non è dato sapere quali Comuni hanno risposto positivamente o meno. Ndr], la Delegazione dei Dieci, all’unanimità DELIBERA: (Omissis)

Art. 8 – deputati del Parlamento della Repubblica Veneta

Oltre ai candidati deputati eletti nelle elezioni politiche del 15-20 marzo 2015, entreranno a far parte di diritto del Parlamento della Repubblica Veneta anche i dieci delegati in carica della Repubblica Veneta eletti nel Referendum di indipendenza del Veneto del 16-21 marzo 2014.

Osservazioni: alla faccia della provvisorietà! I 10 eletti del 16-21 marzo 2014 [che per la metà non sono più gli stessi] non subiscono come tutti gli altri il giudizio dell’urna. E la tanto sbandierata democrazia diretta? Singolare imitazione della metodologia italica dove i cittadini “sovrani” (come da Comma 2 dell’art. 1 della Costituzione) non possono intervenire nelle deliberazioni dei “delegati e rappresentanti”. Giusto per fare un solo esempio, si veda l’art. 75 della “costituzione più bella del mondo!“. Tsz!

Art. 11 – criteri di candidabilità

Per candidarsi alla carica di deputato della Repubblica Veneta, si dovrà rispondere ai seguenti criteri minimi:

(Omissis)

  • il candidato dovrà contribuire ai costi elettorali della consultazione con una donazione minima di 500 euro, da effettuarsi secondo le modalità che saranno fornite dalla Tesoreria della Repubblica Veneta;
  • il candidato dovrà sottoscrivere una propria dichiarazione giurata in cui riconosce i risultati del Referendum di indipendenza del 16-21 marzo 2014 e la giurisdizione della Delegazione dei Dieci della Repubblica Veneta eletta nel medesimo Referendum.

Osservazioni: Il primo Comma qui riportato ci rimanda immediatamente la memoria a Marco Argentario, un poeta del I° secolo d.C., che scrisse: Tu fai Melissa / come l’ape / stilli miele dalle labbra / ma subito dopo spunta il pungiglione / chiedi denaro a tradimento. Per il secondo Comma, riflettano i lettori: se i risultati del referendum su indicato sono stati certificati da un’agenzia internazionale specializzata, che necessità c’è di sottoscrivere una dichiarazione di riconoscimento? Il partecipare alle elezioni sborsando minimo 500 Euro, non è titolo sufficiente? Ed il riconoscimento di giurisdizione della delegazione dei dieci?  Insomma «quis custodiet ipsos custodes?», ovvero chi sorveglierà i sorveglianti stessi? Non ci viene detto! 

Scriveva Aristotele: «Base della costituzione democratica è la libertà. […] di qui è venuta la pretesa di essere sotto nessun governo o, se no, di governare e di essere governati a turno: questa via contribuisce alla libertà fondata sull’eguaglianza.» (1) Nella indipendente Repubblica  Veneta (ancorché provvisoria) cosa abbiamo? Un gruppo di sedicenti persone “elette” da un voto telematico. Ma è bene ribadire che la metà degli eletti in origine non ci sono più. Questi “eletti” si danno delle pseudo istituzioni per occupare le quali ci si può “liberamente” candidare dietro il pagamento minimo di 500 Euro. Dopo di che sorvoleranno sulla indipendente Repubblica Veneta (provvisoria), e convoleranno alle elezioni del 17 maggio prossimo alla Regione Veneto. Ente istituzionale di quello Stato italiano dal quale si sono dichiarati indipendenti. E per fare cosa? Beh! Una volta eletti alla Regione Veneto dichiareranno l’indipendenza del Veneto! «Of course doctor Watson!» come direbbe Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle.

Noi non abbiamo molta dimestichezza con le problematiche della psiche. Ce ne scusiamo anticipatamente. Tuttavia questo comportamento ci sembra schizofrenico. Ricordiamo a noi stessi che il termine fu coniato dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler nel 1908. Esso deriva dal greco ‘schizo’ (diviso) e ‘phren’ (cervello), ovverosia ‘mente divisa’. Ma al di la’ di ciò, noi vorremmo invitare i nostri lettori alla riflessione sulla pertinenza, o meno, di quanto ebbe a scrivere Rudolph Joseph Rummel, che è stato un politologo statunitense, scomparso il 2 marzo 2014. Questo professore emerito di scienze politiche all’Università delle Hawaii, rende comprensibile un certo tipo di comportamenti politici, laddove coniò il termine democidio: «Le democrazie moderne si riducono a libera concorrenza politica per raggiungere gli strumenti per la concentrazione del potere e della violenza, i poteri arbitrari di legiferare, espropriare e di tassare senza consenso (mezzi politici di acquisizione della ricchezza): una gara che favorisce i soggetti peggiori, i talenti politici aggressivi e più pericolosi a scapito di quelli difensivi e pacifici; una competizione che incentiva abilità come la demagogia moralmente disinibita, la ciarlataneria, la menzogna, il sotterfugio, l’opportunismo e la corruzione. La statalizzazione democratica stimola l’abilità di imprenditori politici, di lobbisti senza scrupoli ed è il miglior sistema per assicurare che uomini pericolosi riescano ad arrivare al governo.»

* * *

NOTE:

(1) Aristotele, Politica, Laterza, Bari, a cura di Renato Laurenti, 1995, Libro V).

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