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La veneta questione morale e il referendum per l’indipendenza

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venetoleonedi LUCA POLO*

Le forze che lavorano in Veneto al perseguimento dell’indipendenza, o pragmaticamente alla possibilità dei cittadini veneti di avere accesso al sacrosanto diritto di autodeterminazione, hanno il dovere oggi, alla soglia di un momento strategicamente decisivo in tal senso come le elezioni regionali, di porsi una volta per tutti anche il tema della “questione morale” veneta.
La storia recente dell’indipendentismo veneto, a partire dal primo tentativo di unire le energie in campo che fu la fondazione di Veneto Stato sino alla recente federazione di movimenti Noi Veneto Indipendente, ha visto, è noto, una serie di frazionamenti e divisioni più “tribali” che ideologiche, moltiplicarsi nel tempo.

Un minimo comun denominatore però della quasi totalità delle “baruffe ciosotto-indipendentiste” è una matrice unica riconducibile quasi costantemente ad un numero limitatissimo e circoscritto di individui.

Gli stessi protagonisti della quasi totalità dei frazionamenti avvenuti in questi anni sono anche gli stessi, guarda caso, che non hanno raccolto l’invito lanciato da Lucio Chiavegato, fresco di italica prevaricazione carceraria, alla definitiva unità di intenti per affrontare lo scoglio inevitabile delle regionali.

L’idea originale del primo tentativo di unità politica nazionale veneta, la fondazione di Veneto Stato, verteva proprio su questo preciso programma: la partecipazione unitaria alle regionali per cominciare il percorso di conquista della principale istituzione territoriale del Veneto, obiettivo propedeutico e necessario alla realizzazione della seconda fase di consultazione popolare sulla scelta di separazione dall’attuale stato ed istituzione di una nuova realtà politica, la Veneta Repubblica. Questo è un programma che io ho giudicato pragmatico, non certo, ma certamente il migliore possibile. Questo è quello che hanno fatto gli altri in Europa, i Catalani, gli Scozzesi, i Baschi, i Fiamminghi: conquistare l’istituzione territoriale e contestualmente lo spazio necessario sui media a trasmettere correttamente il loro messaggio. Per questo per la prima volta in vita mia accettati di fare la tessera di un partito. E Veneto Stato, a quel progetto, è rimasto coerentemente fedele. Sempre.

Poi qualcuno ha voluto pigiare sull’acceleratore mettendo in campo delle operazioni eclatanti quanto mai pericolose strategicamente. Si è voluto forzare gli eventi e costruire il tetto senza avere non solo consolidato, ma nemmeno quasi iniziato a scavare le fondamenta di un consenso allargato, di una presenza nel territorio, nelle istituzioni ma soprattutto nei media, tale da garantire una buona probabilità di successo del referendum in senso indipendentista. Il controllo dei media dell’avversario ha determinato la sconfitta delle istanze scozzesi (gli scozzesi non parlano più il gaelico e guardano le tv inglesi del Regno Unito), il controllo dei media catalani (tv e giornali in lingua catalana) sono riusciti per ora ad arginare lo strapotere di quelli spagnoli. Noi abbiamo appena una radio online ( www.venixradio.net ) grazie all’impegno di Luca Cantarutti ed alcuni impagabili volontari. E’ poco, o niente. No, è l’intelligenza di chi capisce che dobbiamo cominciare, dobbiamo mettere le fondamenta di nostri mezzi di comunicazione di massa, o l’ampia possibilità di accesso agli esistenti, come minima garanzia di successo. E’ il pragmatismo di chi capisce che la strada è lunga e che abbiamo anni davanti di duro lavoro per avere una possibilità di successo.

Referendum-VenetoQuando leggemmo il testo della Risoluzione 44, Antonio Guadagnini trasalì e corse a preparare una seconda risoluzione (non accolta dalla Regione per ragioni di tempi…) che ovviasse a quell’evidente errore strategico nel testo che lasciava aperta una finestra alla possibilità, cosa che regolarmente avvenne in modo quasi profetico, alla successiva proposta di una consultazione con una doppia o tripla domanda o ad un secondo quesito referendario per l’autonomia. Se la cosa fosse stata condivisa e ponderata tra tutte le teste pensanti dell’indipendentismo invece di voler essere venduta come la bandiera di una fazione, oggi probabilmente non avremmo in piedi la legge 15 ed il referendum che è di fatto il grimaldello in mano allo stato italiano per disinnescare in qualsiasi momento la forza dell’istanza indipendentista. Basterà che per “ragioni economiche e/o logistiche” la consultazione venga svolta congiunta che la dispersione dei voti di un Popolo dove la quasi totalità ancora non capisce la differenza tra l’una e l’altra opzione porterà inevitabilmente a mettere una pietra tombale sulle istanze indipendentiste, almeno per alcuni anni. Ecco perché spesso la fretta è cattiva consigliera, ma soprattutto è utile alla soddisfazione di qualche ego che “sbrodola” a stare sotto i riflettori, ed a starci più degli altri competitors, piuttosto che essere strategicamente e pragmaticamente funzionale ad un obiettivo politico.

Se si fossero impegnate le istituzioni ad attivarsi unicamente verso una consultazione per l’indipendenza e non come avvenuto “sino ANCHE all’indipendenza”, si sarebbero forniti gli strumenti di opposizione politica ad una postuma proposta di referendum autonomista, avendo già impegnato le istituzioni ad un “livello successivo”.
C’è uno scollamento dalla realtà, fomentato dai due principali “frazionatori di movimenti” che non trova punti di contatto con la logica se non interpretati con una necessità di esaltazione quotidiana di un ego a dir poco “instabile”.

Ecco che allora l’accelerazione costante verso la consultazione nella totale mancanza di presenza ed influenza sui media, ecco che la messa in pista di una consultazione digitale “farlocca”, pongono una questione morale evidente nei confronti delle persone che tali strategie hanno intrapreso, provocando inevitabili danni al perseguimento concreto dell’obiettivo politico. Ecco che gli stessi fomentano costantemente uno scontro politico frontale con le figure istituzionali di area leghista, nell’evidente errore strategico di pensare che l’indipendenza sia prerogativa di una setta e non piuttosto la bandiera di un intero Popolo e che il nostro scopo e primario dovere morale deve essere di portare tutti verso le nostre istanze, non renderceli avversi.

Credo sia giunta l’ora di capire che l’unità a tutti i costi non abbia più motivo di riguardare coloro i quali si siano macchiati di presunzione di onniscienza arrecando invece più danni che benefici alla costruzione della grande casa indipendentista. E parlo di responsabilità personali, non certo dei militanti che in qualche modo spesso sono stati semplicemente indirizzati, loro malgrado, e sovente illusi da promesse propagandistiche quanto mai assurde di indipendenza “entro sei mesi”, dichiarazioni di indipendenza folcloristiche in piazza e …puttanate varie. Roba da venditori multi level marketing.

Attaccare costantemente Zaia, Ciambetti o altri esponenti delle istituzioni venete, per quanto tutti siamo molto critici verso il loro operato passato, dimenticando però che oggi stanno facendo ed hanno fatto azioni concrete assumendosene il rischio politico, ben al di là delle logiche aspettative se paragonate al consenso elettorale indipendentista, tali da poter essere visti come golpisti, è un atteggiamento semplicemente idiota e distruttivo in antitesi a quella che dovrebbe essere la nostra priorità di portare tutte le forze sociali e politiche a sposare le istanze identitarie ed indipendentiste. Stiamo facendo passare il Noi contro di Voi invece del Venite con Noi, che è ciò che responsabilmente dovremmo fare perchè è un popolo intero che si autodetermina, non una fazione politica.

Le persone che ho conosciuto e frequento assiduamente nel resto d’Europa che stanno con un duro e lento lavoro ricostruendo concretamente dei nuovi Stati per i veri Popoli del continente, sono persone serie, pragmatiche, spesso gli uomini chiave non sono nemmeno quelli sotto i riflettori. Ma il minimo comun denominatore di queste meravigliose e lungimiranti persone è il pragmatismo e la seria concretezza nel lavoro che hanno fatto sino a qui e che continuano a fare forti della solidità delle fondamenta che hanno gettato prima. Nel resto d’Europa il mondo che lotta per l’autodeterminazione ha detto no ed ha isolato da tempo i venditori di fumo, pentole, materassi e gadgets vari..
E’ ora che la Veneta questione morale veda la luce. L’unitá, ma non a tutti i costi, non con tutti per forza.

*Presidente Free Veneto e Portavoce ICEC per il Veneto

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2 COMMENTS

  1. che si dicano azioni concrete quelle di Zaia, quando sono solo state solo delle finte mosse per tirare avanti secondo suoi programmi concordati con la lega e in vista di altri obiettivi, è la solita mossa propagandistica in vista di elezioni future…
    l’unica cosa concreta che dà fastidio al punto che nessuno osa parlarne per non darle pubblicità gratuita, è l’azione di Plebiscito.eu che ha portato i Veneti a pronunciarsi silenziosamante, cioè da casa loro con computer e telefono, arrivando a risultati eclatanti che nessuno è stato in grado di smentire, al punto che ad oggi abbiamo già una Repubblica Veneta dichiarata indipendente il 21 marzo e quello che si dovrebbe fare è prenederne atto. e realizzarla… ma questo vuol dire alla solita politica e politicanti: fate l’interesse dei Veneti non i vostri personalissimi affari!… l’è dura…

    • Hai proprio ragione Caterina, e questi signori dovrebbero avere almeno il coraggio di usare un’immagne diversa da quella utilizzata proprio da Plebiscito.eu per porre la fatidica questione ai cittadini veneti. “VUOI CHE IL VENETO DIVENTI UNA REPUBBLICA FEDERALE INDIPENDENTE E SOVRANA?” Sono così a corto di argomenti che nel momento in cui ostracizzano Plebiscito.eu (nemmeno nominandolo), non riescono neppure a fare a meno di scopiazzare gli strumenti creati proprio da Plebiscito.eu che hanno reso la causa veneta famosa nel mondo e permesso a quattro politicanti di cercare di rincorrere Zaia e la Lega nella loro corsa alle careghe italiane in salsa veneziana

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